Elezioni, Orlando resta al comando: l’analisi del voto Fiducia nel Professore e fragilità dei suoi avversari 

Orlando le elezioni le sa gestire e le sa anche vincere. Un dato che non sorprende, considerati i quattro mandati precedenti, ma la sua vittoria al primo turno sì. Pecche altrui o virtù del vincitore? Entrambe le cose hanno contribuito a riportarlo saldamente sulla poltrona di primo cittadino. Se da un lato la bassa affluenza testimonia una battuta d’arresto del voto di protesta, dall’altra parte sono diversi i fattori che hanno prodotto questo risultato elettorale. «Il primo dato che salta certamente all’occhio è quello dell’affluenza – spiega Giancarlo Minaldi, palermitano, docente di Scienza politica alla UniKore di Enna – perché ci dice non soltanto che la mobilitazione individualistica del consenso ha una presa certamente inferiore rispetto al passato, ma ci dice anche che il voto di protesta si sgonfia». Nelle passate consultazioni elettorali «c’è stato un imponente flusso proveniente anche dai partiti del centrodestra storicamente soliti alla mobilitazione individualistica – ripercorre il docente – che andava verso il Movimento cinque stelle. Questa volta, anche se ancora non conosciamo l’analisi esatta dei flussi, mi pare che sia certamente inferiore verso i Cinque stelle, cosa che spiega anche l’affluenza così bassa e in parte anche il risultato davvero sorprendente ottenuto da Leoluca Orlando al primo turno, che di fatto raggiunge quasi la stessa percentuale del 2012».

Ci si chiede quindi cosa abbia spinto i cittadini a dare fiducia di nuovo allo storico sindaco che pure negli anni è passato attraverso numerose contestazioni, soprattutto sul fronte dei cantieri e della mobilità: Ztl e tram in testa. «C’è la consapevolezza che Orlando conosce profondamente Palermo e ha fatto per questa città più di chiunque altro – afferma Minaldi -.  Si dice sempre che è lì da troppo tempo, ma la fiducia rimane tendenzialmente immutata». Ma non è stato soltanto questo a riportarlo di nuovo alla guida della città. «Dall’altra parte dobbiamo dire che il competitor principale ha perso credibilità accettando il patto di coalizione con i partiti del vecchio centrodestra – aggiunge –  A questo punto alcuni risultati di questa amministrazione sono emersi in modo imponente».

Ma non è stato solo Ferrandelli ad avere commesso errori, anche «il M5s non ha saputo in nessun modo capitalizzare il consenso – dice Minaldi  – credo principalmente a causa del fatto che aveva un candidato piuttosto debole. Questo però è un fenomeno che sembra riscontrarsi anche in altre aree. È come se il Movimento Cinque Stelle stia assumendo progressivamente il volto di un partito personale o personalizzato». Il docente spiega poi più nel dettaglio: «Al livello nazionale il M5s si identifica sempre di più con leader come Di Battista, Di Maio, Fico; i quali, da quello che ci raccontano i sondaggi, riescono a capitalizzare consenso. A livello amministrativo forse gli insuccessi romani qualche effetto lo stanno producendo, in parte anche quelli della Appendino a Torino. Sta passando un po’ la retorica che il  M5s ha difficoltà nell’amministrare le città e si riconosce la competenza politica a chi ha già amministrato. La storia cittadina del M5s negli ultimi mesi, inoltre, è stata piuttosto travagliata». 

Un capitolo a parte riguarda i ragionamenti che sono stati fatti a livello locale su centrodestra e centrosinistra, che secondo il docente sono privi di fondamento. In particolare quelli sulla presenza del Pd nella formazione di Orlando. «Il Pd c’è stato, poteva non esserci e probabilmente Orlando avrebbe vinto ugualmente, ma Palermo è un caso a sé. Non misurerei la forza dei partiti e della coalizioni in base a queste elezioni amministrative», risponde il docente. E pure i discorsi a proposito di quanto convenisse a Orlando vincere al primo o al secondo turno o se possa avere o meno la maggioranza in Consiglio, «non contano granché» per il professore. Che ricorda come il sindaco avesse nel Consiglio comunale di Palermo della scorsa consiliatura una maggioranza significativa che ha poi perso progressivamente. Ma «ha governato l’Aula con altre forze. Ragionare sulle maggioranze e sulle opposizioni mi pare inutile. Ci saranno dei consiglieri eletti nella coalizione di maggioranza che sostiene Orlando che probabilmente passeranno all’opposizione, e viceversa». 

«Se il trasformismo è il dato costante del parlamento italiano, figuriamoci nei consigli comunali». Più interessante, invece, è se si manifesta già in campagna elettorale. «Ci sono stati consiglieri candidati nelle liste che sostenevano Ferandelli che avrebbero dato indicazioni esplicite per votare Orlando – spiega Minaldi -. Da quello che sappiamo finora e che verificheremo, hanno fatto in modo che questo tipo di voto emergesse in modo palese. In alcune sezioni ci sarebbero anche fino a cinquanta, sessanta schede dove è riportato il voto per un candidato consigliere e poi per un altro sindaco, Orlando».


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Bravura sua, ma anche per errori altrui. Adesso la partita si gioca sul consiglio comunale dove, al di là delle discussioni sui numeri della maggioranza, ci sarebbe «già chi ha fatto trasformismo in campagna elettorale, scegliendo di renderlo palese dentro le urne», spiega Giancarlo Minaldi, palermitano, docente di Scienza politica

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