La Sicilia carne da macello e il gioco delle parti

SERVE UN SERIO, CORRETTO E DETERMINATO RILANCIO DELLA QUESTIONE SICILIANA. SERVE UN RILANCIO DELL’AUTONOMIA. HA RAGIONE IL PRESIDENTE ARDIZZONE: TUTTE LE AUTONOME, TUTTE LE REGIONI, SPECIALMENTE QUELLE SPECIALI, SONO SOTTO ATTACCO. INTERNAZIONALIZZIAMO LA NOSTRA RIVOLTA AUTONOMISTA. MEGLIO DUE ANNI DI DISORDINI CHE CINQUANT’ANNI DI AGONIA

Quello che sta accadendo in questi giorni è l’amaro epilogo di una storia molto triste. La Sicilia è massacrata. Ha perso un ventesimo dell’economia in un anno, si è in deflazione conclamata per scarsità di domanda, non ci sono idee per ripartire e questo mentre aumentano le esportazioni, trainate dai prodotti energetici, di più del 20 % all’anno, e mentre le nostre ricchezze naturali, dalla posizione geografica alla terra, ai beni culturali stanno sempre lì, senza che nessuno ce le abbia ancora toccate.

Che succede dunque? Succede che la Sicilia è derubata ogni giorno sotto i nostri occhi. Da chi? Dall’Europa, dalle banche, dall’Italia, da pseudo imprese di speculatori, ma anche – ovviamente – da una schiera di truffaldini traditori siciliani che tengono il sacco a questi sfruttatori.

Attenzione, però! Il disegno è molto fine. Vogliono che siamo noi Siciliani stessi a completare l’opera, invocando ora il commissariamento, ora la fine dell’Autonomia (perché? È mai cominciata?), consentendo così la “soluzione finale”. Ci rompono “i cabasisi” con gli otto euro di gelato dei gruppi Ars (sarà stata una spesa inerente alla politica o no? Chissà, mi verrebbe di offrire io il gelato all’integerrimo magistrato della Corte dei Conti che se ne sta occupando) e ci distolgono l’attenzione dai miliardi sottratti ogni anno, sempre di più, ai nostri redditi e al nostro futuro.
Parliamoci chiaro. Siamo nelle mani di dilettanti allo sbaraglio, peraltro morbidi come giunchi di fronte alle pressioni esterne. Ma, evidentemente, questo servilismo non basta: a Roma vogliono il nostro sangue.
Sbagliano le opposizioni a rallegrarsi della mega-impugnativa del Commissario dello Stato. Tacciamo sul vero e proprio sciacallaggio, anche solo mediatico, di chi spera di lucrare dalla confusione, ma poi al governo sarebbe (o è stato) ben peggiore. Ma sbagliano anche le opposizioni in buona fede, quelle che avrebbero fatto certamente una legge di stabilità migliore, non fosse che dal punto di vista della tecnica legislativa, come ad esempio, il 5 Stelle. I governi vanno abbattuti per via politica e democratica, non con l’aiuto di un prefetto governativo che non esiste in nessuna altra regione d’Italia!

Non c’è da fidarsi per niente, è vero, di una classe politica che pretende, dico le prime cose che mi vengono in mente, di fare un regalo inspiegabile ai petrolieri, che non sa che Riscossione Sicilia ha preso il posto della Serit da qualche anno, che vogliono modificare il diritto di famiglia regolamentato dalla Costituzione, peraltro su un tema assai caldo e sensibile, per mezzo del diritto amministrativo. Siamo al delirio, all’approssimazione, alla farsa.
Ma non c’è da fidarsi per niente anche del Commissario dello Stato. Non speriamo niente di buono da uno sceriffo che prende ordini da Roma per massacrarci. Anche quando, per inciso, dovesse porre qualche ostacolo agli errori, agli orrori e alle cattive figure di un pessimo legislatore regionale.
Il Commissario è lì per massacrarci e basta. Se non capite questo cambiate il mestiere di giornalista o di politico: vi mancano proprio le basi. Non importa che anagraficamente sia siciliano. Lo è solo anagraficamente. Vietare 500 milioni di spesa entrando nel merito politico delle scelte NON E’ una strada praticabile sotto nessun punto di vista. Significa dire: dateci questi 500 milioni, li dirottiamo al servizio del debito, e tanti saluti alla vita di 5 milioni di Siciliani. Chissà che questa non sia una ritorsione, l’ennesima, contro la Sicilia che, pur essendosi piegata a tappetino con Bianchi, non ha concesso l’estorsione del mutuo da un miliardo che a Roma volevano “assai assai”!
Chissà che, impugnando la “stabilità”, ma non il Bilancio, si possa dare una mazzata alla Sicilia, lasciando i tagli e l’austerity presenti in Bilancio che alla BCE piacciono tanto. Chissà che impedendo soluzioni razionali nel nome del “mai più stabilizzazioni” non si voglia lasciare la Regione in balia dell’esternalizzazione dei servizi a prezzi coloniali e usurai (penso all’informatica) che muovono grossissimi interessi e che invece sarebbero mortificati da una Regione capace di provvedere da sé a questa e ad altre funzioni.

Quello che sta succedendo è diverso da quel che appare e se non lo capiamo, vuol dire che ci lasciamo strumentalizzare…

È vero quello che dice il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone: tutte le autonomie, tutte le Regioni sono sotto attacco, e quelle speciali più di altre, perché – come ogni forma di democrazia – rappresentano ancora un ostacolo al progetto di schiavizzazione totale in atto nell’impero bancario occidentale. Ma è troppo tardi, Presidente. Non era lei quello che, all’insediamento, per farsi “bello” a Roma e ai suoi referenti del partito nazionale, fece un discorso tutto all’insegna della prudenza autonomista, invitando a tagliare i “rami secchi” dell’Autonomia, a cominciare dall’Alta Corte per la Sicilia? Non è lei che ha patrocinato la mutilazione del Parlamento siciliano da 90 a 70 deputati, con risparmio irrilevante, e con il solo obiettivo di assimilare quanto più possibile il nostro Parlamento ad un consiglio regionale qualunque? Non è lei che, assecondando la “voce di popolo”, ha “finalmente” sganciato le retribuzioni del Palazzo da quelle del Senato?
Cosa ne ha ricevuto in cambio? Dov’è finito il promesso dimezzamento dei parlamentari dello Stato? Si è forse moralizzato lo Stato? No, era un trucco, ora lo ha capito. La Sicilia, QUALUNQUE COSA FACCIA, starà sempre dalla parte dei “cattivi”, e i siciliani accecati dalla disperazione saranno il migliore strumento usato per fare a brandelli le nostre stesse istituzioni. Ora lo ha capito? Forse è troppo tardi per invocare solidarietà dalla “nazione” Siciliana! Ora è il tempo di lasciare la mano dando le dimissioni. Stare a metà del guado non paga.

È vero anche quello che dice il presidente Crocetta: lo Stato sta dicendo alla Sicilia che si deve impiccare con la sua stessa corda, l’Autonomia appunto. Quella di entrata non si può usare, perché lo Stato non vuole, quella di spesa consiste solo nel farsi carico di spese che altrove sostiene lo Stato, ma poi, attraverso il Commissario, la Regione dovrebbe usare le sue magre entrate solo per chiudere passività aperte nel passato e massacrare il suo stesso popolo con tagli che nulla da invidiare hanno alla Grecia.
Lo Stato fa chiudere in Sicilia i musei, gli ospedali, i parchi naturali, i trasporti pubblici, l’assistenza ai più deboli, in modo ancor più drastico che nel resto del Paese, ma – grazie all’Autonomia – ha un potentissimo strumento per far sembrare che la colpa sia dell’inquilino pro tempore di Palazzo d’Orléans.
Quando lo dissi alla scorsa legislatura fui scambiato per un partigiano di Raffaele Lombardo. Adesso sono diventato un partigiano di Crocetta? No! Il punto è che si replica sempre lo stesso copione, organizzato da menti finissime, per far rivoltare gli stessi Siciliani contro la Sicilia, così il gioco è più facile. Ma anche a Crocetta debbo dire che è TROPPO TARDI PER FARE L’AUTONOMISTA. Il tempo è scaduto.
Quando si è insediato avrebbe dovuto chiedere come primo, primissimo atto, la soppressione del Commissario o, in alternativa, l’immediata ricostruzione dell’Alta Corte. Non lo ha fatto, ha galleggiato a vista, si è fatto dettare, tramite l’assessore Luca Bianchi, l’austerity da Roma e tutto andava bene, salvo poi scoprire che per i “tiranni italici”, non è mai abbastanza e farlo bruciare con le sue mani, farlo dare in pasto ad un popolo affamato che reclama un capro espiatorio.

Troppo tardi, Presidente! Dovevi costituire – non è vero? – sin dal primo giorno un ufficio speciale per l’attuazione dello Statuto. Sapevi, e te l’avevo detto personalmente, che senza l’attuazione dello Statuto e le risorse che ne derivano, la Sicilia non avrebbe avuto neanche l’aria per respirare. E te ne sei fregato. Hai puntato tutto sull’antimafia di maniera, anche quando la società siciliana ti implorava che ormai fa più vittime lo Stato che la mafia vera e propria, ormai fuggita altrove o ridotta a spacciatori di quartiere e ladri di polli.
Quando siamo venuti a parlarti della necessità, indifferibile, di istituire una moneta complementare siciliana, i tuoi funzionari mi hanno quasi “riso in faccia”. Non hanno capito nulla del progetto, non hanno nemmeno voluto ascoltare. Pensavano che volessi far battere moneta legale alla Sicilia (magari! se fosse possibile!). Adesso, che sei con l’acqua alla gola, diventi paladino dell’Autonomia e rivuoi l’Alta Corte? Ora? Per travolgere con te nel discredito la più nobile delle battaglie?
L’abbiamo già vista questa scena con il Presidente Lombardo. Anche lui, all’ultimo minuto, dopo 4 anni di tattiche insulse, si ricordò dell’Alta Corte e del fatto che ci voleva il “Partito dei Siciliani”. Sempre all’ultimo minuto, con l’acqua alla gola. Quando eravate “folgoranti in solio”, e destra e sinistra vi stringevano la mano, i Sicilianisti, gli Autonomisti, quelli veri, gli Indipendentisti, erano solo dei “rompicoglioni”, anzi – perché no – dei veri e propri “coglioni” che nulla capivano di politica. Ora basta!

Ora restano solo due strade: o l’eroismo fino in fondo, o le dimissioni. Con l’eroismo fino in fondo devi “dichiarare guerra” all’Italia. Promulga tutta la legge di stabilità così com’è, rispondendone con il tuo patrimonio personale. Emetti un decreto in cui non riconosci più l’autorità del Commissario dello Stato, a rischio di farti arrestare. Manda un messaggio all’Ars intimando di nominare i tre componenti regionali dell’Alta Corte. Nomina i due membri regionali della Commissione paritetica e diffida lo Stato a fare altrettanto nei tempi brevi. Dopo di che, assicurando in tal modo che la Sicilia non sia commissariata, puoi dare le dimissioni e, se ne hai coraggio, affrontare una campagna elettorale nuova. Ma questa volta con una politica tutta nuova. Ammetti di avere fatto politiche finanziarie gradite a Bruxelles, a Roma, alla Confindustria, ai partiti al potere, a tutto e a tutti, meno che all’interesse dei Siciliani. E prometti che d’ora in poi, se rieletto, non ci saranno più politiche d’austerità ma da paese semi-indipendente quale siamo. E se l’Italia non ci sta, che sia indipendenza!
Se vieni eletto con questo mandato in campagna elettorale, nessuno potrebbe fermarti. E così chiunque porterà avanti questo programma ambizioso. Noi Siciliani, per contro, dobbiamo smetterla di credere che il problema sia solo quello della mafia-corruzione-burocrazia. La festa è finita. E queste favole raccontatele ai bambini piccoli.

Non è il tempo delle mezze misure. Né quello di perdere la testa. I Siciliani devono capire che sono assediati dall’esterno, e pieni di traditori infiltrati all’interno, soprattutto nei sindacati, nei giornali e nei partiti. I Siciliani devono capire che solo ribellandosi hanno la speranza di fare qualcosa. Noi, qualche tempo fa, una soluzione l’avevamo indicata. Partire dai Sindaci, dove non siano anche loro servi di partito, per ricostruire una Sicilia libera dal basso. I Sindaci hanno il potere di fare proposte di legge, anche statale, di organizzare il consenso, sono la “seconda camera” dell’Isola e, se si organizzano, possono conquistare anche l’Assemblea, o fare uno sciopero clamoroso, minacciando di bruciare le fasce tricolori, se l’Italia non ci ascolta.

E all’Italia dobbiamo dire poche ma sentite cose:

– nessuno sbarramento nazionale alle leggi elettorali politiche. La Sicilia ha diritto di mandare alla Camera e al Senato una deputazione propria che non passi dagli screditati partiti nazionali e che faccia ballare senza musica i governi nazionali;

– nessuno tocchi lo Statuto, anzi ci dia l’Italia la sua immediata attuazione;

– sospensione immediata e unilaterale di tutti i vincoli finanziari europei, ad oggi inapplicabili in Sicilia senza causare il genocidio di una Nazione di 5 milioni di abitanti;

– emissione di una moneta complementare regionale con valore legale parallela all’euro;

– riappropriazione di tutti i tributi maturati in Sicilia, anzi possibilità di manovrarli liberamente, con un’Agenzia delle Entrate che sia regionale in tutto e per tutto;

– regionalizzazione di tutte le fonti di energia e di tutti i tributi su questi, con la possibilità di abbattere drasticamente il costo dei carburanti e dell’energia per tutti i residenti e di avere una fonte di entrata certa per l’amministrazione regionale e per i Comuni.

E, se gli italiani e lo Stato italiano di tutto ciò non vorranno saperne, dovranno chiedere senza mezzi termini la secessione pura e semplice. O sarà la morte. Nessuno pensi che ci sia salvezza sotto il manto delle dodici stelle massoniche. Nessuno, nemmeno quelli che oggi si sentono “al calduccio”. Fermiamo il genocidio della Sicilia! Anche internazionalizzando la questione, se sarà necessario. Gli amici per strada si trovano. Meglio un anno o due di disordini che cinquant’anni di lenta e sicura agonia. Pensiamoci seriamente.

 


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