Ma cu tu fici fari, ecco la Palermo vista dagli altri Lei romagnola, lui dagli Usa: «Caos che stimola»

Lei è un’artista e insegnante d’arte colta e cosmopolita, origini romagnole e gambe buone per girare il mondo; lui è un producer e tour manager di successo che ha accompagnato band famosissime ad ogni angolo del globo, e ha un passaporto americano. Hanno viaggiato molto prima di incontrarsi e vissuto in diverse parti del mondo ma al momento di mettere su famiglia hanno scelto Palermo. Una scelta curiosa che ha a che fare con un’idea di vivibilità e di città che si sposa bene con la Palermo più mediterranea e multiculturale che c’è, quella del centro storico.

Darrel e Stefania arrivano in città dieci anni fa e quello che li fa innamorare è l’assenza di tante cose che hanno cominciato ad immaginare di poter costruire insieme. «Ci piaceva molto il fatto che ci fossero tanti buchi e tante cose da disegnare – ci racconta Stefania Galegati -, io sono arrivata qui nel 2007 per una mostra residenza. Poi Darrel mi ha raggiunto, siamo stati qui per due settimane e ci siamo innamorati della città. Io ero incinta al sesto mese, abbiamo deciso di partorire da me in Romagna e tornare con nostra figlia in fasce. Vedevamo delle prospettive in questa città, io ho cominciato a lavorare con Francesco Pantaleone, qualcuno aveva proposto a Darrel di occuparsi di un festival di jazz, quindi abbiamo visto delle opportunità, ma sapevamo che non sarebbe stato facile».

Dieci anni a Palermo e una famiglia che cresce, dopo pochi anni arriva un secondo figlio che decidono di far nascere qui. «Per i bambini Palermo è un posto bellissimo dove crescere, – racconta Stefania- perché è una città piena di stimoli che ti fanno crescere bene, trovo tutto molto semplice seppur nel suo caos immenso. Se, come un bambino, non devi occuparti del problema di come fare soldi, Palermo è un paradiso». Due anni fa la giovane coppia decide di aprire un locale che è un punto di riferimento per la musica e l’arte in città. Il suo nome è “Caffè Internazionale”: i sacrifici sono tanti e la città non sempre risponde positivamente a questo genere d’iniziative. 

«Nel momento in cui vuoi lavorare con la città ti trovi davanti a tante difficoltà – aggiunge ancora la donna -, i ragazzi a volte non hanno i soldi per uscire e bersi una birra. E allora è difficile avere un locale, magari a Milano con un locale del genere avremmo avuto meno difficoltà economiche. Questo progetto è nato dalla necessità di entrambi di fare le cose che ci interessano, dalla ricerca alla produzione, l’idea era di supportare tutto con il guadagno del bar ma in realtà non è così semplice. Non so se tornando indietro sceglierei di nuovo Palermo per lavorare, ma è una città che amo molto, e adesso che sono arrivata quasi alla fine di un lungo percorso ad ostacoli non voglio mollare»

«Caffè internazionale è uno spazio artistico curato da mia moglie e c’è anche una parte destinata alla musica e i concerti – racconta Darrell Shines, musicista, producer e tour manager nato e cresciuto a san Francisco ma cittadino del mondo per natura – Ma questo non è un buon momento per l’imprenditoria culturale a Palermo, secondo me. Non sono molto soddisfatto di come stanno andando gli affari qui. Forse quello che proponiamo è un concetto diverso da quello che i palermitani sono abituati a fare. Qui si vive molto la piazza e per me è stupendo ma in piazza non puoi guardare una mostra o assistere ad un concerto, questo per me è strano ma lo rispetto».

Difficoltà imprenditoriali che non scalfiscono però la volontà di restare qui, è strano come questa città possa insegnare la tenacia anche a chi avrebbe mezzi e possibilità per mollare tutto e scegliere un altro posto dove vivere con meno difficoltà. «Sono certo però che anche se chiudessi questo posto rimarrei qui – ammette candidamente Darrell -. Amo Palermo, mi ricorda la San Francisco di quando ero piccolo, sono cresciuto in quartiere multietnico dove c’erano anche un sacco di italiani ma anche immigrati da tutte le parti del mondo, e si cresceva tutti insieme. A Ballarò vedo lo stesso modo di vivere, e trovo anche gay, etero, trans e nessuno ci fa caso, perché la diversità è una cosa normale, Palermo da questo punto di vita è unica: penso sia una tendenza in crescita, anche se la osservo più in centro storico che in altre parti della città».

Palermo sembra dunque il posto perfetto per far crescere una famiglia colta, cosmopolita e multiculturale, un luogo che non smette di affascinare anche per la possibilità di nuove idee imprenditoriali nonostante qualche difficoltà. «Vedo tante possibilità e opportunità qui, però i palermitani dovrebbero saperle sfruttare meglio – rimprovera Darrell -. Quello che cambierei di questa città è lo spirito poco collettivistico della gente, credo manchi una vera e propria energia collettiva, eppure non riesco a stare lontano da questo posto per due settimane e ogni volta che vado via ho sempre voglia di tornare».


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