I ‘ragionieri’ del Teatro Massimo

Le notizie ufficiali parlano del grande successo ottenuto dal ‘Boris Godunov’ messo in scena al Teatro Massimo di Palermo, prendendo per buono quello che va in scena. Punto. Trascurando, però, ‘u rivugghiu’ che agita la vita dell’apparato artistico del teatro medesimo. Coro e corpo di ballo in permanente agitazione perché tenuti in permanente precarietà. L’orchestra infarcita di elementi anch’essi precari. L’apparato degli addetti alla scenografia dismesso al pari del reparto costumi. In sostanza, tutto ciò che rappresenta la ricchezza strutturale del soggetto economico e patrimoniale del teatro è stato azzerato. Tutto ciò che riguarda la messa in scena del prodotto artistico è preso a nolo all’esterno. O viene procurato in forma precaria ed occasionale. Purtuttavia il pubblico in sala applaude.

Anche questa è la realtà decadente della città di Palermo. Il comunicato dei lavoratori e dei sindacati del Teatro Massimo in occasione dell’allestimento del ‘Boris’ la dice lunga sul travaglio che le masse artistiche patiscono di fronte alla gestione ragionieristica dello stesso Teatro. Una gestione ragioneristica non proprio ‘brillante’, per la semplice ragione che se, nell’occasione, si ingaggia un intero coro polacco, che magari ha un costo modesto, il costo fisso del coro organico al Teatro resta inutilizzato. E questo è certamente uno spreco. O no?

Il Teatro è una struttura culturale della città e non è chiamato a produrre reddito alla fine dell’esercizio stagionale. La cultura produce effetti nel lungo periodo. Se i dirigenti dell’ente culturale Teatro Massimo non hanno presente questo dato è meglio che si dedichino ad altro compito e vadano a casa, perché inadeguati a gestire un’istituzione culturale la cui competenza travalica di gran lunga le loro capacità. Com’è possibile mantenere un terzo del coro con unità precarie senza che l’esito artistico ne risenta in qualità? Com’è pensabile che il corpo di ballo si fondi su otto unità stabili e 23 unità precarie, aggregate di volta in volta, senza che l’armonia e la compattezza ne risenta? Ma finché il pubblico in sala e nei palchi applaude tutto va bene.

Purtroppo i guasti prodotti alla città decadente dataci dalle truppe berlusconiane locali è davanti ai nostri occhi e ci vorrà del tempo, molto tempo e molta fatica, per liberarcene e superarla. La vicenda del Teatro Massimo, purtroppo, è una delle testimonianze più eclatanti e ci vorrà molta pazienza, molta tenacia e molta resistenza per farla rientrare nella normalità.

 

 

 

 

 

 


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