Ieri, capodanno, i giornali, comè noto, non sono andati in edicola. Però, saltellando sui siti on line, è stato piuttosto semplice cogliere gli umori che si respirano in europa. Ovunque trionfa il pessimismo (diverso il discorso in alcune aree degli usa, come ci racconta oggi il nostro stefano vaccara in altra parte del giornale, dove cè anche spazio per un moderato ottimismo). Ma a destare inquietudine non è il pessimismo europeo, ma due notizie che sono, un po, il filo conduttore dellunione europea in questo inizio di 2012: la consapevolezza che la crisi non è finita e la difesa delleuro.
Governo Monti avaro con la Sicilia
Ieri, Capodanno, i giornali, comè noto, non sono andati in edicola. Però, saltellando sui siti on line, è stato piuttosto semplice cogliere gli umori che si respirano in Europa. Ovunque trionfa il pessimismo (diverso il discorso in alcune aree degli Usa, come ci racconta oggi il nostro Stefano Vaccara in altra parte del giornale, dove cè anche spazio per un moderato ottimismo). Ma a destare inquietudine non è il pessimismo europeo, ma due notizie che sono, un po, il filo conduttore dellUnione Europea in questo inizio di 2012: la consapevolezza che la crisi non è finita e la difesa delleuro.
Questi due elementi, messi assieme, lo ripetiamo, destano inquietudine. Per almeno due motivi tra di loro strettamente interconnessi. In primo luogo, se la crisi non è finita, significa che i nostri cari eurocrati che ormai si sono impossessati dei nostri destini, pensano già a nuovi provvedimenti anticrisi: cioè a nuove manovre. E se, in prospettiva – non medio-lunga, ma breve – ci sono altre manovre, è chiaro che lUnione Europea, attraverso i soliti mercati, si accinge a rimettere le mani nelle tasche degli italiani.
Che centra leuro con il pessimismo e con la crisi che non è finita? Centra, centra eccome! Perché leuro, oggi, lungi dallessere la moneta unica che ha unificato lEuropa, somiglia sempre più allo strumento con il quale una parte dellUnione Europea – la parte forte dellUnione della quale il nostro Paese non fa parte – sta provando a crescere a spese non della parte debole, ma di quella parte dellUnione che è stato deciso deve essere debole.
In questi giorni Affaitaliani.it – un autorevole quotidiano on line – pubblica un sondaggio sulleuro. La domanda che viene posta agli italiani è semplice: si stava meglio con la lira o con leuro? Ebbene, la stragrande maggioranza degli italiani è convinta che con la lira si stava molto meglio. E di questo ne siamo convinti anche noi. E sono francamente risibili gli appelli lanciati da autorevoli commentatori del nostro Paese, che ci magnificano le virtù delleuro, spiegandoci che senza lauro oggi saremmo rovinati.
Questi signori partono da un dato immaginario: cosa sarebbe lItalia se ci fosse ancora la lira. E ci spiegano che saremmo assolutamente rovinati. Guardandosi bene dallosservare due elementi che, invece, non sono immaginari, ma reali. Primo: che oggi, in Italia, siamo messi veramente male. Secondo: che con la lira stavamo molto meglio: cosa, questa, che, come già accennato, viene ribadita dalla maggioranza degli italiani.
Non sappiamo come finirà con leuro. Ma sappiamo come stanno andando le cose nel nostro Paese. Speriamo di sbagliarci. E ci auguriamo che il governo Monti, dopo aver creato – con la manovra di qualche settimana fa – le condizioni per una grave recessione economica, si occupi, adesso, di rilanciare leconomia del nostro Paese.
In questo scenario non possiamo non manifestare le preoccupazioni per il Sud – e quindi per la Sicilia – che del Mezzogiorno fa parte. Finora il governo Monti ha ignorato la questione meridionale. Che non ho trovato spazio nemmeno nel discorso di fine danno del Presidente della Repubblica, Napolitano.
Fino ad oggi, da Roma, con riferimento alla Sicilia, sono arrivati solo segnali negativi. Se è vero, come si sussurra, che limpugnativa del commissario dello Stato sulla famigerata legge di stabilizzazione del personale sia stata ispirata dalla Capitale, siamo veramente messi male. Questo giornale ha sempre criticato il tentativo, portato avanti dallattuale governo regionale retto da Raffaele Lombardo, di assumere nella pubblica amministrazione altri mille e 600 soggetti. Ma se, come già sottolineato, adesso è Roma a dire no a certe inveterate forme di clientelismo siciliano, significa che la Sicilia deve prepararsi a ricevere altri no ben più pesanti.
Significa, ad esempio, che, per questanno, non arriveranno i soliti soldi da Roma. Nellaprile dello scorso anno il bilancio della Sicilia 2011 è stato varato – peraltro tra mille difficoltà – solo perché il governo Berlusconi ha autorizzato lutilizzazione di 750 milioni di euro, a valere sul Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate), per le spese sanitarie. Senza questi soldi i conti della Regione siciliana sarebbero saltati.
Idem al Comune di Palermo, che è riuscito ad arrivare a fine anno grazie al quarto o quinto regalo dello stesso Berlusconi (non ricordiamo più se 40 o 50 milioni di euro presi sempre dal Fas). Soldi con i quali la giunta comunale presieduta da Diego Cammarata ha disposto, in buona parte, il pagamento delle retribuzioni allesercito di precari stabilizzati nelle società partecipate dal Comune (a cominciare dalle ex Municipalizzate).
Questanno, da Roma, non arriveranno regali né per la Regione, né per il Comune di Palermo. E, al di là dei problemi che ci saranno per la Regione e per il capoluogo dell’Isola, a farne le spese saranno i siciliani che, in un modo o nellaltro, verranno chiamati a fronteggiare – non sappiamo ancora in che termini – gli scenari economici e finanziari negativi che si vanno delineando.