In ricordo di Vincenzo Carollo

All’età di 92 anni, compiuti nel dicembre scorso, ha lasciato la terra dei vivi l’onorevole Vincenzo Carollo, protagonista di una stagione intensa della storia dell’Autonomia regionale siciliana – ma anche della storia del nostro Paese – da anni lontano dalla politica.

La notizia è stata liquidata dai giornali in poche righe e, magari, con quel gusto perverso di sottolineare qualche scelta poco edificante dell’uomo trascurando il contributo dallo stesso dato alla vita politica siciliana prima e nazionale poi. Da cultore della storia dell’Autonomia, approfittando dell’ospitalità di LinkSicilia, mi è sembrato utile tracciarne un breve profilo per offrirlo all’intelligenza del lettore interessato.

Vincenzo Carollo nasce a Castelbuono, illustre centro delle Madonie capitale dello stato dell’orgoglioso casato dei Ventimiglia, marchesi di Geraci. Quando nasce, da poco tempo si era concluso il primo conflitto mondiale, la grande guerra, alla quale, la sua Castelbuono aveva dato un grosso contributo si sangue. (a destra, Vincenzo Carollo)

Come molti Comuni siciliani, anche Castelbuono viveva forti tensioni sociali, molte legate agli storici problemi – anche questo comune fu interessato dalla vicenda dei Fasci siciliani – del possesso della terra. Il leader dei nazionalisti, il giovane medico Alfredo Cucco, era divenuto il riferimento del nascente movimento fascista che coagulava l’opposizione contro quella che veniva giudicata una fiacca classe dirigente, che aveva accettato la cosiddetta “vittoria mutilata” , e la borghesia terriera conservatrice e reazionaria nella quale si era infilato anche qualche mafioso. Anche i socialisti, soprattutto dell’ala massimalista, vivacizzavano l’ambiente sociale e con loro, ma spesso in contrapposizione, i popolari di don Sturzo sostenuti, ma non sempre dal clero locale.

Ben presto il fascismo, approfittando della situazione, avrebbe preso il potere spazzando via le forze d’opposizione e annettendo nella propria leadership l’insieme delle forze conservatrici e reazionarie. Carollo, come capitava a molti giovani provenienti da famiglie a forte tradizione cattolica, cominciò a frequentare i circoli d’azione cattolica che operavano sul fronte della formazione religiosa ma, e quest’aspetto era poco gradito ad un regime che si proclamava “totalitario”, anche e soprattutto, su quello sociale.

L’esperienza nei circoli cattolici non poteva che avere un esito politico. Crollato il fascismo, quella attitudine alla leadership, che l’aveva distinto negli anni della formazione, lo fa divenire punto di riferimento di molti giovani del suo paese i quali vivono lo spaesamento proprio di chi vede crollare il castello di certezze nel quale si era formato. Carollo unisce, cosa non comune, impegno di studio – è uno brillante studente universitario che pare destinato ad una luminosa carriera accademica – a un impegno politico considerato come prolungamento della sua scelta di fede.

Le passioni che agitavano gli uomini quegli anni e le cosiddette “scelte epocali” che attraversavano la società, lo portarono a scegliere proprio l’impegno politico come missione della sua vita. Inizia così la sua attività nelle organizzazioni universitarie cattoliche, aderisce alla Democrazia cristiana e si impegna nella vita del Comune al quale, seguendo la lezione sturziana, resterà sempre legato. Nel 1955 viene eletto al Parlamento siciliano proprio nelle file della Democrazia cristiana della quale è dirigente. Proprio in quegli anni si manifesta lo scontro fra gli ex popolari, legati a stili politici considerati ormai superati, e una nuova ambiziosa generazione, formata nel partito apparato di cui leader indiscusso era Amintore Fanfani. Quello scontro, come è noto, porterà ai governi Milazzo e inciderà profondamente sul futuro dell’Autonomia regionale siciliana.

Carollo si fa subito notare, la sua robusta formazione culturale, il suo fiuto politico, l’intelligenza degli avvenimenti, per usare una locuzione morotea (che lo mettono al sicuro dalle tentazioni milazziste e, piuttosto che un dissidente) ne fanno uno dei più fieri oppositori di quella esperienza che venne giudicata un “minestrone maleodorante”.

Nel 1959, rieletto con crescente suffragio e, nel Governo di transizione, guidato dall’ex monarchico Benedetto Majorana della Nicchiara, entra in giunta con l’importante (in quel tempo, diversamente da ora, l’Europa non ne aveva ancora assorbito le competenze) delega dell’Agricoltura.

Dopo la parentesi del Governo Majorana, Carollo occuperà stabilmente il ruolo di assessore al Lavoro in tutti i Governi di centrosinistra guidati da Giuseppe D’Angelo. Rieletto nel 1963, fa parte dei Governi guidati dal barone catanese, Francesco Coniglio, con delega agli Enti Locali.

Sono anni in cui la Regione cambia pelle, anni in cui vengono creati gli enti economici regionali che si manifesteranno, alla lunga, come una scelta fallimentare. Ed arriva la sesta legislatura, Carollo risulta il candidato più votato, segno della capacità politica del personaggio e del proficuo rapporto con il territorio. Il 30 settembre 1967 è chiamato alla presidenza della Regione.

Resterà presidente per meno di due anni e saranno anni segnati ancora da lotte interne e da drammatici fatti esterni: basti pensare al terribile sisma che, nel gennaio del 1968, distrugge la Valle del Belice.

Grandi polemiche sulla ricostruzione destabilizzano il suo Governo e ne rendono difficile il normale percorso. Nonostante tutto però, è allora che si vara una grande iniziativa che fa sperare in una futura prospettiva occupazionale. Viene infatti firmato l’accordo con la Fiat per la realizzaazione dell’impianto di Termini Imerese. Carollo, a quel punto, considera conclusa la sua vicenda regionale e, dopo essere stato rieletto all’Ars nel 1971, si dimette l’anno successivo per candidarsi al Senato. Eletto senatore nel 1972 nel collegio di Termini-Cefalù, si distingue per la competenza e la cultura politica di cui é portatore.

Al Senato Carollo resterà fino al 1986, ricoprendo importantissimi incarichi: fra l’altro, anche presidente della Commissione Bilancio e Finanze. Proprio in quel ruolo eccelse per capacità e intuito politico meritandosi il rispetto e la considerazione anche degli avversari.

Pur essendo assorbito da questi importanti ruoli, non trascurò mai il Comune d’origine al quale rimase fortemente legato e del quale fu sindaco con una breve interruzione dal 1967 al 1983.

 


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