Bufera giudiziaria a Trapani, mega sequestro da 30 milioni di euro

Un sequestro di beni per un valore di oltre 30 milioni di euro. Nella rete degli inquirenti sono finiti gli imprenditori edili trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, rispettivamente, di 79 e 50 anni. Secondo gli investigatori, farebbero parte di un ‘cartello’legato al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Un’inchiesta pesante, quella che sta mettendo a soqquadro Trapani. Di scena il ‘complicato’ mondo degli appalti pubblici che riguarderebbero anche il porto della città. Un’indagine che coinvolgerebbe anche alcune figura di spicco della politica di questa provincia.

L’operazione, denominata “Corrupti Mores” è stata portata a termine dagli agenti della Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dai finanzieri del nucleo di Polizia Tributaria a Trapani, Roma, Milano, Gorizia e Pordenone. Hanno collaborato anche i reparti territoriali delle Fiamme gialle e della Divisione anticrimine della Questura di Roma.

L’iniziativa è partita da un provvedimento emesso dal presidente della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, su proposta del questore, Carmine Esposito. Il sequestro ha colpito 142 beni immobili, 37 beni mobili registrati, 36 conti correnti e rapporti bancari, 9 partecipazioni societarie e 6 società sequestrate e sottoposte ad amministrazione giudiziaria. Tra questi anche il cantiere dell’area portuale di Trapani. (a sinistra, foto del Porto di Trapani tratta da ilcoloredelvento.it)

Secondo gli inquirenti, i Morici farebbero capo a un gruppo di imprenditori vicino o comunque utilizzato da Cosa nostra per condizionare gli appalti pubblici della provincia trapanese. Grosso modo, questo ‘cartello’ avrebbe iniziato ad operare nei primi anni del 2000. Per un decennio il gruppo avrebbe condizionato l’aggiudicazione di importanti appalti pubblici, dall’esecuzione di opere e alle relative forniture.

Gli elementi che hanno portato al sequestro sono emersi dai documenti del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del Senatore trapanese del Pdl Antonio D Ali’, processo in corso davanti al Gup di Palermo.

L’inchiesta tocca da vicino uno dei grandi eventi andato in scena nella prima metà del 2000: la preregata della Coppa America “Louis Vuitton act 8 e 9”. Appalti
milionari ai quali non sarebbero estranei ambienti non esattamente ‘cristallini’.

Stando ad alcune intercettazioni, emergerebbe, secondo gli inquirenti, l’esistenza di accordi con il boss mafioso, Francesco Pace, con esponenti politici e con altre imprese coinvolte in questi lavori. Uno scenario di possibili connivenze che avrebbe finito con il favorire il gruppo Morici al momento dell’aggiudicazione delle gare. Ma anche nell’utilizzazione di materiali non conformi, tali da alterare la stabilità dell’opera nel tempo.

Agli atti di questa vicenda giudiziaria ci sono intercettazioni telefoniche nel corso delle quali si parla di un uomo politico trapanese che, secondo gli investigatori, sarebbe il Senatore del Pdl, Antonino D’Alì. Queste intercettazioni riguarderebbero gli appalti per la Coppa America (lavori per oltre 40 milioni di euro realizzati nell’area portuale di Trapani) e la funivia che collega Trapani con Erice.

 


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