La strage di Auletta: che ci ricorda la truffa e i ‘banditi’ dell’unità d’Italia e la disonestà intellettuale degli storici di regime

IL ‘BOTTINO’ DI CASA SAVOIA FU DI OLTRE CENTO MORTI E 200 DEPORTATI. VI RACCONTIAMO UN’ALTRA PAGINA DI STORIA DIMENTICATA DAL NOSTRO DISASTRATO PAESE. CHE, NON A CASO, E’ QUELLO CHE E’ ANCHE GRAZIE A ‘INTELLETTUALI’ E ‘PENNIVENDOLI’ VENDUTI ALLA STORIOGRAFIA UFFICIALE

Su LinkSicilia, facendo giustizia di una “damnatio memoria” cui ci ha condannato, da 152 anni a questa parte, la storiografia ufficiale e di maniera, molto spesso abbiamo ricordato episodi e avvenimenti caratterizzati da eccidi, stragi e saccheggi di cui furono vittime agli albori dell’Unità d’Italia, ad opera dei piemontesi, le popolazioni meridionali e la nostra stessa Isola.
Per quanto riguarda la Sicilia abbiamo riportato in passato in diversi articoli l’eccidio di Bronte,i moti di Biancavilla, di Alacara li Fusi ,di Castellammare del Golfo, l’eccidio di Fantina, la rivolta palermitana del 1866 altrimenti detta del “Sette e mezzo” con migliaia e migliaia di vittime innocenti. Nel resto del Sud la distruzione di paesi come Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento, interamente rasi al suolo e tutti i loro abitanti uccisi e massacrati senza pietà. Ed ancora la distruzione ed i saccheggi di paesi come San Marco in Lamis (Foggia), Vieste ( Foggia), Cotronei (Catanzaro), Spinelli, Montefalcione (Benevento), Rignano-Garganico (Foggia), Vico (Foggia), Palma (Napoli), Barile (Potenza), Lavello (Potenza), Campochiaro (Campobasso), Guardiaregia (Campobasso), Ruvo del Monte, Campolattaro (Benevento) e molti altri eccidi.
Orribili crimini e stragi in nome dell’unità d’Italia (con la “u” rigorosamente minuscola) al punto che viene legittimamente da chiedersi perché, puntualmente, si ricordano, come è giusto farlo, le stragi di Marzabotto, di Sant’Angelo di Stazzema e delle Fosse Ardetatine e, altrettanto puntualmente, si ignorano questi eccidi compiuti dall’esercito italo- piemontese a danno delle popolazioni meridionali: eserciti che, per criminalità, barbarie e crudeltà non ebbero nulla da invidiare, anzi superarono , quelli che, poco più di ottantanni dopo, saranno consumati in Italia dai nazisti.
Crimini dimenticati e sacrificati sull’altare di un patriottismo risorgimentalista intriso di menzogne, falsità ed ipocrisie. Ed in questo contesto che va ricordata la strage di Auletta, un paesino in provincia di Salerno che avvenne, nell’estate del 1861, a poco più di quattro mesi dalla proclamazione dell’unità d’Italia. Una strage dimenticata e, come tante altre, mai riportata dai libri di storia del nostro Paese.
(A sinistra, foto tratta da aulettaterranostra.it)

Il pomeriggio del 28 Luglio del 1861 nel piccolo paese di Auletta, sulle rive del Tanagro, si erano radunati – accolti festosamente dalla popolazione locale – un elevato numero di rivoltosi costituiti da contadini, da soldati del disciolto esercito borbonico, da legittimisti e da gente delusa che non aveva mai creduto alle promesse dei conquistatori garibaldini prima e dei piemontesi poi, che concentratisi al Palazzo comunale dopo avere rimosso e bruciato i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi innalzarono la bandiera del Regno delle Due Sicilie, mentre le campane della chiesa suonavano a distesa invitando i cittadini alla rivolta.
All’inizio la sommossa ebbe successo ed i pochi carabinieri ed i militi della guardia nazionale di stanza nel vicino centro di Petrosa, subito intervenuti, furono costretti alla fuga. I rinforzi regi, affiancati da una feroce squadra di mercenari ungheresi per sedare la rivolta, non si fecero attendere e giunsero numerosissimi ad Auletta la mattina del 30 luglio. Mentre i ribelli erano fuggiti dal paese iniziò, da parte dei Bersaglieri e dei mercenari ungheresi (quegli stessi ungheresi che avevano affiancato Garibaldi nella spedizione in Sicilia), una spietata caccia all’uomo sui cittadini inermi.
Il paese venne messo a ferro e a fuoco. Un vero e proprio eccidio con i mercenari ungheresi più di tutti protagonisti e scatenati in saccheggi, stupri e massacri che assolsero impietosamente al lavoro sporco cui erano stati preposti.
I mercenari ungheresi che, come dicevamo prima, erano stati assieme a polacchi, russi, americani ed avventurieri vari (altro che patrioti!) al soldo di Garibaldi nella “gloriosa” impresa dei mille. Mercenari ungheresi al soldo di Garibaldi prima e dei Savoia poi.
Ma tornando alla strage di Auletta, quel tragico 30 luglio del 1861, la violenza e la barbarie delle regie truppe sabaude e degli ungheresi non si rivolse solamente sugli inermi cittadini uomini , donne e bambini, del piccolo centro del salernitano, ma anche sui luoghi di culto e sui preti rei di avere fiancheggiato la rivolta. Numerosi religiosi furono massacrati di botte e taluni costretti ad inginocchiarsi davanti al tricolore. Uno di questi, il parroco settantenne Giuseppe Pucciarelli, che non volle sottostare a tale umiliante posizione mentre, facendo appello alla dignità del suo ruolo, tentava di rialzarsi, veniva massacrato ed ucciso da un sergente dei bersaglieri a colpi di calcio di fucile alla testa.
Il bilancio finale del massacro di quel tragico giorno fu di circa cento morti tra la popolazione civile e più di duecento abitanti di Auletta arrestati e deportati nel carcere di Salerno con l’accusa di rivolta e cospirazione. A più di 145 anni di quegli avvenimenti nella piazza del paese posta da una locale Associazione culturale campeggia oggi una lapide che così recita: ”Auletta, 30 luglio 1861-145° anniversario-La strage di Auletta- morirono da eroi dimenticati dalla storia- 30 luglio 2006”.
Questa è un’altra disonorevole e sconosciuta pagina che puntualmente viene ignorata dagli agiografi di regime e che ci deve far riflettere ogni qual volta vediamo il tricolore intriso del sangue di quegli innocenti innalzarsi sui pennoni della nostra storia e che, ancor di più, ci deve far riflettere per come sulla pelle dei meridionali si è realizzata questa mala unità d’Italia. Una pagina del libro nero della nostra storia sulla quale ancor oggi si stende un pietoso velo e un criminale e connivente silenzio da parte della storiografia ufficiale e di regime

 

 


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