A lanciare l'appello agli studenti, all'indomani della festa del lavoro e degli ultimi drammatici dati sulla disoccupazione giovanile al Sud, è il presidente del Senato, in città per inaugurare la mostra fotografica. Ha precisato poi che lo Stato deve fare la sua parte per garantire lavoro e futuro ai giovani
Falcone e Borsellino, vent’anni dopo al liceo Cassarà Grasso: «Restate qui per contribuire al cambiamento»
«Ogni partito e azione politica deve considerare il contrasto alla mafia come una priorità. Se la mafia fosse soltanto un fenomeno criminale basterebbe un’operazione di polizia a sconfiggerla, come sosteneva Falcone, ma senza la repressione penale neanche i cittadini hanno fiducia. Lo Stato deve fare al massimo il proprio dovere per far sentire la sua presenza ai cittadini, ma il cambiamento deve provenire dai giovani come voi. Cercate di restare qui per dare un contributo al cambiamento. Il problema principale nella lotta alla mafia oggi sta nel garantire un lavoro ai giovani ed evitare che vadano via, altrimenti sparisce la speranza di un cambiamento nel tessuto sociale». A lanciare l’appello, all’indomani della festa del lavoro e degli ultimi drammatici dati sulla disoccupazione giovanile al Sud, è il presidente del Senato Piero Grasso, a Palermo per inaugurare la mostra fotografica dell’Ansa Falcone e Borsellino, vent’anni dopo al liceo linguistico Ninni Cassarà in via don Orione.
E a proposito della strage del primo maggio di Portella della Ginestra, Grasso aggiunge: «Dopo 70 anni non è pensabile che ci siano ancora fatti sconosciuti, occorre far venire fuori dagli archivi tutte le verità nascoste, come per la strage di Portella della Ginestra, prima strage della Repubblica. Cercheremo di fare una moral suasion per far emergere tutto quello che è ancora negli archivi». Di fronte a un’affollata platea di studenti e docenti, Grasso ha risposto anche ad alcune domande sulla giustizia: «Gli stessi ideali di giustizia e legalità che avevo da magistrato cerco di realizzarli in politica. Inizialmente pensavo di poter dare un aiuto per le leggi sulla giustizia, poi la sorpresa dell’elezione come presidente del Senato. Si è parlato di metodo Grasso, un metodo che però si è fermato, quel passo avanti verso la società civile non è stato ancora possibile realizzarlo. Le leggi ci sono, ma la migliore legge può essere aggirata se l’uomo è in malafede».
Poi spazio alle emozioni e ai ricordi: «Da quando sono presidente del Senato è la prima volta che visito una scuola – ha aggiunto Grasso – È un’emozione essere qui, in una scuola intitolata a Ninni Cassará che è stato un esempio di dedizione al lavoro». Il presidente ha poi detto: «Chi c’è stato oggi ha il dovere morale di continuare a testimoniare e tramandare la memoria per non disperdere un patrimonio di conoscenze e per dare un contributo utile alla società, con un’azione individuale e collettiva. Oggi la mafia preferisce adottare la corruzione che è invisibile, rispetto alla violenza che è visibile». Grasso ha ricostruito i suoi primi passi in magistratura, l’uccisione del procuratore Scaglione nel 1971, la violenza gratuita e tracotante della mafia, la fermezza e l’ostinazione di Falcone e Borsellino nel voler celebrare a Palermo il maxiprocesso, con la costruzione dell’aula bunker, e nel quale Grasso fu giudice a latere.
Ma anche i sacrifici personali: «Il maxiprocesso ha cambiato la mia vita, che da allora è stata blindata – ha detto – c’era una sorte di rancore da parte di mio figlio, allora 14enne per l’improvvisa mancanza di tempo libero da trascorrere insieme. Un momento superato con l’uccisione del giudice Falcone che durante le vacanze mio figlio aveva iniziato a frequentare. Da quel momento ha capito che per il nostro lavoro si può morire, mi fa piacere che adesso, da solo, abbia deciso di entrare in polizia, ed è alla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Roma».
La mostra, realizzata nel 2012, quando è stata inaugurata dall’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è composta da 15 pannelli che ricostruiscono la vita e la carriera dei due magistrati uccisi nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, ma anche la nascita del pool antimafia e il maxiprocesso, le stragi e poi la ribellione della società civile siciliana. «La coscienza civile della città da allora è cambiata, anche grazie a quello che siamo riusciti a realizzare nelle scuole», ha detto la dirigente scolastica dell’istituto linguistico, Daniela Crimi.