Palermo in alto mare, la bussola si è rotta Il lavoro di De Zerbi ancora non dà frutti

Modificando l’ordine degli avversari il risultato non cambia. Sconfitta interna per 4-1 contro il Torino lunedì scorso e sconfitta per 4-1 ieri sera all’Olimpico contro la Roma. Nel giro di sei giorni, risultato fotocopia e giudizi analoghi nei confronti della formazione di De Zerbi. Il Palermo, che ha perso un’imbattibilità esterna durata sei partite tra vecchia e nuova stagione, può giocarsela con squadre di pari-grado ma (se si esclude l’1-1 ottenuto ad agosto in casa dell’Inter) non riesce a reggere il confronto contro compagini di livello superiore. E la Roma, seconda forza del campionato assieme al Milan, rientra certamente in questa categoria. Troppo ampio il divario tra l’undici di Spalletti, «costretto» peraltro a vincere per non vanificare l’omaggio implicito offerto dalla sconfitta rimediata sabato a San Siro dalla capolista Juventus contro il Milan, e un Palermo destinato fino all’ultimo a lottare per raggiungere l’obiettivo della salvezza. Inutile girarci intorno: all’Olimpico, i rosanero si sono trovati di fronte ad una montagna che era quasi impossibile da scalare. Se poi la squadra ci mette pure del suo spianando la strada agli avversari con errori individuali da matita blu (in questo contesto va sottolineata la prova insufficiente del portiere Posavec, responsabile su tre dei quattro gol subiti e autore di una «papera» in occasione della punizione del 2-0 di Paredes che ha incanalato il match sui binari giallorossi) è chiaro che il lavoro da fare per cercare di compiere l’impresa si complica irrimediabilmente.

Dopo il 3-0 firmato Dzeko (il centravanti bosniaco, in vetta alla classifica dei cannonieri con 8 gol in 9 partite, è un giocatore trasformato rispetto al bomber impacciato della scorsa stagione), i rosanero hanno abbozzato un tentativo di reazione culminata con l’acuto vincente di Quaison (complice la deviazione di Manolas) ma, in generale, nell’arco dei 90 minuti non hanno mai creato i presupposti per spostare dalla propria parte l’inerzia della partita. Al netto della prima fase del match durante la quale si è visto un Palermo ordinato, era lecito aspettarsi qualcosa di più dalla squadra soprattutto in termini di coraggio e intraprendenza dopo i primi gol subiti. E’ il remake di un film già visto: nel momento in cui va sotto, la formazione rosanero perde l’orientamento e non riesce a tornare in carreggiata. Da salvare solo la grande generosità di Diamanti. Per il resto, il Palermo ieri sera ha confermato i suoi limiti e ancora una volta è stato inefficace dal punto di vista della produzione offensiva (Nestorovski ha ricevuto pochissimi palloni giocabili e si è reso pericoloso solo al 90’). Il problema è che la sterilità in zona-gol sta diventando una caratteristica. Un tratto riconoscibile contro le big ma anche contro avversari alla portata. A De Zerbi il compito di trovare una soluzione a questo problema.

Un consiglio al tecnico lombardo: è giusto che un allenatore vada avanti per la sua strada e che sia convinto delle proprie idee ma, nel momento in cui non arrivano i risultati (cosa di cui avrebbe bisogno una squadra penultima in classifica), forse sarebbe opportuno rivedere qualche concetto iniziale. Cercare di imporre sempre il proprio gioco è un input positivo ma, se non hai giocatori compatibili con questo tipo di filosofia, il «castello» costruito durante la settimana rischia sempre di crollare. De Zerbi fa bene a trasmettere il suo credo calcistico ma, soprattutto in questo momento, rigidità e integralismo esasperato non sembrano dei modelli virtuosi. Parola d’ordine: resettare. I rosa cancellino subito il ko di ieri e si concentrino sulla sfida in programma giovedì sera al «Barbera» contro l’Udinese. Partita in cui, trattandosi di un potenziale scontro diretto, i punti in palio avranno un valore doppio.


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