La Tango-mania del gran capo di Zammù

Da BitLit, il blog di appunti su letterature, scritture, editoria e nuovi media di Rosa Maria Di Natale

 

Il self publishing balla il tango

 

Recentemente La Repubblica ha avviato il suo nuovo portale del self-publishing: il mio libro.it. Per molti è stato un vero sollievo, un’alternativa ai servizi di matrice straniera che per primi hanno popolato la rete. Qualcun altro grida al sacrilegio. Intanto, un giornalista di Catania, ottimo professionista e mio amico ha deciso di affidare il suo primo scritto proprio all’autopubblicazione. Qui ci racconta la sua esperienza.

 

Tango di qua e di là, seduzione a destra e a manca. Spot, mode e trasmissioni televisive. Ovunque il tango fa brodo. Mi sono chiesto, allora, perché non deve fare brodo anche il mio libricino?

 

Tangueria, in fondo l’ho scritto per gioco, scambiando e-mail dopo ogni lezione (di tango) con la mia amica Rosita Nicastro. Ma poi, lima di qua e di là, è venuto fuori questo volume che definire romanzo mi sembra pretenzioso. Però… l’ho fatto leggere, ho ricevuto preziosi consigli e incoraggiamenti lusinghieri da Marco Vespa e dalla mia amica Anna Pavone, da qualcun altro ancora, da qualcuno un po’ di indifferenza. A volte penso sia un argomento per fissati, ma in fondo è lo specchio della nostra umanità, del mondo in cui viviamo. Raccontato attraverso la vicenda di Lupiño Caruso, giornalista di gossip che si ritrova immerso nel mondo tanghero, con il compito di scriverne le “cronache rosa” tra pettegolezzi, contrapposte fazioni e tanta passione per il ballo argentino.

 

Però, un libro che ti rimane nel cassetto è un bambino che non vuole uscire dal ventre materno. E per uno che si ritrova per caso a fare l’aspirante scrittore (ma va, non prendiamoci troppo sul serio!) è la sofferenza più grande. Allora l’ho messo on line, un po’ per sperimentare un po’ per evitare di incappare ancora nei “grazie, ma non rientra nella nostra linea editoriale”, la risposta semiautomatica (come un’arma da fuoco) che ti colpisce ad ogni approccio con le case editrici, diciamo così, tradizionali. Allora perché non affidarsi al web? In fondo la cosa non stona, nel 2008, l’era delle community, del web 2.0, quello fatto dai contenuti della gente comune (e chi sono io, sennò?). A dirmi de ilmiolibro.it prima di tutto è stata una mia amica giornalista, che mastica di libri e librerie on line e siti di libri. Poi ho visto la martellante pubblicità su Repubblica e non ho resistito. 

 

In fondo, non costa nulla e mi sono lasciato vincere dal perverso piacere di vedere una copertina colorata e delle pagine (benché virtuali) accogliere il tuo lavoro, un torbido godimento sognato da chiunque tenga un manoscritto nel cassetto. Facile facile, eccoti il tuo libro. Così è fattibile. Anche perché il libro, almeno una copia, te la puoi fare recapitare a casa. 

 

Se non vendi, in fondo, che importa? Potrai dire a tuo figlio: ho fatto un libro. Nessuno ha investito una lira, se a qualcuno il tuo libro piace è tanto di guadagnato. E se devi fare una presentazione, la fai col libro virtuale: inviti, parli, racconti, poi se qualcuno vuol comprare il libro, prego, si accomodino signori, lascino la quota al librario, lui ordina le copie, vi arriveranno direttamente a casa. Potrebbe essere una rivoluzione. Se fosse così semplice… ma anche qui, l’importante è farsi conoscere. E allora, come sempre, la faccenda si complica. Scusate, adesso devo fare un po’ di mailing…

 

Per approdare a Gianluca Reale, Tangueria fai clic QUI

http://www.ilmiolibro.it/autore.asp?id=2608

 

– Leggi l’incipit di Tangueria

 

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[Da: Gianluca Reale, Tangueria, su www.ilmiolibro.it ]

 

Quattro secondi. Quei quattro secondi di abbraccio che la buona creanza tanguera impone di mantenere dopo la chiusa del pezzo, ché non è giusto mollare la donna come se fosse soltanto un oggetto da ballo. Quei quattro secondi bastano per dire molte cose. Anche quelle che meno t’aspetti.

«Caruso devo farti i miei complimenti».

«Davvero Rosa? Ho ballato bene? Miglioro»?

«Ma che c’entra il ballo. Per l’articolo! Il tuo pezzo sulla storia tra la moglie dell’avvocato Vacirca e il suo compagno di lezioni di tango… quei due che ballano come due rinoceronti ma che a letto evidentemente… ha fatto sfracelli. Abbiamo venduto duemila copie in più. Quindi continuiamo a battere su questo tasto. Pettegolezzo. Senza pietà. Avrai una rubrica tutta tua. Cronache Tanguere».

«Scherzi»?

«Lo sai che scherzo su tutto. Tranne che sul lavoro».

«Parli sul serio, allora? Sei seria»?

«Beh, questa gente merita un po’ di spietata ironia, ché sennò si prendono troppo sul serio. O no? Datti da fare. Voglio le cronache delle milonghe, gli inciuci, le dicerie, i fatti e pure i misfatti», aggiunge Rosa Zelig ancora nell’abbbraccio, quasi sussurrando nell’orecchio del suo partner.

 

Quattro lunghissimi incredibili secondi, o giù di lì, alla fine della milonga con la frusta, El Esquinazo versione Francisco Canaro: tàta ta-tà tà tà.

La direttrice di “Rosa Tremila” ha scelto uno strano momento per affidare l’incarico di raccontare il tango in questa città di provincia del profondo Sud. Nonostante l’insolita situazione, a Lupiño Caruso si accende una luce negli occhi. Sarà quel soffio che gli solletica il padiglione auricolare, sarà l’adrenalina che immediatamente fa capolino, l’idea lo intriga subito.(«Porca miseria, è la mia occasione. Direttore era ora! Una rubrica tutta mia, dopo tutti i sacrifici…»).

Ma non l’avrebbe mai detto che la sua “promozione” sarebbe stata proprio il tango. In quei quattro secondi Lupiño rimane di sale. Tàta ta-tà tà tà. Colpito.

 

Intorno, le coppie girano in pista. Lupiño scruta già possibili scoop, ma si sente come se nessuno potesse vederlo. Isolato nella balera. Tutti che gli ballano intorno, bravi, campioni, principianti, stile cerrado, stile abierto, stile canicafui. E lui lì, già con la Staedler in mano pronto a folgorarli.

 

«La mia penna vi colpirà tangueri». «Anzi, ci colpirà». Perché Lupiño, anche nel suo momento di astrazione, non può più pensare al tango senza se stesso dentro. Il tango – glielo avevano detto tutti – ti prende, ti rapisce, ti rincoglionisce. E tu lo odi perché ti senti un incapace, lo ami perché non puoi farne più a meno.


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