Lampedusa, dove l’illegalità è di casa

“Stiamo attenti: vi è un accertamento rigoroso di carattere giudiziario che si esterna nella sentenza, nel provvedimento del giudice e poi, successivamente nella condanna, che non risolve tutta la complessa realtà sociale. Oltre ai giudizi dei giudici, però, esistono anche i giudizi politici, cioè le conseguenze che da certi fatti accertati dovrebbe trarre il mondo politico.

“Un burocrate che, ad esempio, ha commesso dei favoritismi, potrebbe non aver commesso automaticamente il reato di interesse privato in atti d’ufficio,ma potrebbe essere sottoposto a procedimento disciplinare perché non ha agito nell’interesse della buona amministrazione.

“(…) L’equivoco su cui spesso si gioca è questo. Si dice : quel politico (…) è stato accusato (…) però la magistratura non l’ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. Eh, no! Questo discorso non va. Perché la magistratura può fare solo un accertamento di carattere giudiziale; può dire: ci sono sospetti, anche gravi, ma non c’è la certezza giuridica che consente di dire “quest’uomo è colpevole”. Però, siccome dalle indagini sono emersi dei fatti, altri organi, altri poteri – cioè i politici, gli organismi disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali – dovevano trarre le conseguenze da certi fatti che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico “inaffidabile” nella gestione della cosa pubblica”.

Queste parole furono pronunciate dal giudice Paolo Borsellino nel 1989 nella sua “lezione di legalità” tenuta ad alcuni studenti di Bassano del Grappa. Questo il video dell’intervento: (watch?v=vDRgY8p3ZgM)

Parole chiare, concetti elementari, linguaggio esplicito e comprensibile. Una lezione per tutti. Anche per l’assessore delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica della Regione Sicilia, Caterina Chinnici – magistrato,  figlia del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983 – che da questi concetti e da questi ragionamenti sembra un po’ lontana, almeno con riferimento alla vicenda che ha riguardato l’amministrazione comunale di Lampedusa.

I fatti: nell’ottobre del 2009, in forza di svariate denunce di privati e del gruppo di opposizione del Consiglio comunale, l’assessore regionale agli Enti locali, Caterina Chinnici, dispone un accertamento ispettivo al Comune di Lampedusa sulle presunte irregolarità dell’amministrazione. L’ispezione si conclude nel febbraio 2011, con una relazione che contiene “una dettagliata elencazione delle presunte irregolarità da parte degli organi del Comune di Lampedusa e Linosa”.

L’assessorato, allora – siamo già ad aprile del 2011 – contesta gli addebiti e chiede al Comune che vengano fornite eventuali controdeduzioni avendo evidenziato “numerose violazioni di leggi regionali e statali nonché irregolarità nella gestione amministrativa dell’ente”. La risposta del Comune  del giugno 2011 – viene ritenuta “non esaustiva2.

Quale dovrebbe essere, a questo punto, la logica conseguenza dell’iter ispettivo che ha evidenziato “rilevanti disfunzioni e irregolarità poste in essere dagli Organi Comunali in settori di particolare rilevanza dell’Ente”?

La rimozione del sindaco, direte voi. Ebbene, no. L’assessore Chinnici con provvedimento del 3 febbraio 2012, si limita a nominare un Commissario-provveditore “che provveda al risanamento delle criticità riscontrate con particolare riferimento alle materie “personale, consulenti ed esperti” e “condizione finanziaria e debiti fuori bilancio”. Insomma, una sorta di supplente (che richiama alla memoria l’inquietante personaggio di Victor, il “pulitore” interpretato da Harvey Keitel nel film Nome in codice Nina di Luc Besson) al quale viene affidato esclusivamente il compito di riparare gli effetti prodotti dalle illegalità accertate, senza occuparsi di chi quegli illeciti ha commesso.

Evidentemente il provvedimento risulta un po’ forzato anche a chi lo adotta, tant’è che in esso è contenuta anche una sorta di motivazione (classico esempio di excusatio non petita) che sembra volere giustificare la mancata adozione di provvedimenti nei confronti degli autori delle evidenziate irregolarità: “… l’Amministrazione comunale di Lampedusa e Linosa ha dovuto gestire le numerose emergenze che hanno colpito l’isola in occasione degli sbarchi dei migranti extra comunitari… governando problematiche di ordine pubblico, avviando iniziative di carattere umanitario, mantenendo i necessari contatti con le Autorità regionali e nazionali coinvolte, acquisendo il consenso della popolazione e dimostrando particolari capacità nella gestione degli avvenimenti imprevisti”.

Insomma facendo ciò che è niente di più che il dovere di una qualsiasi Amministrazione Comunale.

Al di là del paradosso evidente di questo provvedimento, ciò che più sconcerta in questa storia è che, sebbene fosse stato accertato da oltre un anno che al Comune di Lampedusa venissero compiute “numerose e ripetute violazioni di leggi regionali e statali nonché irregolarità nella gestione amministrativa dell’ente”, si è lasciato il Comune nelle mani di coloro che tali illeciti hanno commesso, si è mandato un commissario provveditore a cancellare le tracce di quei misfatti, ma soprattutto non si è impedito a quelle stesse persone di candidarsi per le prossime elezioni amministrative del 6 maggio (senza tenere in minimo conto che proprio quelle condotte illecite possono essere state strumento di creazione di consenso, tramite pratiche clientelari e di tutela di interessi privati).

Insomma un classico esempio di irresponsabilità politica degli organi di controllo.

P.S.: a seguito del blitz della Guardia di Finanza al Comune di Lampedusa di qualche giorno fa, la candidatura del sindaco uscente alle prossime elezioni amministrative è oggi in dubbio.

foto del Municipio di Lampedusa tratta da perlacittà.it

 


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