La Gas spa e il ‘tesoro’ di Vito Ciancimino rinvio a giudizio per Maria D’Anna

La lunga e tormentata storia della Gas gasdotti spa si arricchisce di un nuovo capitolo. Maria D’Anna Brancato, vedova dell’ex patron della società, Ezio Brancato, è stata rinviata a giudizio. Reato contestato: falsa testimonianza. A chiedere il suo rinvio a giudizio è stata la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, rappresentata dal procuratore aggiunto, Antonino Ingroia, e dal sostituto procuratore, Nino Di Matteo. La prossima udienza è prevista per il 23 marzo 2012. La difesa della D’Anna ha già anticipato che chiederà il giudizio abbreviato. Una scelta processuale che non ha portato fortuna a un altro protagonista della vicenda Gas spa, il professore Gianni Lapis, condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi, sempre in relazione alla vicenda Gas spa, una holding associata, tra le altre cose, al ‘tesoro’ dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino.
A titolo di premessa – anche per dare modo ai nostri lettori di farsi subito un’idea di che cosa stiamo parlando – va detto che la Gas gasdotti spa ha già conquistato gli onori delle cronache nazionali per essere stata indicata dalla Corte di Cassazione, nella sentenza del 5 ottobre 2011 sul ‘tesoro’ di Ciancimino, come la cassaforte di Vito Ciancimino (nella foto con il figlio Massimo) e il portafoglio lavori delle imprese edili del padrino di ‘cosa nostra’, Bernardo Provenzano.
Maria D’Anna è imputata del reato di falsa testimonianza in sede di giudizio “per avere reso dichiarazioni false in ordine alla vera causale del versamento ammontante a quasi cinque milioni di euro, operato nel febbraio del 2004 in favore di prossimi congiunti del predetto Lapis”. In pratica, Maria D’Anna, che avrebbe reso tali dichiarazioni al processo intentato al professore Lapis, ha versato ai congiunti dello stesso Lapis quasi 5 milioni di euro, affermando che si trattava di un vecchio regolamento di conteggi conteggi di dare e avere tra lei e il suo socio nell’ambito delle società del gruppo Gas spa che, all’epoca dei fatti – cioè nel 2004 – era stata da poco ceduta agli spagnoli della Gas Natural (la famiglia Brancato e la famiglia Lapis sono tra i soci fondatori della Gas spa). Secondo i magistrati, quei soldi erano invece destinati al figlio del’ex sindaco di Palermo, Massimo Ciancimino. I circa 5 milioni di euro (4,7 milioni di euro, per la precisione) rappresentavano la parte di soldi che spettava a Massimo Ciancimino in quanto figlio di Vito Cincimino, socio della Ga spa.
Parte offesa, nel processo a Maria D’Anna, è l’amministrazione stessa della Giustizia, mentre come parte danneggiata indiretta dal reato la Procura ha indicato l’ex legale della Gas spa, l’avvocato Giovanna Livreri, che si è costituita parte civile richiedendo un risarcimento danno record di un milione e mezzo di euro da devolvere per intero ad enti ed associazioni che perorano la cultura della legalità.
Il fatto contestato, come già accennato, riguarda il pagamento di quattro milioni e settecentomila di euro che le eredi di Ezio Brancato, Maria D’Anna e le figlie Monia e Antonella Brancato, effettuarono a Massimo Ciancimino, quale erede del loro socio occulto Vito Ciancimino. Questo avveniva nel febbraio del 2004, ad appena 40 giorni dalla vendita milionaria (120 milioni di euro) della holding siciliana del Gas spa alla spagnola Gas Natural.
La Gas spa è stata la grande protagonista della metanizzazione di oltre 60 Comuni siciliani. Opere pubbliche realizzate a suon di centinaia di miliardi di vecchie lire nel periodo compreso tra i primi anni ‘80 e i primi anni del 2000. Una holding, la Gas gasdotti spa, che ha operato in Sicilia e in altre regioni italiane attraverso una serie di società collegate. Un grande affare che non è stato scalfito nemmeno dal passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Un business conclusosi con la vendita del gruppo Gas spa per 126 milioni di euro alla già citata Gas Natural spagnola.
Sulla Gas spa, a partire dai primi anni del 2000, non sono mancate le indagini da parte della polizia giudiziaria. Un’inchiesta, condotta dalla Procura della Repubblica di Palermo, retta allora da Piero Grasso e dal suo aggiunto, Giuseppe Pignatone, novello procuratore capo di Roma, che ha coinvolto Massimo Ciancimino, figlio – come già ricordato – dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, considerato, sin dalla costituzione della società e per oltre 20 anni, socio occulto della Gas spa. Questa società ha visto sempre comproprietari delle azioni e quote societarie due raggruppamenti di riferimento: il gruppo Lapis e il gruppo Brancato che per 20 lunghi anni si sono scambiati tra loro ruoli di vertice, responsabilità aziendali, quote e azioni in un unico indiviso. Il riferimento è al già citato professore Lapis e a Ezio Brancato, un funzionario della Regine siciliana che, per anni, è stato al vertice del gruppo Gas spa.
I magistrati di Palermo ‘arrivano’ alla Gas spa indagando sul ‘tesoro’ di Vito Ciancimino. A fornirgli una pista interessante sono, nel 2002, i ‘pizzini’ del collaboratore di giustizia, Antonino Giuffrè dell “Manuzza”. E’ a questo punto che i magistrati di Palermo determinano, di fatto, una sostanziale sperequazione di posizioni tra i due gruppi storici della Gas spa, Lapis e Brancato. Nel nel 2005, infatti, i magistrati dispongono il sequestro della metà delle quote di denaro (circa 60 milioni di euro), provenienti dalla vendita della Gas agli spagnoli relative al solo gruppo Lapis. Gli inquirenti ritengono tali quote le sole di pertinenza dell’erede dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, padre di Massimo Ciancimino. Lo stesso provvedimento non viene disposto verso il gruppo Brancato, a detta dello stesso Massimo Ciancimino prestanome del padre Vito nella Gas spa.
Eppure fino a quel momento il gruppo Lapis e il gruppo Brancato erano stati un tutt’uno. Solo nella primavera del 2005 le due famiglie storiche della Gas spa imboccheranno strade diverse. In particolare, dal marzo 2005, le eredi di Ezio Brancato, morto nell’agosto del 2000, prenderanno le distanze da Lapis, arrivando anche ad accusare di fatti di reato il loro ex socio. L’apice della lite tra i due soci storici si riassume in una lettera del 12 giugno 2006 inviata da Gianni Lapis a Maria D’Anna. E’ uno scritto in cui il professore Lapis ricorda a Maria D’Anna, vedova Brancato, le obbligazioni nei confronti del socio occulto Ciancimino. La D’Anna, a quel punto, denuncia il suo ex socio Lapis e Massimo Ciancimino erede di Vito Ciancimino. Maria D’Anna, che ha ereditato dal marito, il già citato e defunto Ezio Brancato, la gestione del gruppo insieme con la figlia, Monia Brancato, denuncia anche l’avvocato Giovanna Livreri (il processo a carico dell’avvocato Livreri dovrebbe concludersi il prossimo fine marzo). Quest’ultima viene coinvolta perché, nella qualità di legale dei Brancato, è a conoscenza della vicenda del socio occulto Ciancimino presente anche nella quota Brancato e potrebbe usarla nel difendere Lapis nel processo del ‘tesoro’ di Ciancimino.
Dopo essere stata denunciata da Maria Brancato, l’avvocato Livreri, libera del vincolo del segreto professionale, ha rappresentato, con una serie di esposti alla magistratura, alcuni fatti e circostanze rilevanti sotto il profilo penale. Argomenti di cointeressenze delle Brancato con la consorteria criminale di ‘cosa nostra’ che chiamano in causa la stessa Maria D’Anna. La D’Anna, da parte sua, si è sempre fatta scudo, forte anche della parentela con il magistrato della Direzione nazionale antimafia (Dna), molto noto a Palermo, Giusto Sciacchitano, indicato sempre e in ogni occasione processuale dalla stessa D’Anna e dal suo legale, l’avvocato Alberto Polizzi, come l’autorevole personaggio a conoscenza di tutte le loro vicende e suo grande consigliere.
Il Procuratore della Dna è una figura che ha sempre aleggiato intorno alla vicenda del gruppo Gas spa e viene pesantemente tirato in ballo da Maria D’Anna e dallo stesso Massimo Ciancimino. Quest’ultimo lo ha citato anche nel processo al generale dei Carabinieri, Mario Mori.
Oggi sulla Gas spa, come ricordato, indagano due magistrati del calibro di Antonio Ingroia e Nino Di Matteo. Due pubblici ministeri del nuovo corso della Procura di Palermo che starebbero per arrivare, forse, a conclusioni un po’ diverse da quelle dei colleghi che, tra la fine degli anni 90 e il 2006, facevano capo al pool retto da Piero Grasso (nella foto sopra), all’epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Tant’è vero che su Maria D’Anna e la figlia Monia vi sono diverse indagini per mafia e riciclaggio. Per esempio, l’indagine sui fatti riconducibili alla Gas spa. O la calunnia e diffamazione nei confronti dell’avvocato Livreri. E, ancora, la falsa testimonianza in relazione al coinvolgimento di Vito Ciancimino nella quota nella Gas spa. Quest’ultima indagine è quella per cui la D’Anna è oggi imputata dinanzi al Gup di Palermo. da discvery
Una storia lunga, tormentata e complessa, quella della Gas spa. Sullo sfondo c’è la più importante – e, soprattutto, la più lucrosa – avventura imprenditoriale andata in scena in Sicilia negli ultimi trent’anni. Una storia ancora per certi versi oscura dove gli interessi dell’imprenditoria si saldano a quelli della politica. Con la mafia pronta a ‘bagnare il becco’ in una girandola di appalti miliardari. E con un finale ancora tutto da scrivere.

 

La fotografia che ritrae Vit Ciancimino e il figlio Massimo è tratta da discovery-sicily eu

La foto di Piero Grasso è tratta da qn quotidiano net

 

 


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