Mafia, la nostalgia per Riina e i padrini palermitani «Con lui era diverso, senza il bastone finisce tutto»

«Quando c’era Totò…la cosa era differente. Quando manca in un paese il bastone, finiscono tutte cose..». Lo dice quasi con nostalgia Giuseppe Luciano Spoto, il 78enne di Bivona arrestato con l’operazione scattata la scorsa notte e che ha decapitato i mandamenti dell’Agrigentino. «Questi non ne conoscono cose, niente conoscono», gli fa eco Giuseppe Nugara, anche lui finito nel vortice del blitz, «Quello era il migliore», aggiunge Spoto. L’indagine, iniziata alla fine del 2013, ha portato alla luce i fitti rapporti che i presunti esponenti delle famiglie appena smantellate avevano anche con altri territori, incluso quello di Palermo. Tutte ritenute componenti del cosiddetto mandamento della Montagna e che per ragioni soprattutto di vicinanza geografica avevano legami con i reggenti del mandamento di Polizzi Generosa-Castellana Sicula e di San Mauro Castelverde. Un Comune, quest’ultimo, già colpito dall’operazione antimafia Black cat.

Il mandamento della Montagna «si estende anche in provincia di Messina», per usare le parole del collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè: «In provincia di Palermo il mandamento è stato suddiviso in quattro zone, in ciascuna delle quali risiedono più famiglie mafiose; ciascuna zona ha un proprio territorio ben definito e la particolarità è costituita dal fatto che il capo di una determinata famiglia, ritenuto degno di fiducia dal capo del mandamento di San Mauro Castelverde, oltre a essere il rappresentante del Comune di diretta competenza della sua famiglia, ha anche una posizione di superiorità e di controllo su tutto il territorio delle famiglie ricadenti nella sua zona di influenza». Le quattro zone di influenza a cui si riferisce il pentito non sono che San Mauro Castelverde, Collesano, Polizzi Generosa e Gangi.

«La provincia di Agrigento è più seria, i palermitani sono come sono, le persone che c’erano – insiste Spoto – Di palermitani ce n’era una decina affidabili… non ci sono più, sono quello che sono… io posso arrivare a Corleone che sono ancora persone con la testa sulle spalle. Persone che ti dicono una cosa ed è una cosa!», continua intanto il 78enne intercettato, piuttosto critico nei confronti dei sodali palermitani odierni, che secondo lui avrebbero fatto quasi un passo indietro. Ed è proprio con i corleonesi, però, che sembrerebbero restare in piedi i contatti principali col Palermitano. A emergere dalle intercettazioni, infatti, è per esempio la necessità di organizzare delle riunioni con gli esponenti del versante corleonese per discutere, tra le altre cose, anche della questione relativa alla discarica di rifiuti speciali di Chiusa Sclafani, gestita proprio da una società favarese. E il ricordo corre veloce, e con una punta di rimpianto, al passato.


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