“Perché impegnarsi per Leoluca Orlando”

La mia candidatura al Consiglio Comunale a supporto di Leoluca Orlando: le ragioni di una scelta che ha radici lontane.

L’ ufficializzazione della candidatura di Leoluca Orlando a Sindaco di Palermo e la straordinaria affluenza di sostenitori il 31 marzo al Cinema Golden restituiscono alla città e ai palermitani la fiducia in futuro possibile. In altre riflessioni pubblicate su questo giornale e raccolte nel mio blog http://lsanlorenzo.blogspot.it ho analizzato in più occasioni i benefici che la città di Palermo trarrà da un primo cittadino, largamente accreditato sulla scena internazionale, profondo conoscitore degli umori di ogni ceto della città e del funzionamento della ‘macchina’ amministrativa.

Tutti siamo che consapevoli che l’elettorato di Leoluca Orlando è il più trasversale che si sia mai misurato a Palermo. Conosco e frequento Leoluca Orlando dal 1982: figlio dell’alta borghesia cittadina, erede della nobiltà agraria, brillante studente prima e studioso dopo, animatore dei principali eventi di cambiamento degli ultimi 40 anni e considerato, contemporaneamente, come il più “palermitano” e il più “internazionale” dei sindaci, egli è percepito come inscritto nel cuore di questa città che non ha mai dimenticato come ne abbia riscattato l’identità nel mondo negli anni che seguirono le stragi del 1992-1993.

Tale sentimento è rimasto pressoché immutato nonostante alcuni equivoci abilmente orchestrati e di cui nel corso della presentazione del libro di Fabrizio Lentini “La Primavera breve” si è avuto occasione di fare chiarezza; votano per Orlando esponenti della residua nobiltà, l’alta borghesia cittadina non compromessa con il Cuffarismo/Lombardismo, professionisti e imprenditori, sovente suoi compagni di scuola o allievi o, più in generale, amici di una vita. Soprattutto però, declinato il populismo drogato dalle illimitate risorse economiche poste da Berlusconi a sostegno della triste figura di Diego Cammarata (accertati brogli, a parte), Orlando torna ad essere il beniamino degli strati sociali più popolari, che ne hanno sempre apprezzato la capacità di farsi capire e di farsi percepire come un figlio autentico, più fortunato magari per nascita, dell’anima ancestrale della città. In una parola, hanno percepito di condividerne quell’identità cui ciascuno aspira quando è aiutato a liberarsi dall’appartenenza e dai pregiudizi culturale che ne bloccano, agli occhi del mondo, ogni prospettiva di sviluppo nella società globale.

Restano indimenticabili gesti da vero palermitano quale la devozione a Santa Rosalia (da anni non più salutata durante il Festino dal tradizionale grido lanciato dal Sindaco e che è di nuovo risuonato oggi tra applausi e standing ovation, il grande amore per la gastronomia locale, per la convivialità, la profonda conoscenza e attenzione verso le risorse umane, ambientali ed economiche del territorio e potrei continuare ad elencare.

Un Orlando dunque, di cui, oltre all’indiscussa e testimoniata scelta di legalità e di lotta vera alla mafia e al collateralismo della politica, che sarebbe ridondante riepilogare, si apprezzano autenticità, coraggio fisico, approccio “energetico” ai temi più scottanti. Il tutto, unito ad una enorme capacità di lavoro che ne ha sempre contraddistinto lo stile personale, manageriale e politico.

Su piani di maggiore contenuto, nessuno ha mai messo in discussione la sua morale privata, la sua fede religiosa “adulta” e consapevole al punto da permettersi, senza che questo ne intaccasse l’immagine, ogni legittima critica verso una dimensione temporale della Chiesa, troppo spesso dimentica della svolta conciliare. Tutti ricordiamo la sua contestazione aperta verso Monsignor Salvatore Cassisa, discusso Arcivescovo di Monreale poi canonicamente rimosso, in occasione della seconda visita di Giovanni Paolo II a Palermo. Un cattolico autenticamente “protestante” consapevole della ricchezza che nasce dall’incontro con altre fedi e culture, come è inevitabile per chi ha avuto nel mondo tedesco ed europeo profonde esperienze formative in anni cruciali del ‘900, straordinari Maestri di pensiero e costanti e attuali relazioni e riconoscimenti di rilievo mondiale.

 

L’autoironico accostamento con Federico II con cui in passato Orlando fece versare a molti Soloni fiumi di parole inutili, in realtà sottolinea la consapevolezza di esprimere una dimensione locale/globale che non ha precedenti tra i politici siciliani e che è sempre tornata utile all’immagine della Sicilia e dei siciliani in Europa e nel mondo.

 

Orlando è, ovviamente, anche antipatico a molti, ma non al punto da non riconoscere che nei momenti difficili che attendono il Paese e in quelli drammatici che la Sicilia e Palermo già toccano con mano, egli rappresenta la persona più adatta a condurre la nave nella tempesta.

Risalta agli occhi di chiunque in buona fede analizzi i candidati che gli si contrappongono, la differenza di competenza, di energia, di credito internazionale, di capacità di infondere nuove energie, anche psichiche, alla Città. Il refrain che egli “non abbia generato una classe dirigente”, evitando di far crescere i propri collaboratori è stato sovente un alibi: il prezzo che Orlando richiede per abilitare alla leadership è altissimo sul piano culturale, spietato su quello dell’intelligenza, intransigente su quello della morale. Da allievo dei Gesuiti, sa bene discernere tra doti vere da incoraggiare e sviluppare e semplici, normali livelli di intelligenza comune, adatti ad essere, e a far restare, “buoni collaboratori”.

La grande intuizione di inviare ogni anno mille giovani palermitani di ogni estrazione sociale selezionati per capacità e per potenziale, a formarsi in Europa con lo specifico mandato di immettere nuove intelligenze per rinnovare la classe dirigente e imprenditoriale e, al tempo stesso la scelta di ospitarne a Palermo altrettanti provenienti dall’Unione Europea perché ne diventino ambasciatori nel mondo, rappresenta una novità assoluta nella progettualità politico/amministrativa italiana, quale strategia per lo sviluppo di una nuova classe dirigente. E tutto ciò utilizzando cospicue risorse europee predisposte a tale scopo e mai prese in considerazione da un Sindaco che aveva addirittura soppresso l’Ufficio Europa del Comune.

Orlando sarà per Palermo “uomo della Provvidenza”? Non lo crediamo e non lo vogliamo. Orlando risolverà i drammatici problemi dell’occupazione, del degrado, dell’emigrazione dei cervelli. e delle braccia? Non possiamo predirlo, ma con certezza sappiamo che l’uomo ha le caratteristiche personali e le potenzialità relazionali per restituire alla Città credito, dignità e fiducia, che oggi rappresentano un immenso capitale sociale e l’unico percorso per attrarre investitori esterni, riportando Palermo nei circuiti internazionali dell’arte, della cultura, del turismo della green e della blu economy e delle risorse che da ciò provengono e che sono evocate e convocate dalla cifra dell’accoglienza che vede già nel nome della città il proprio destino (Pan-ormos, tutto porto).

 

Certamente, come ogni Sindaco, Presidente della Regione e o del Consiglio di ogni parte d’Europa gli toccherà di chiedere sacrifici anche pesanti in termini di snellimento di una burocrazia ipertrofica che ci rende ridicoli ed inaffidabili in ogni confronto, sarà determinato nel rimuovere gli apparati clientelari degli ultimi dieci anni, nel chiedere trasparenza e chiarezza dove oggi regnano ambiguità e trasformismo. E la Città lo seguirà perché sa che potrà tornare a fregiarsi di quelle tre A, che non sono solo il rating finanziario che, grazie alle scelte gestionali operate da Orlando, Palermo raggiunse tra il ‘93 e il 2000, ma soprattutto simboleggiano tre valori per i quali i siciliani in genere hanno sovente sacrificato anche la vita: Apprezzamento da parte degli altri, Audacia della ribellione all’ingiustizia, Amicizia per coloro che non barattano l’identità con la schiavitù dell’appartenenza.

Tre valori molto siciliani, che nessuna mafia potrà mai pervertire, saranno frutti maturi di una primavera che, giustamente diversa da ogni altra che l’abbia preceduta, abbiamo il diritto/dovere di far sbocciare e in cui cresceranno stavolta non solo fiori effimeri ma anche frutti concreti ricchi di semi per il futuro.

Il 6 e il 7 maggio 2012, i palermitani apriranno una pagina nuova della propria storia millenaria, come in passato hanno sempre saputo fare quando ogni limite era stato superato, ogni dignità calpestata, ogni futuro precluso, tornando a testa alta tra i popoli che scelgono da sé il proprio destino.

 


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