Call center, a Palermo la più alta densità nazionale «Spesso piccole realtà sono ai limiti della legalità»

Palermo è la città in Italia con «la più alta densità di call center», con una platea di oltre 10mila lavoratori. Per questo motivo, iI referendum su voucher e appalti, promosso dalla Cgil e fissato il prossimo 28 maggio, investe molto da vicino il capoluogo siciliano. Accanto alle realtà più strutturate e conosciute – su tutte Almaviva con tremila addetti e, per citarne alcune, Exprivia (300), Abramo (200) e 4U Servizi (100) – ci sono poi centinaia di piccole società disseminate tra la città e la provincia che operano, spesso, ai «limiti della legalità».

Proprio il tema della responsabilità è una delle disposizioni oggetto del referendum e disciplina la responsabilità solidale a carico del committente per i crediti retributivi e contributivi dei lavoratori dipendenti verso il datore di lavoro. Un ambito normativo che ha subito parecchi rimaneggiamenti nel corso degli anni, non ultima la legge Fornero, depotenziando di fatto gli strumenti a tutela dei lavoratori. La versione attuale della norma, infatti, ammette la deroga alla responsabilità solidale del committente da parte della contrattazione. Un percorso «infernale» che vede così negati i diritti dei lavoratori e che la Cgil vuole, invece, ripristinare.

«Da più di un anno promuoviamo una proposta molto ampia che riguarda la riforma dello statuto dei lavoratori – spiega Rosalba Vella della Slc Cgil -. E, parallelamente, abbiamo lanciato anche un referendum per la riforma della responsabilità solidale negli appalti. Quest’ultimo punto riguarda la responsabilità dei committenti rispetto alle aziende che gestiscono l’appalto, che si è fortemente indebolita in questi anni. Oggi, se un dipendente rimane disoccupato o se l’azienda per la quale lavora non versa lo stipendio, i contributi o il tfr, si può rivalere sull’azienda in appalto. E, se questa non paga, solo successivamente, sul committente». La questione, poi, diventa ancora più complessa nel caso di subappalti, con una catena infinita dove l’anello debole è il lavoratore. Il sindacato chiede, invece, di recuperare la formulazione originaria per far sì che la responsabilità in solido spetti direttamente al committente in caso di insolvenza da parte dell’appaltatore.

«Questa riforma ci riguarda in prima persona – prosegue Vella – non c’è un’altra città con un così alta densità di call center, e con ben tremila persone concentrate in un’unica azienda. La riforma vuole restituire le responsabilità ai committenti e riformare il settore: dietro un lavoratore malpagato c’è sempre una gara fatta dai committenti con un costo che è assolutamente insostenibile e non risponde ai criteri del contratto collettivo». Senza dimenticare la miriade di piccoli call center che spesso operano in una zona d’ombra, riservando minime tutele ai lavoratori. «Accanto ai grandi nomi – spiega – ci sono tantissime aziende del sottoscala, letteralmente appartamenti dove sono stati realizzati dei call center di 50-100 persone che lavorano in pianta stabile, ma operano ai limiti della legalità: alcuni lavorano in nero altri con contratti fittizi che non vengono applicati o salari molto bassi. Realtà che assorbono circa il 40 per cento del totale, e che ricorrono spesso ai lavoratori a progetto. Proprio questi ultimi sono sottoposti a continue minacce e vessazioni e non si ribellano per paura di perdere il posto».

Il rischio, però, è che il referendum possa saltare: sembra che il Consiglio dei ministri intenda approvare al più presto un decreto per superare i quesiti referendari proposti dalla Cgil. Il timore è che l’attenzione del Governo si concentri solo sul tema più controverso, quello dei voucher, tralasciando quello spinoso degli appalti. «Il referendum è di importanza straordinaria, un segno di civiltà per i diritti dei lavoratori – ribadisce il segretario provinciale Slc Cgil Maurizio Rosso -. I voucher sono vergognosi, c’è stata un’impennata straordinaria del ricorso a questo strumento. E sui cambi di appalto la realtà è ancora peggiore: si deve garantire continuità e responsabilità, solo così si può uscire dal lavoro nero e sfruttamento con un lavoro con i diritti normali. Una grande battaglia che la Cgil sta facendo e non ci fermeremo davanti a nulla per dare continuità occupazionale e diritti ai lavoratori».

Intanto, rimane alta l’attenzione su Palermo, dove i lavoratori Almaviva attendono da dicembre il pagamento del Fis, il fondo di integrazione salariale. Lunedì scorso l’Inps ha annunciato dal mese di aprile il via ai pagamenti della parte relativa alle giornate sotto ammortizzatore sociale per le prime 13 settimane e ora l’azienda fa sapere che si è «provveduto a inviare i flussi telematici relativi alle somme  del periodo dicembre-gennaio». Ma cosa accadrà a giugno, quando scadranno gli ammortizzatori? C’è chi teme che possa riaprirsi il dibattito sui licenziamenti e i dubbi restano: «L’incertezza è anche dettata anche dal fatto che quest’anno si sono concentrate tante scadenze decisive – aggiunge Vella – tutte le commesse che gestiamo a Palermo andranno a gara con scadenze diverse: Tim è terminata a dicembre ma è stata prorogata, poi toccherà a giugno alla Wind e a dicembre ad Alitalia. Ma il pericolo licenziamenti non è mai passato: se il governo nazionale non pone delle regole ferree, chiunque oggi è a rischio licenziamento. Il timore è quello – conclude -, ma non c’è ancora nulla di certo e da giugno in poi non sappiamo cosa accadrà». 


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