Freddato come un boss alla Guadagna, sei fermi All’ombra di Cosa nostra l’omicidio Sciacchitano

Hanno un volto i killer di Salvatore Sciacchitano, detto Mirko, freddato come un boss il 3 ottobre scorso in via della Conciliazione, alla Guadagna. Il commando di sicari aveva fatto fuoco in mezzo ai passanti, sparando all’impazzata in un sabato sera come tanti. Un’esecuzione in piena regola che non aveva lasciato scampo al 29enne con piccoli precedenti penali. Il colpo mortale lo aveva raggiunto alla testa. Adesso i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a sei provvedimenti di fermo, emessi dalla Procura, nei confronti di altrettanti soggetti. Tra i fermati c’è anche Natale Gambino, 57 anni, uno degli ergastolani condannati e poi scagionati per la strage di via d’Amelio. Insieme a lui sono stati raggiunti dal provvedimento Giuseppe Greco, 53 anni, ritenuto dagli investigatori il reggente del mandamento; Gabriele Pedalino Domenico Ilardi, entrambi di 19 anni; Lorenzo Scarantino, 21 anni, e Francesco Urso, 32 anni. Per tutti l’accusa a vario titolo è di omicidio, tentato omicidio, associazione mafiosa e reati in materia di armi. 

Colpita ancora una volta la famiglia di Santa Maria di Gesù, inserita nell’omonimo mandamento. Lo stesso che lo scorso 12 novembre aveva visto decapitare il suo vertice. In carcere allora nell’ambito dell’operazione Stirpe della Polizia era finito Salvatore Profeta, scarcerato eccellente. Dal 2011 era tornato in libertà dopo 18 anni di reclusione e la revisione del processo sulla strage di via D’Amelio che lo aveva scagionato. Nel quartiere lo avevano accolto con grande rispetto. Con il consenso incondizionato che si deve a un capo indiscusso. E lui, tornato a casa, aveva ripreso in mano le redini del comando e si era messo subito al lavoro per riorganizzare le fila di Cosa nostra in città.

Una riorganizzazione che le indagini del Ros e del Comando provinciale dei carabinieri hanno documentato ricostruendo l’attuale gruppo di vertice, legittimato attraverso vere e proprie elezioni. Gli uomini d’onore si erano riuniti nella bottega di un barbiere e lì avevano assegnato le cariche di uno dei mandamenti più potenti della città, quello che un tempo fu il regno di Stefano Bontade. «Una prassi – spiegano ora gli investigatori – raccontata dai primi collaboratori di giustizia negli anni ‘80». Un particolare raccolto dalle cimici piazzate dalla Direzione distrettuale antimafia, che hanno documentato la campagna elettorale dei boss tra alleanze, franchi tiratori e voto segreto. 

Ma l’operazione denominata Torre dei diavoli dall’antico nome della zona oggi corrispondente al rione Guadagna ha permesso di accertare anche la capacità militare della famiglia di Santa Maria del Gesù, culminata appunto nell’omicidio di Sciacchitano e nel ferimento di Antonino Arizzi, che era con lui la sera del 3 ottobre. 

 Un’esecuzione plateale che, dicono adesso gli investigatori dell’Arma, avrebbe dovuto punire il giovane 29enne per la sua partecipazione, solo poche ore prima e sempre nello stesso quartiere, all’agguato a Luigi Cona, titolare della rosticceria Al bocconcino di via dell’Allodola e «legato a Cosa nostra pur non essendone organico», gambizzato a colpi di pistola. Perché nella storica roccaforte di Cosa nostra gli sgarri vanno puniti così. Alla vecchia maniera. 

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