Cinisi, 40 anni fa l’omicidio di Peppino Impastato «A Carnevale le scuole restano chiuse, oggi no»

«La storia di Peppino è una storia costruita in tutti questi 40 anni. Da soli non si fa niente, solo insieme possiamo fare qualcosa». Così i compagni del militante ucciso il 9 maggio ’78. Lo dicono nel luogo dove i killer mandati da Badalamenti lo hanno ucciso, in quel casolare di contrada Feudo, via che oggi ha per nome quella data di 40 anni fa, che costeggia le piste dell’aeroporto Punta Raisi da un lato e i binari della ferrovia dall’altro. Davanti a loro, come ogni anno ormai in questa occasione, c’è una marea umana di studenti, di ragazzi arrivati da ogni parte, dalla Toscana, dal Lazio, da Palermo, che imperterriti sfidano il sole cocente di maggio e gridano cori col pugno alzata al cielo: «Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le sue idee non moriranno mai». Si sollevano dialetti e inflessioni diverse, ci sono tutti insomma. Tranne Cinisi. È la grande assente di questa mattina, i suoi studenti non ci sono.

Con una comunicazione verbale nei giorni scorsi si comunicava agli alunni la non obbligatorietà per gli alunni di prendere parte alle iniziative di oggi. Le maestre ad esempio, recitava ancora la comunicazione, non sarebbero state presenti. E così è stato. Ci sono state mamme che però di questo messaggio condividono ben poco. «Anche quest’anno a 40 anni dalla morte di Peppino Impastato arriva comunicazione verbale da parte della scuola elementare della manifestazione di commemorazione del 9 maggio e nello specifico si tiene a evidenziare la non obbligatorietà alla partecipazione dei bambini, si tiene a ribadire la non partecipazione degli insegnanti, si tiene a ribadire che la scuola non è parte attiva dell’evento. Nel programma delle quinte quest’anno hanno discusso in modo molto approfondito di mafia, di Falcone e Borsellino, di don Pino Puglisi. Mi viene da chiedere allora perché? Perché se ne discute e poi non si fa nulla per far sì che i nostri figli abbiano una reale esperienza di antimafia? Mi viene in mente come al contrario si fa tanto per coinvolgere nelle manifestazioni pomeridiane carnevalesche tutti i plessi scolastici con la partecipazione attiva delle insegnanti. A queste domande una sola risposta riesco a dare. Cinisi è un paese di maschere, di Pulcinella e Arlecchino», scrive Lisa Cardinale su Facebook, rivolgendosi soprattutto ai suoi concittadini.

«Questa è una cosa che si ripete anno per anno. Da quello che so, alle scuole medie i ragazzi sono un po’ più sollecitati, ma credo che fare antimafia significhi educare fin da piccoli a ciò che ci circonda», aggiunge a MeridioNews. Ma anche la scuola media Giovanni Meli, però, questa mattina al casolare non si è vista. «Voglio essere propositiva, mi auguro che siano oggi al corteo – dice Luisa Impastato, nipote di Peppino -. Per noi questa purtroppo non è una novità, Peppino Impastato è riconosciuto da scuole di tutta Italia, è una grande amarezza non avere una rappresentanza delle scuole di Cinisi. Anche se abbiamo iniziato una collaborazione con loro, voglio essere fiduciosa, quindi, vediamo cosa ne uscirà fuori».

Cinisi a parte, però, la mattina è stata scandita da entusiasmo e partecipazione e i protagonisti sono stati soprattutto i giovanissimi. Come Lorena, liceale di Catania: «Sono qui oggi perché la mia scuola ha partecipato al concorso indetto per l’occasione. Abbiamo vinto realizzando uno storytelling dedicato a un quartiere difficile della città, Librino – spiega -. Abbiamo cercato di raccontarne i problemi, le criticità. Non significa che se i quartieri sono distanti geograficamente da noi o socialmente e culturalmente, non ci riguardino. Anzi. E portare tutto questo qui oggi è particolarmente importante, perché significa non dimenticare. Significa lottare per esistere. E per non essere omertosi bisogna anzitutto partecipare perché storie come questa ci riguardano tutti, soprattutto noi ragazzi».

Ma non tutti sono dello stesso avviso. C’è tra gli studenti qualcuno per cui ricordare e combattere non significa per forza partecipare a raduni, incontri e manifestazioni organizzate ad hoc. «Io onestamente oggi non volevo venire, e anche ora che sono qui e vedo tutta questa confusione, penso che sarei dovuto restare a casa – dice Claudio della scuola media Pecoraro di Palermo -. Ma è anche vero che è importante che ci siano questi raduni, per dimostrare che il combattimento contro la mafia non è finito. Io però non volevo venire perché ho pensato che passerò 18 ore fuori, non imparerò niente. Tanti valeva restare a casa».

Tra studenti, compagni, amici storici e cittadini, presenza immancabile anche quella di don Luigi Ciotti: «Non so quanta gente presente qui oggi venga da Cinisi. È un appuntamento importante, vedremo anche più tardi quanta gente cammina con noi. Ma attenzione, non fermiamoci ai numeri, potrebbero ingannare. Peppino continua a parlare, la nostra deve essere una memoria viva, che si deve tradurre in responsabilità e impegno, ma non solo oggi, tutti i giorni, se no diventano solo degli eventi, delle cerimonie. Lo spirito dell’essere qui invece è proprio perché vogliamo smuovere coscienze e assumerci delle responsabilità. Tradurre le parole in fatti e non abbassare mai la testa di fronte alla mafia e alle i giustiziere, alzando anzi la testa come faceva Peppino parlando con dissacrante ironia dalla sua radio». 

Ma Peppino oggi dà ancora così tanto fastidio? E perché? «Non è che dia fastidio, siamo noi che dobbiamo graffiare di più le nostre coscienze e fare la nostra parte. Le mafie sono profondamente cambiate, uccidono di meno, ma ci sono più morti vivi, perché mafie è corruzione ci impoveriscono tutti, non si uccide solo con le armi ma con l’assenza di quei servizi e quell’attenzione che in realtà sono fondamentali».


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