Long drink/ Villa Igiea, ancora un bicchiere, prego!

Se provate a fermarvi di fianco, con la spalla sinistra a monte Pellegrino e la destra a piazza Acquasanta, facendo bene attenzione al calice (il secondo) che tenete in mano, mentre vostra moglie, notoriamente astemia, chiacchiera con un gruppo di signore facendo soltanto finta di sorseggiare, e fruscii di taffetà e georgette di seta e sentori di rose turche, e voci, vi passano accanto come lievi ventate di ghibli, considerando che a New York la Borsa sta chiudendo battenti (in ribasso) e in Giappone sono già le cinque e mezzo del mattino (l’asta dei tonni è appena cominciata), ipotizzando una temperatura di diciassette gradi, vento da moderato a debole, il grado di capitano di vascello di un ufficiale in divisa e in unmetroesettantotto l’altezza dal suolo della bionda che l’accompagna e valutando in numero di cento gli invitati e in più di duecento le barche ormeggiate in basso, e in un numero che non saprete mai definire le stelle sopra la magnifica terrazza, vi trovate al grande albergo Villa Igiea di Palermo, e sono le nove di sera, e state per sedervi a un tavolo della cena di gran gala per la riapertura dello storico ristorante dell’hotel. Un ristorante alla carta, unico ed esclusivo, come fu il 10 dicembre 1900, non solo per gli ospiti ma anche per i clienti “occasionali”.

Bene. Sappiate, allora, che mangerete: passata di topinambur, favette e piselli stufati, filetti di seppia marinata al pepe nero, croccante di carciofi spinosi di cerda (antipasto); mezzi paccheri con zucchine quarantine, tocchetti di triglie di scoglio, fonduta di patate bianche affumicate (primo); trancetto di cernia bianca alla matalotta, timballetto di verdure in caponata, olio alle acciughe in conserva (secondo); insalata di arance bionde, infuso di gelsomino e mantecato al miele amaro (pre-dessert); buffet di dolci, selezione di gelati. Sappiate che berrete vini offerti dalla cantina “Corvo”: prosecco, grillo, nerello mascalese, nero d’avola e passito. Sappiate, anche, che vedrete giovani chef all’opera direttamente in sala, che ascolterete un vecchio barbuto raccontare l’origine delle panelle, che affronterete frastuoni di stoviglie, scontri di cristalli, che sentirete spegnersi il desiderio di intrattenimento (per la verità mai provato), e a un certo punto, presi da tristissima noia, penserete bene ad altro: una città che si estende dal mar Tirreno al Mediterraneo. Palermo che si unisce a Agrigento. La 189 che diventa un viale a doppia corsia con al centro splendidi aceri bianchi. Le terre seminative, tra Vicari e Cammarata, che diventano parchi pubblici. Ogni più piccolo agglomerato urbano che si espande, formando un quartiere. Ogni quartiere, una zona residenziale, che tra un giardino e l’altro rende possibile ciò che oggi è solo utopia. Non più “Le città”. Ma “La città” del futuro. Disseminata di ristoranti stellati.

Ancora un bicchiere di nero, prego?

Questa foto di Villa Igiea è stata scattata da Francesco Italia a Villa Igiea. Ed è stata pubblicata su Rosalio.it

 

 


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Se provate a fermarvi di fianco, con la spalla sinistra a monte pellegrino e la destra a piazza acquasanta, facendo bene attenzione al calice (il secondo) che tenete in mano, mentre vostra moglie, notoriamente astemia, chiacchiera con un gruppo di signore facendo soltanto finta di sorseggiare, e fruscii di taffetà e georgette di seta e sentori di rose turche, e voci, vi passano accanto come lievi ventate di ghibli, considerando che a new york la borsa sta chiudendo battenti (in ribasso) e in giappone sono già le cinque e mezzo del mattino (l’asta dei tonni è appena cominciata), ipotizzando una temperatura di diciassette gradi, vento da moderato a debole, il grado di capitano di vascello di un ufficiale in divisa e in unmetroesettantotto l’altezza dal suolo della bionda che l’accompagna e valutando in numero di cento gli invitati e in più di duecento le barche ormeggiate in basso, e in un numero che non saprete mai definire le stelle sopra la magnifica terrazza, vi trovate al grande albergo villa igiea di palermo, e sono le nove di sera, e state per sedervi a un tavolo della cena di gran gala per la riapertura dello storico ristorante dell’hotel. Un ristorante alla carta, unico ed esclusivo, come fu il 10 dicembre 1900, non solo per gli ospiti ma anche per i clienti “occasionali”.

Se provate a fermarvi di fianco, con la spalla sinistra a monte pellegrino e la destra a piazza acquasanta, facendo bene attenzione al calice (il secondo) che tenete in mano, mentre vostra moglie, notoriamente astemia, chiacchiera con un gruppo di signore facendo soltanto finta di sorseggiare, e fruscii di taffetà e georgette di seta e sentori di rose turche, e voci, vi passano accanto come lievi ventate di ghibli, considerando che a new york la borsa sta chiudendo battenti (in ribasso) e in giappone sono già le cinque e mezzo del mattino (l’asta dei tonni è appena cominciata), ipotizzando una temperatura di diciassette gradi, vento da moderato a debole, il grado di capitano di vascello di un ufficiale in divisa e in unmetroesettantotto l’altezza dal suolo della bionda che l’accompagna e valutando in numero di cento gli invitati e in più di duecento le barche ormeggiate in basso, e in un numero che non saprete mai definire le stelle sopra la magnifica terrazza, vi trovate al grande albergo villa igiea di palermo, e sono le nove di sera, e state per sedervi a un tavolo della cena di gran gala per la riapertura dello storico ristorante dell’hotel. Un ristorante alla carta, unico ed esclusivo, come fu il 10 dicembre 1900, non solo per gli ospiti ma anche per i clienti “occasionali”.

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