Razzismo, Asd Fincantieri in campo dipinti di nero  Ds: «Tanti episodi ma la Federazione non fa nulla»

Poteva essere l’ennesimo episodio di razzismo, nella città che prova a narrarsi capitale dell’accoglienza. Invece si è trasformato in un’occasione di solidarietà. L’esempio viene dall’Asd Fincantieri, squadra calcistica palermitana, i cui giovanissimi giocatori sono scesi in campo domenica scorsa con i volti dipinti di nero a sostegno del proprio compagno, bersagliato da cori razzisti. Amarà Touré ha 14 anni, è originario del Mali ma ormai è palermitano d’adozione. Ha attraversato il deserto del Sahara per arrivare in Italia, è stato fianco a fianco coi cadaveri di altri migranti come lui durante la traversata, per poi arrivare a Palermo e giocare nella squadra dei Giovanissimi regionali della Fincantieri.

Amarà vorrebbe continuare a praticare il suo sport preferito, il calcio, ma domenica scorsa non è potuto scendere in campo e non potrà farlo neanche alla prossima. Era stato espulso (per due turni) nella partita precedente col Dattilo per quello che in gergo tecnico viene definito un fallo di reazione: ha rifilato un pestone a un avversario. Si era innervosito, sul campo e dagli spalti tutti continuavano a chiamarlo negro di merda. Il comportamento dei sostenitori è stato punito dalla federazione con un’ammenda di 300 euro a carico della società. 

«Era già la terza o quarta volta che avvenivano episodi del genere – racconta Armando Calì, dirigente della Fincantieri -. Capisco che si vogliano irretire gli avversari, ma chiamare negro un ragazzino di 14 anni è vergognoso. Amarà ha sbagliato a reagire in quel modo, noi glielo abbiamo detto, però gli atteggiamenti razzisti venivano sia dal campo che dagli spalti, da parte dei genitori dei ragazzi». Secondo il regolamento è Amarà dalla parte del torto. Viene espulso, è costretto a saltare il turno, e domenica 19 marzo nella partita contro il Città di Carini guarda i compagni dalla tribuna. Sono loro a invitarlo ad assistere al match. In serbo per lui c’è una sorpresa. La squadra del Fincantieri si presenta coi volti dipinti di nero, insieme a una maglietta con su scritto No al razzismo. Quando poi i giovani giocatori calpestano la sabbia del terreno di gioco un coro si alza al cielo: siamo tutti Amara

«Gli vogliono tutti bene – conferma Calì -. L’iniziativa è venuta direttamente dai ragazzi. Da parte nostra abbiamo scritto una lettera alla federazione, chiedendo di fare più attenzione, ma finora non abbiamo avuto risposte. Così mentre la federazione non fa nulla i ragazzi hanno fatto da se. Amarà ne ha viste tante, quando ci ha raccontato la sua storia a me sono venuti i brividi: non ha più i genitori, è scappato dall’Africa grazie allo zio che gli ha dato i soldi necessari, poi le difficoltà del viaggio. È finito in una casa famiglia, ma lì è stato adottato da due persone che lavorano in quella struttura». La speranza ora è che episodi del genere non si ripetano più. «Si parla tanto di integrazione e poi nel 2017 succedono ancora cose del genere – osserva ancora il dirigente -. Non è la prima volta che Amarà viene preso di mira. Una volta si mise pure a piangere ed è uscito dal campo». 


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