Ginecologo accusato di abusi, oggi l’interrogatorio «Nessun sequestro del cellulare usato per registrare»

Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha preferito optare per questa strategia difensiva, per il momento, Biagio Adile, primario del reparto di Uroginecologia dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, sospeso dal suo incarico dopo la denuncia di una 28enne di origini tunisine, che lo accusa di aver abusato di lei. Due le occasioni: una prima volta sarebbe accaduto nel suo studio di via Veneto, il secondo invece nell’ambulatorio dell’ente pubblico, a distanza di mesi. È in questo secondo momento che la giovane paziente avrebbe registrato gli abusi subiti con il suo cellulare. Il ginecologo, al momento posto agli arresti domiciliari, non ha risposto alle domande della gip Maria Cristina Sala.

«Presenteremo istanza di riesame per quanto riguarda il provvedimento cautelare. E raccoglieremo elementi in questi giorni per dimostrare l’innocenza del nostro assistito», commenta l’avvocato Andrea Treppiedi, che rappresenta il primario insieme all’avvocato Antonino Agnello. «Dalle registrazioni che noi abbiamo ascoltato, comunque, non emergono elementi di colpevolezza a carico del dottore Adile – prosegue il legale – In tutto questo inoltre, e noi lo troviamo strano, non è stato disposto nessun sequestro dell’apparecchio mobile, cosa che pregiudica il nostro diritto alla difesa. Non siamo stati messi in grado di analizzare questo telefono con cui la persona offesa avrebbe fatto queste registrazioni e anche delle telefonate».

Significa che tuttora il cellulare della 28enne rimane in mano alla legittima proprietaria. «In questo modo non possiamo analizzare nulla e né verificare per quali comunicazioni è stato usato, come sono stati estratti i file, insomma tutte le operazioni che noi avremmo già dovuto fare a tutela del diritto alla difesa», conclude l’avvocato Treppiedi. Intanto, la vicenda ha suscitato già un notevole brusìo mediatico e non si sono fatti attendere attestati di solidarietà. «Questo caso è particolarmente grave. La ragazza aveva lasciato la Tunisia ed era arrivata nel nostro Paese proprio per trovare rimedi più efficaci, in uno stato quindi di necessità», scrivono in una nota i membri del Coordinamento antiviolenza 21 luglio, tirando in ballo i gravi problemi ginecologici della 28enne, che nel paese di origine avrebbe già subito tredici interventi chirurgici senza ottenere miglioramenti, e di essersi per questa ragione rivolta a Biagio Adile.

«Dopo la vicenda di Asia Argento, drammaticamente simile, quante di queste sconcertanti verità scopriremo ancora? – insiste il Coordinamento – Il dato positivo è che si comincia a uscire dal silenzio. Quello negativo è che si rischia di essere naturalmente vittime due volte. Di chi ha di fatto agito la violenza e dello spietato linciaggio operato dai media e a volte nei tribunali. Riteniamo infatti che la dinamica probatoria debba tenere presente ogni elemento e guardare ai fatti, non ai giudizi morali». Sono tutti i soggetti coinvolti nella vicenda quindi, sia le presunte vittime sia i presunti carnefici, che dovranno, attraverso il normale iter giudiziario dimostrare la loro innocenza o meno. «Siamo quindi di fronte a una enorme questione maschile, transnazionale, che va nominata e affrontata con strumenti adeguati. Dispiace constatare che, a fronte del numero crescente di donne che hanno il coraggio di denunciare, ancora troppi pochi uomini hanno iniziato a interrogarsi e a prendere la parola sulla sessualità maschile», conclude il Coordinamento. 


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