Al Teatro Massimo una Butterfly godibile

Madama Butterfly è stata in ordine di tempo l’ultima delle rappresentazioni andate in scena al Teatro Massimo di Palermo nella stagione 2012. Per essere sinceri, non è stata l’ultima in ordine di importanza: non per titolo, certamente, né tantomeno per qualità di edizione. Ad onor del vero, la qualità di alcune di queste edizioni teatrali viste al Teatro Massimo è talmente facile da superare che non è poi un così grande complimento, ma comunque, questa volta siamo rimasti contenti.

Il titolo è certamente uno dei favoriti dal pubblico, diremmo così “di cassetta”: Puccini richiama sempre moltissimi appassionati, sia melomani, sia neofiti. Inoltre “Madama Butterfly” è una delle opere più belle del musicista toscano, una delle più musicalmente articolate e ricercate e dalla storia più tragica, verdiana, hughiana, shakesperiana forse. Tutto, ma non pucciniana.

Vi sono in essa tutti gli ingredienti di una grande tragedia, ineluttabile nel suo destino, perché il destino della sua protagonista, come avrebbero detto i greci, è nel carattere della stessa Madama Butterfly. (a sinistra, foto tratta da venticaratteruzzi.tumblr.com)

Cio Cio San con la forza della sua volontà esce dal bozzolo della vita a cui la società del suo tempo e del suo popolo la volevano condannare, per diventare Madama Butterfly, la sposa bambina di un uomo occidentale. E per fare questo ha voluto e saputo rinunciare a tutto, alla propria famiglia, alla propria identità culturale, alla propria religione anche, rimanendo assolutamente sola; sola con se stessa, con il proprio amore e con il proprio futuro o, come in questo caso, con il proprio destino: la morte. Questo perché nella sua scelta assoluta non ha fatto i conti, o non ha voluto ostinatamente fare i conti, con una variabile, che in questo caso non era accidentale, ma sostanziale, la nullità strutturale dell’essere che ella amava: Mr B.F. Pinkerton.

Il melodramma italiano ci ha abituato a figure maschili, spesso ma non sempre, tenorili, di volta in volta inette, stupide, superficiali, vigliacche, cattive, ma questa le assembla tutte. L’unica frase che ci viene in mente ogni volta che la vediamo all’opera (è il caso di dirlo!) è: “Wilma, dammi la clava”, perché suscita effettivamente tutti gli istinti peggiori dello spettatore. Ma tant’è… egli alla fine rimane vivo, sposato, col bambino e Butterfly invece, reietta dal suo
mondo e dal suo amore come un rifiuto, incapace di vedere nella nuova Fede scelta una fonte di speranza, sceglie l’unica via che la propria radice culturale le offra: l’harakiri, perché “chi non può vivere con onore con onore muore”. (a destra, foto tratta da facebook.com)

Questa atmosfera da tregenda è stata qui magistralmente rappresentata dalla scene essenziali di Beni Montresor, in cui il bianco, colore del lutto nelle culture dell’Estremo Oriente, è lo sfondo non arioso ma opprimente in cui si muove la protagonista come una farfalla nella rete, solo in attesa di essere “ da spillo trafitta con strazio ed in tavola infitta”.

L’orchestra è stata diretta in maniera elegante, appassionata, emozionante nei diversi leit motiv, ritmi orientali, arie che compongono l’opera dal Direttore Marcello Mottadelli.

I cantanti sono stati tutti di alto livello: dal tenore, Roberto Aronica, che ha reso appieno un passionale quanto superficiale Mr. Pinkerton, al baritono, Alberto Mastromarino, che ha impersonato un Mr. Sharpless compassionevole e gentiluomo, a tutti gli altri, ed ovviamente, ultimo ma non ultimo al soprano, Daniela Dessì, dignitosa, forte, appassionata, commovente Madama Butterfly.

Insomma, finalmente abbiamo visto un’edizione operistica godibile, di buon livello, degna di un teatro quale il Teatro Massimo.

Citiamo a tal proposito la notizia, presente nei giornali di questi giorni, che il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, non vuole essere provocatoriamente il presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Teatro Massimo, finché lo stesso Teatro Massimo non venga commissariato. Sembra che l’attacco sia soprattutto, anche se non solo, al Sovrintendente Antonio Cognata. Probabilmente, i disordini legati alla pessima gestione che hanno creato insofferenza nelle maestranze e critiche nel pubblico non possono adesso essere risolti con un colpo di bacchetta magica, né chi si trova a gestirli ne vuole addosso tutta la responsabilità.

D’altronde, dobbiamo capirlo: appena insediato, il Sindaco si è trovato a risolvere l’incendio della discarica di Bellolampo; adesso lo mettono a contenere l’incendio di questa seconda Bellolampo culturale e gestionale che rischia di diventare (o che è diventato?) il Teatro Massimo. Insomma c’è un limite a tutto… Con tutta la spazzatura che si è vista a Palermo…

Ma comunque, siamo ottimisti e speriamo per il meglio. Sembra che nel prossimo futuro ci attenda qualche ottima edizione per concludere l’attuale stagione.

Ci auguriamo queste diventino quindi foriere, anche grazie all’impegno dei vertici della Fondazione, di grandi orizzonti culturali per il futuro della nostra bella città.

 


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