World Press Photo, a settembre in città il vincitore Mamo e lo scatto «dall’ospedale di tutte le guerre»

«Ho ricevuto la notizia della vittoria il 14 febbraio. Ed ero proprio a Palermo, stavo fotografando Salvini nei pressi del Politeama. Ho cominciato a ricevere i primi messaggi di congratulazioni, e allora ho realizzato che avevo vinto il World Press Photo, il più importante premio di fotogiornalismo al mondo. Così ho mandato a cagare il lavoro e ho preso a vagare per la città, tra telefonate e congratulazioni. Mi ricordo bene quel giorno, pioveva, e se ci penso bene neanche ora riesco del tutto a realizzare, è stato abbastanza inaspettato e scioccante». Alessio Mamo è il fotografo freelance che si è aggiudicato il secondo posto per la categoria People: unico siciliano in gara, nato a Catania, sarà presente nuovamente nel capoluogo siciliano a settembre, in occasione della seconda edizione di World Press Photo che si terrà di nuovo nella splendida cornice di Palazzo Bonocore.

Saranno 135 gli scatti in mostra nelle sale di Palazzo Bonocore che lo scorso anno ha già accolto più di 10mila visitatori. Palermo è tra le 100 località scelte in 45 paesi di tutto il mondo per una mostra vista ogni anno da oltre quattro milioni di persone. «Nell’anno in cui Palermo è Capitale Italiana della Cultura per noi è un onore esserci con la mostra di fotogiornalismo più importante al mondo – spiega Vito Cramarossa, presidente di Cime -. È una città dal raffinatissimo tatto culturale e lo scorso anno ha accolto il World Press Photo in un modo inaspettato. La cultura è la lente d’ingrandimento di una società e la fotografia è il modo più immediato per raccontare il mondo senza troppi giri di parole. Avere in mostra anche lo scatto di Alessio Mamo, l’unico siciliano ad aver vinto, non può che essere per l’Isola motivo di orgoglio».

E orgoglio è non a caso anche la parola che utilizza Mamo per descrivere la foto che gli ha consentito la vittoria: il freelance catanese ha immortalato Manal, una bambina di 11 anni sfigurata in viso dall’esplosione di un missile a Kirkuk, in Iraq, lo scorso luglio. Dopo molte operazioni di chirurgia plastica ricostruttiva, Manal è stata costretta ad indossare una maschera per diverse ore al giorno, principalmente per proteggere la pelle dalla luce. «Il contesto della foto era questo ospedale di Medici Senza Frontieri in Giordania – racconta Mamo -. Viene chiamato l’ospedale di tutte le guerre,perchè cura i feriti di tutte le guerre dei paesi vicini, dalla Palestina a Iraq. E le richieste sono tante perchè sono tanti i conflitti in quella parte del mondo, ma l’ospedale ha soltanto  200 posti letto che sono assolutamente insufficienti. Tanto che si deve fare una selezione dei più gravi, ce ne vorrebbero almeno dieci di ospedali del genere». 

Specie dopo l’intervento Usa in Siria (con la collaborazione di Gran Bretagna e Francia), che rischia di far deflagrare nuovamente una terra già martoriata da sette anni di ininterrotti conflitti. La Giordania infatti «confina a nord con la Siria», spiega Mamo, che in questi giorni sta organizzando i preparativi per il suo prossimo viaggio in Iraq. «Ovviamente tornerò in questo ospedale, ci sono andato già cinque volte, nulla di strano che troverò anche chi ha subito attacchi in queste ore. E’ terribile, ma almeno c’è chi almeno chi prova ad arginare la follia della guerra». 

Mamo partirà insieme alla giornalista palermitana Marta Bellingreri, per un lavoro sulle corti arabe che giudicano presunti militanti Isis. Ma nelle intenzioni del fotografo, oltre al ritorno in Giordania e all’ospedale di Mdf, c’è anche un altro possibile reincontro. «Cercherò di trovare Manal – confessa -, grazie al supporto di Msf che è in contatto con tutti i loro pazienti. So che la bambina si trova oggi in Iraq, a Kirkuk, e tramite i dottori sto provando a capire se sarà possibile vederla nuovamente, per sapere come sta». 

Una vita in viaggio, insomma, quella di Alessio Mamo. Un siciliano poco di scoglio e molto di mare aperto. Ma non è stato sempre così. «Sono laureato in chimica, ho lavorato come ricercatore per un’azienda catanese che nel 2009 è andata in crisi. Io già da prima viaggiavo con la macchina fotografica ma senza grosse pretese. Quando però ho perso il lavoro ho pensato che questa passione potesse diventare qualcos’altro». 

Così Alessio comincia una vita da freelance: contatta agenzie e fotoeditor, conosce colleghi e frequenta festival, amplia il giro dei contatti. E’ la necessaria gavetta che lo porta nel 2011 alla prima pubblicazione, poi di lì a breve la prima copertina per L’Espresso (nel 2013, uno scatto a Beppe Grillo) e i primi viaggi in Medioriente. Cosa ha funzionato per lui? Certamente la bravura, ma questa a volte può non bastare in un mondo molto competitivo, e super inflazionato, come quello della fotografia. «Sono tante le varianti, ma essere siciliano e fare base in Sicilia funziona, soprattutto all’inizio per me è stato un vantaggio. Qui d’altra parte c’è per così dire un terreno fertile, tra migrazioni e mafia siamo abbastanza seguiti – continua il freelance -. Certo, spesso si tratta di progetti autofinanziati, io non ho un giornale alle spalle: anche su questo ultimo viaggio in Iraq, ad esempio, io intanto vado a mie spese e a mio rischio e provo a piazzare poi le storie che raccolgo».


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