Via Maqueda, edificio sgomberato rioccupato da famiglie Mattina: «Se loro non collaborano non possiamo aiutarli»

Prosegue l’odissea per le famiglie sgomberate giovedì scorso da palazzo Grassellini, in via Maqueda a Palermo. Dopo essere rimaste accampate per alcuni giorni in piazza Pretoria, una decina di nuclei familiari «con minori e disabili» ieri mattina hanno rioccupato lo stesso edificio e si sono barricati dentro. Si tratta di una vicenda che si trascina da mesi, da quando all’inizio dell’anno l’immobile di proprietà dell’Opera Pia è stato sequestrato in via cautelativa perché i tecnici hanno riscontrato il rischio di un cedimento del solaio, come racconta Nino Rocca del Comitato di lotta per la casa 12 luglio.

«Queste famiglie avevano ricevuto sei mesi fa l’ennesimo avviso, perché l’immobile è in condizioni precarie, soprattutto l’ultimo piano – afferma Rocca da sempre in prima linea a fronteggiare l’emergenza casa in città – Giovedì scorso sono state sfrattate con un’operazione di sgombero coatto e una decina di loro sono andate a Palazzo delle Aquile. Grazie alla nostra mediazione, hanno incontrato l’assessore alla Cittadinanza sociale Giuseppe Mattina per il quale un mese fa queste famiglie sono state censite ed è risultato che alcune di loro non avevano diritto a una alloggio perché superavano il reddito massimo previsto dalla legge. Abbiamo fatto notare che non è facile censire queste famiglie e che parecchie di loro non hanno alcun reddito: oggi l’assessore dovrebbe farci sapere qualcosa, ma è inutile sgomberarli una seconda volta, così giochiamo a guardie e ladri».

Secondo Rocca, in questi ultimi anni le famiglie che a Palermo hanno occupato un bene abbandonato sarebbero più di 650 e, se a queste si aggiungono quelle indigenti che non riescono più a pagare l’affitto, appare chiara la gravità della situazione: «Siamo in piena emergenza e l’amministrazione dovrebbe mettere in campo un piano serio, affittando appartamenti alle situazioni più gravi che in città ormai sono un dato cronicizzato. Chiediamo che si affrontino questi temi non con i tempi dell’accompagnamento che richiederebbero periodi troppo lunghi, ma con interventi immediati». 

Mattina, contattato da MeridioNews, ha spiegato che «nei mesi precedenti, i servizi sociali hanno provato ad attivare per queste famiglie dei progetti di fuoriuscita perché il Comune non ha attualmente degli immobili da assegnare. Sicuramente alcune di questi nuclei sono in graduatoria per l’assegnazione di un alloggio, ma non in un posto utile per ottenerlo in emergenza. In questi mesi il coordinamento dei sevizi sociali ha cercato di attivare dei progetti di accompagnamento, ma per ciò che mi risulta nessuna ha voluto partecipare. Sono rimasto sempre in contatto con loro e oggi dobbiamo risentirci, ma se la richiesta sarà ‘servono duemila case per rispondere all’emergenza abitativa’, il Comune non potrà fare nulla perché, anche se volesse, si devono rispettare le graduatorie ordinarie come previsto dalla legge. Se lo vorranno, da parte nostra c’è tutta la disponibilità a un progetto di accompagnamento all’autonomia ma, se non collaborano, non abbiamo nessuna possibilità di intervento».


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