Polizia, il saluto del questore Guido Longo «Spazio ai giovani. La mafia non è finita»

«Dopo 39 anni abbandonare la polizia di stato è stato un passo pesante, però si può combattere contro tutti ma non contro il tempo». Cede il passo Guido Nicolò Longo e saluta tutti in una delle sue ultime uscite pubbliche da questore di Palermo. Un ruolo che ricopre da due anni, gli ultimi della sua esperienza in polizia iniziata nel 1978. Nominato prefetto dal Consiglio dei ministri, Longo guiderà gli uffici di Vibo Valentia. «Si va avanti – continua – si cambia posizione professionale. Farò il prefetto, un lavoro completamente diverso rispetto a quello che ho fatto fino a oggi. Sarà un impegno importante, un novità ma anche una sfida. Torno in una terra di Calabria che mi accolto quando entrai in polizia a braccia aperte e mi ha permesso di acquisire una competenza professionale di eccellenza. In totale fra squadra mobile e direzione della questura, a Reggio Calabria ho trascorso circa 14 anni». 

Dal contrasto a Cosa nostra alle cosche calabresi, dunque. «Per me non sarà una novità la ‘ndrangheta ma l’approccio che la nuova attività mi imporrà. Ringrazio il ministero dell’Interno per questa opportunità, hanno avuto fiducia e spero di ripagarli nel modo dovuto». Poi, rivolgendosi ai giornalisti presenti in sala, ha proseguito: «Vi ho riunito qua per dirvi grazie per quanto dato a me, mi avete sostenuto e avete appoggiato le mie cause. Vedo giornalisti giovani oggi e penso che siete già il futuro di questa città. Perché la stampa ha una funzione importantissima, veicola messaggi, una grossa responsabilità che sappiate sfruttare nel modo più equo possibili. Palermo è cambiata grazie all’impegno profuso da parte di tutte le forse di polizia e magistratura si è riusciti a far diventare Palermo una città normale che ha i problemi di tutte le altre città, senza problematiche specifiche. Però bisogna stare molto attenti – prosegue il questore – bisogna creare le basi per far sì che certi fenomeni non siano più presenti, come negli anni ’80 quando abbiamo assistito al terrorismo mafioso. Che non ci siano più spinte in quel senso. E voi avete una parte molto importante. Perché la gente vi segue sulle pagine dei giornali, la gente vuole sapere soprattutto la verità e dite loro la verità, cercate di farlo sempre. Perché questo Paese ha necessariamente bisogno di verità». 

E la verità secondo Longo è la base da cui ripartire. «È sulla verità che si imposta il futuro serio – prosegue – La strada è cominciata, siamo in una fase di transizione, ma sono fiducioso in un futuro migliore che le nuove generazioni porteranno avanti, credo molto nei giovani. Però noi dobbiamo investire sui giovani, dobbiamo formarli, questa è la nostra mission. Ho trovato una Palermo cambiata in meglio, una società civile molta attenta a quello che succede, molto vigile, e che osserva le istituzioni nel quotidiano ed è un bene che vengano osservate perché noi siamo al servizio della collettività. Il nostro lavoro è un servizio, non è la gestione di un potere». Poi ha rivolto un omaggio ai tanti caduti nel contrasto a Cosa nostra: «Ricordando chi ha speso il bene più prezioso, tanta gente seria determinata, intelligente, è stata uccisa vigliaccamente. Grazie al loro sacrificio siamo a questo. Quindi il servizio che rendiamo alla collettività deve essere motivato e guidato da questi ricordi. Non dobbiamo mai perdere il ricordo dei caduti, anche dei giornalisti, non deve essere mai perso. Forse il nostro popolo ha la memoria corta e dobbiamo evitare che ciò accada perché ricordando chi è caduto per la giustizia e la libertà deve essere ricordato fino alla fine. Un impegno che manterrò fino alla fine. È importante per le nuovi generazioni, insegnare loro cosa ha significato Falcone, Borsellino, Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Rocco Chinnici, Basile». 

«Abbiamo il dovere di descrivere ciò che è successo inquadrandolo anche politicamente – conclude – perché queste cose non devono più accadere in un Paese democratico. Non dobbiamo mai dimenticare. Non pensiamo che la mafia sia finita: è finita la mafia corleonese. Ma Cosa nostra non è finita, si è trasformata, molto più subdola, più soft, ma da un punto di vista economico è sempre presente. Bisogna avere le capacità per stanarla, ma c’è, inquina e distrugge, azzera una economia sana. Questo dobbiamo impedire sempre perché un’economia non sana altera gli equilibri economico-politici di un Paese. Non pensiamo di aver definitivamente vinto. Abbiamo vinto una battaglia, ma la guerra continua. E se non si vincono le altre battaglie la guerra si perde».


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