Tradimenti, calunnie e abbandoni. Quelli che potrebbero essere gli ingredienti giusti per un romanzo di successo sono invece elementi chiave della storia di Gabriella, che da marzo 2016 ha vissuto nel terminal di Punta Raisi, sino alla segnalazione della polizia alla cooperativa LiberaMente di Cinisi, che da ieri se ne prende cura
Si separa, perde tutto e vive 11 mesi in aeroporto La donna: «Sono ancora qui e rivoglio la mia vita»
Con sé ha sempre poche cose, qualche cambio, l’indispensabile. Ma che non è una viaggiatrice di passaggio né un’hostess di qualche compagnia, dopo un po’ si capisce. Lo sanno bene soprattutto le persone che quotidianamente frequentano l’aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo, che ogni giorno si imbattono in questa donna spesso vestita con gli stessi abiti, ma sempre a posto, pulita, in ordine. Lei è Gabriella e della sua vita passata non le è rimasto molto. Ad aiutarla ci pensano, da ieri, i volontari della cooperativa sociale LiberaMente di Cinisi. Gli ultimi undici mesi li ha trascorsi nel terminal di Punta Raisi. Inizia tutto con la separazione fra lei e il marito nel 2000, solo che lui in un primo tempo fa resistenza, non accetta che la storia finisca così. «Non si presentava agli appuntamenti con l’avvocato oppure non firmava le raccomandate», racconta di lui Gabriella. Ci vogliono 16 anni perché la loro separazione diventi legale e quindi definitiva. Alla fine lui cede, ma decide di rivalersi sul lato economico: ne è convinta la donna, che da lui ad oggi percepisce un mantenimento minimo di 350 euro. «Sto lottando per riuscire a ottenere la cifra che in realtà mi spetta. I soldi attuali non mi permettono di prendere in affitto né una casa né una stanza – spiega – ho provato tante volte, ma non me l’affitta nessuno, nemmeno nei paesi, e quando ci sono riuscita sono state solo parentesi temporanee».
«È che lui voleva fare la vita da pascià e avere tutto: me a casa e la sua amante fuori – rivela infatti – Potevamo parlare, confrontarci, venirci incontro come succede in tutte le coppie, ma questo a lui non è mai interessato e io mi sono ritrovata senza una casa. Del resto, chi lo sa che cosa ne fa lui dei soldi». La storia è lunga, è quella di una vita trascorsa con l’uomo sbagliato e di riviverne certi momenti Gabriella non ha nessuna voglia. A renderla ancora più triste però è la presenza di una figlia, decisa ad andare per la propria strada. «Ci vorrebbero ore per raccontarla tutta – dice – La morale è che finché i genitori hanno i soldi e li mettono a disposizione dei figli, allora questi ci sono, rimangono. Ma quando si diventa poveri quel genitore all’improvviso non va più bene». Gabriella purtroppo non può contare sull’appoggio dei genitori, che non ci sono più. «Non ho nessuno, la mia famiglia è contro di me, non ho aiuti e ho 57 anni, chi me lo dà un lavoro?». La baby sitter, il call center e anche le pulizie negli alberghi, infatti, si rivelano presto spiragli di normalità che durano troppo poco.
Le restano solo tre sorelle e un fratello, che in questi mesi trascorsi senza una casa in cui dormire la notte – racconta la donna – sono stati assenti. Ci sono tutti, però, aggiunge Gabriella, quando devono schierarsi contro l’opzione della separazione: «Sono loro che mi hanno ridotta così – spiega – Lasciare mio marito voleva dire accollarsi un piatto in più da mettere a tavola, il mio». Una storia di tradimenti e abbandoni, quella che racconta la donna, che pare uscita dalla fantasia di uno scrittore. «Forza di volontà e pazienza», dice a un certo punto Gabriella, «a queste mi sono aggrappata in undici mesi, pensando solo al mio obiettivo finale: ottenere un mantenimento giusto e riprendere la mia vita da dove l’avevo lasciata». È chiaro che a vivere da marzo sino a ieri in un aeroporto qualcuno alla fine ti nota per forza: «Ho trovato molta empatia nelle persone che mi hanno avvicinata, si sono sforzate di capire la situazione e tutti, secondo le loro possibilità, mi hanno aiutata – racconta – Chi mi offriva la colazione, chi mi dava un buono pasto, e non mancavano gli incoraggiamenti».
A scandire le giornate dentro al terminal, quindi, è stato soprattutto l’affetto ricevuto dalla gente: «In molti si sono affezionati a me, mi vogliono bene e mi hanno aiutata a capire che il problema non sono io, ma chi mi ha ridotta così». Di questa brutta parentesi molto finirà presto dentro a un libro, col quale Gabriella si ripromette di mettere in guardia dai falsi miti della vita e spronare chiunque si trovi nella stessa situazione a combattere per la propria dignità. «Penso sia ora di scrollare gli animi, qualcosa deve cambiare in questa società. L’aiuto di questa cooperativa rappresenta un nuovo inizio per me, continuerò la mia lotta e chi ha sbagliato pagherà, e dopo le tante calunnie messe in circolo su di me farò in modo che si sappia tutta la verità – conclude – Io sono ancora qui, non sono morta e rivoglio la mia dignità».