Cantieri navali, Regione promette nuovi investimenti Cgil: «Serve una visione per tornare a costruire navi»

Da un lato le speranze dei lavoratori e sindacati che da anni attendono un rilancio dei cantieri navali di Palermo. Dall’altra l’azienda, le istituzioni, Regione e Stato, cariche di promesse. La sensazione, però, è che il sogno di vedere produrre nuovamente navi nel capoluogo rimanga ancora tale. Nell’attuale proposta aziendale di Fincantieri, infatti, non è prevista «una missione produttiva per lo stabilimento del capoluogo siciliano, ad eccezione delle riparazioni da fare assieme ad altri cantieri del gruppo». L’accusa parte dalla Cgil Fiom che oggi ha organizzato un incontro dal titolo Parla il Cantiere. Investimenti e lavoro per il futuro di Palermo, all’Arsenale Marina Regia, per accendere i riflettori su quella che definisce, senza giri di parole, una «vertenza strategica» per la città di un’azienda che ad oggi impiega 421 dipendenti diretti e oltre 700 nell’indotto.

E lo ha fatto invitando a sedersi allo stesso tavolo tutti gli attori, istituzionali e non, che giocano un ruolo fondamentale in questa vicenda, a partire dall’azienda a cui i sindacati rivolgono l’accusa principale: «la mancanza di una visione». Per il sindacato, infatti, Fincantieri, in mancanza di una politica di investimenti, «ha via via assegnato allo stabilimento palermitano lavorazioni minori, di poche ore, a malapena sufficienti a garantire i dipendenti Fincantieri, mentre l’indotto è andato avanti a forza di ammortizzatori sociali». Ma le responsabilità, sarebbero da ascrivere anche ad una politica, regionale e nazionale, «incapace di produrre investimenti per nuove infrastrutture di vitale importanza, che renderebbero competitivo il cantiere».

Presenti il delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, il presidente dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale Pasqualino Monti, il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo, il segretario nazionale Cgil Maurizio Landini e il sottosegretario alle Infrastrutture e ai trasporti Edoardo Rixi. Tanti i progetti in cantiere e le visioni di sviluppo, ma il dato essenziale da cui partire sono le dotazioni infrastrutturali, oggi tra i nodi ancora da sciogliere. Perché attualmente le lavorazioni avvengono solo all’interno del bacino di 400mila tonnellate, mentre restano fuori uso dal 2008 gli altri due, quello da 19mila tonnellate e quello da 52mila tonnellate (entrambi di proprietà della Regione siciliana).

Rimasti per lungo tempo in stato di abbandono, da tempo è stata avviata una interlocuzione con la Regione per rimetterli in funzione. Senza dimenticare il finanziamento da parte dello Stato per il completamento del bacino da 150 milatonnellate di proprietà dell’Autorità portuale di Palermo, iniziato nel 1982, per il quale solo a seguito delle iniziative di lotta sono stati eseguiti lavori di bonifica e di consolidamento. Due anni fa, per il bacino, il ministro Del Rio e il sottosegretario Faraone avevano promesso, annunciandolo in una visita allo stabilimento palermitano, uno stanziamento da 80 milioni di euro tramite la stipula di un accordo di programma che doveva essere ratificato tra il ministero delle Infrastrutture e la Regione siciliana, «ma l’accordo non è mai stato sottoscritto».

«Questa è una vertenza strategica perché noi vogliamo che nel cantiere navale di Palermo si torni a costruire – ha ribadito Campo – Non è possibile, infatti, che qui si facciano solo riparazioni o che si realizzino pezzi di navi, che poi vengono trasportati nei cantieri del Nord Italia». Per Campo, quindi, è fondamentale che il governo nazionale completi il bacino da 150mila, mentre la Regione siciliana «dovrebbe portare a termine la ristrutturazione del bacino da 50mila tonnellate per innalzare la capienza a 80-90 mila tonnellate e consentire la riparazione delle piattaforme offshore oppure la loro costruzione». A fargli eco anche Landini per il quale «Fincantieri e la portualità in generale sono sia, per uno sviluppo industriale sia per uno turistico di una terra come la Sicilia, attività decisive e noi oggi vogliamo, insieme a tutti gli attori coinvolti, fare in modo che ci sia assuma degli impegni precisi perché servono investimenti: servono atti concreti e serve avere finalmente una visione di sistema». 

Di fronte a queste richieste, tuttavia, la sensazione è che si giochi allo scarica barile. Per Bono, infatti, «i sindacati sono sempre bravi a chiedere», e per risolvere i problemi chiede l’impegno di tutti. «Sono 20 anni che sappiamo cosa bisogna fare – ha aggiunto piccato – ora bisogna partire. In questi anni abbiamo mantenuto in piedi l’azienda, ma lo sviluppo dipende dalle infrastrutture che non ci sono». La palla passa al sottosegretario Rixi che rivela come allo studio ci sia «un accordo di programma per individuare le priorità del porto di Palermo e, soprattutto, per responsabilizzare a livello nazionale gli investimenti sulle infrastrutture portuali nel capoluogo siciliano come in altri scali. È chiaro che il governo è partito meno di un mese fa – ha aggiunto – sono sottosegretario da circa dieci giorni, ma il fatto che oggi siamo qui presenti, serve proprio per testimoniare che secondo noi l’economia siciliana deve tornare a guardare il mare con speranza». 

L’unico segnale tangibile sembra arrivare dalla Regione che annuncia una riunione operativa per il 25 luglio sui Cantieri Navali. «Nessuno vuole aprire vertenze e siamo pronti a raccogliere la sfida che per un rilancio della cantieristica navale»  ha spiegato l’assessore regionale alle Attività produttive Mimmo Turano, che poi ha concluso: «La proposta di delibera per l’allocazione delle risorse per l’ammodernamento dei due bacini da 19mila e 52mila tonnellate, circa 50 milioni di euro, è già in giunta e dovrebbe essere approvata prima della pausa estiva». 


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