Azzardo, un matematico ne svela i trucchi a Bagheria Sociologo: «Bisogna smontare le narrazioni tossiche»

«Dopo l’Università alcuni miei compagni di Matematica sono stati assoldati da Lottomatica, Snai, Sisal e gli altri concessionari del gioco d’azzardo. Io invece ho deciso di passare al lato lucente della forza». Paolo Canova sorride, gli studenti di Bagheria pure, sembrano aver recepito la parafrasi da Star Wars. Di fronte a loro c’è un matematico che dal 2009, insieme al fisico Diego Rizzuto, porta avanti una campagna di informazione sul gioco d’azzardo: prima attraverso una mostra, poi con una serie di conferenze e dal 2016 con un libro dal titolo Fate il nostro gioco. L’obiettivo è «svelare le regole, i piccoli segreti e le grandi verità» che stanno dietro al Win for Life, alle slot machines e alle videolottery, al Superenalotto, ai Gratta&Vinci, al Lotto, al Bingo e a tutti gli altri giochi diffusi negli ultimi anni. 

L’occasione è il convegno L’azzardo non è un gioco, organizzato dalla fondazione Ss. Mamiliano e Rosalia con il patrocinio del Comune di Bagheria. Canova e Rizzuto da anni girano l’Italia per sensibilizzare soprattutto i giovani. Utilizzando la matematica – la materia forse più odiata, di sicuro quella più temuta nelle scuole di ogni ordine e grado – come strumento ludico per capire l’azzardo. E in Sicilia Canova sceglie di esordire nella sua relazione lunga un’ora con una foto sgranata, risalente agli anni ’80 e proveniente dagli archivi della polizia: lo scatto viene dalle Antille Olandesi, a destra c’è Nitto Santapaola, boss catanese tra i mandanti delle stragi Falcone e Borsellino; a sinistra un suo caro amico d’infanzia, il misconosciuto Gaetano Corallo. Che c’entra la mafia col gioco d’azzardo? «Il figlio di Gaetano Corallo, Francesco, ha gestito per conto dello Stato – spiega il matematico torinese – circa metà delle slot in Italia». Solo a dicembre 2016 il re delle slot, ex titolare di Betplus, è stato arrestato dalla polizia olandese nell’isola caraibica di Saint Marteen. 

Poi Canova torna nel suo campo, distribuisce fac-simili del Win for Life e con gli studenti gioca a capire, tramite il calcolo delle probabilità praticato dal vivo, quante reali possibilità si hanno di vincere. «Con Diego abbiamo partecipato a 400 conferenze in tutta la penisola, e abbiamo avuto di fronte 130mila persone – dice ancora Canova – che abbiamo potuto conteggiare dalle schede che abbiamo dato pure a voi. Sapete quante persone avrebbero vinto il massimo premio? Uno: il signor Michele a Monza ha fatto dieci, l’ho abbracciato e c’ho fatto un selfie. Ma il signor Michele non avrebbe neanche vinto il massimo premio, cioè i 3mila euro per 20 anni, bensì 10mila euro in un’unica tranche. Perchè? Perchè non ha beccato anche il numerone (il numero jolly … ndr). E anche se avesse beccato il numerone, avrebbe dovuto sperare di essere l’unico in Italia, perchè in quel caso avrebbe dovuto dividere la quota con gli altri possibili vincitori».

Svelare dunque i reali meccanismi dell’azzardo, a partire dalle definizioni edulcorate che si trovano nella normativa (gioco pubblico, gioco con possibilità di vincita, gioco che prevede alea e fine del lucro), è l’obiettivo anche del sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta Nazionale Antiusura. «Il gioco d’azzardo è una narrazione tossica – dice agli alunni e alle alunne bagheresi – a partire dal fatto che il caso viene fatto passare per abilità. Questa impostura sorregge tutta l’architettura del sistema». Fiasco poi fa una rassegna degli incredibili spot, a metà tra la propaganda e i messaggi beceri, che il mondo dell’azzardo diffonde su ogni canale di comunicazione. 

Per poi concentrarsi sul programma televisivo Affari tuoi, «a lungo il programma più visto della Rai e andato in onda per 10 anni, ora per fortuna sospeso. Era un programma rituale e dalla potenza simbolica devastante: il pubblico si identificava col concorrente di volta in volta in gioco, il quale metteva in scena il proprio personale e i propri familiari a partire dall’elenco dei propri desideri. Poi c’erano i tiri, così come li definiva il conduttore». Per il sociologo non era neanche la parte peggiore, perchè il messaggio che passava era fortissimo: «Il punto più squalificante era quello della scelta di fronte l’offerta che arrivava dal dottore: se continui sei coraggioso, se no sei pavido». Cosa resta da fare dunque? «Scardinare linguaggi e retorica dell’azzardo, è da qui che bisogna partire».


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