Amministrative, ecco la lista di Pd, Ap e centristi Orlando-Miceli: «Un polo alternativo alla destra»

Carmelo Miceli, Antonio Rubino e Giuseppe Lupo. Dore Misuraca, Adriano Frinchi e Teresa Piccione. E ancora Francesco Scarpinato, Giovanni Lo Cascio, Totò Orlando, Silvio Moncada, Luisa La Colla e Fabio Teresi. Nomi noti, che, per chi ha un po’ di dimestichezza con la politica cittadina, spesso hanno agito al lato opposto della barricata rispetto a Leoluca Orlando. Anime diverse che in questi anni lo hanno ugualmente e ferocemente avversato in Consiglio comunale o a colpi di dichiarazioni al vetriolo. Come farà il Professore a tenerle insieme, considerando per di più che fra i suoi alleati ci sono anche Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana?

Tra il serio e il faceto il sindaco uscente, in cerca del quinto mandato a Palazzo delle Aquile, ammette che «mi piace incasinarmi la vita. Unire le diversità sarà compito mio. Ma – avverte i suoi nuovi compagni di strada – io resto sempre me stesso, sia chiaro». L’occasione è la presentazione, all’Hotel Wagner, della lista e del relativo simbolo Democratici e popolari, che mette insieme il Pd, gli alfaniani dell’Ap e gli ex Udc di Centristi per l’Europa. Il simbolo sembra un negativo di quello del Pd, quasi a sottolineare l’acrobatico compromesso con i dem dopo mesi di interminabili trattative: stessi colori – il rosso e il verde -, stesse lettere ma invertite, mentre la pennellata della bandiera europea alla base dello stemma strizza l’occhio ai centristi.

Gli anni di tensioni, polemiche e insulti sono già alle spalle, anche se bisognerà vedere come la penseranno i sostenitori più a sinistra del Professore, che in Parlamento, per esempio, con alfaniani e centristi se le danno di santa ragione, e proprio su temi cari a Orlando come l’immigrazione o la difesa dei diritti dei più deboli. Il segretario provinciale Miceli, che più di tutti ha voluto puntare sul vecchio leone Leoluca, dice però che l’errore è stato fatto a monte, cinque anni fa, quando «si è creata una frattura innaturale tra noi e la sinistra che ha appoggiato Orlando in questi anni. Quella di oggi è una svolta che chiude col passato».

Tutti amici come prima, dunque. Anzi, di più, perché non si punta solo a Palermo: «Vogliamo diventare un polo forte e alternativo alla destra e ai populismi. Iniziamo dalle amministrative di Palermo ma avviamo un percorso che non ha confini e ha grandi ambizioni». Poi Miceli tende il ramoscello d’ulivo a Orlando, che con la sua intransigenza sul simbolo «ha consentito, con parole nette e trancianti, di arrivare a questo tavolo. Questa città ha tanti problemi – prosegue – ma stiamo creando un programma straordinario. C’è chi vuole diventare sindaco a tutti i costi senza alcuna sostanza (riferendosi a Ferrandelli, ndr) e chi vuole farlo ma ha già dimostrato tutti i suoi limiti in altre città (e qui se la prende con il M5S, ndr). Il nostro invece è un programma di sostanza. Orlando il sindaco lo sa fare», conclude cavallerescamente Miceli riprendendo il famoso slogan della campagna elettorale di cinque anni fa.

Anche Misuraca e Frinchi si uniscono al coro di elogi per l’inquilino di Palazzo delle Aquile e, quasi a voler tendere la mano verso gli alleati ideologicamente più distanti, battono subito il tasto della cultura dell’accoglienza e della diversità, dell’attenzione cristiana per gli ultimi e i deboli, di una Palermo euromediterranea, autentico cavallo di battaglia del primo cittadino. «Ci saranno venti candidati per il Pd e venti per i centristi», annuncia Misuraca.

«Sarebbe stato un motivo innaturale di contrasto restare separati su questi e altri temi – è l’apprezzamento di un Orlando più che mai conciliante -, come sui servizi sociali, liberati dalla mentalità della raccomandazione, o come il riconoscimento dei diritti e la tutela dei lavoratori, sia del settore pubblico che privato, o ancora come l’aver messo al riparo da tante porcherie settori come la gestione dell’acqua o dei rifiuti. Su tutti questi temi sarebbe stato innaturale restare divisi. Potevamo decidere di vincere o perdere da soli – conclude -. Invece abbiamo deciso di competere insieme. Stare insieme è una cosa naturale e sarà compito mio tenere insieme le diversità».


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