Turista paga una spremuta con 500 euro Ironia al bar: «Falsi? E cu n’ha vistu mai?»

In corso Vittorio Emanuele basta una banconota da 500 euro esibita, forse con troppa leggerezza, da una turista in un bar per pagare una spremuta d’arancia a tirare fuori il meglio dei palermitani presenti, un altro prezioso monumento nel pieno del percorso Unesco: la palermitanità. L’estate palermitana è ormai entrata nel vivo e, complice il richiamo di Mondello, per le strade del centro storico a farla da padrone sono i tanti turisti che sbarcano dalle navi da crociera attraccate al porto. Le vie pedonalizzate, il Cassaro in particolare, sono invase da stranieri ansiosi di riempirsi gli occhi di meraviglia con i monumenti della Palermo Arabo-Normanna e sfidano il caldo armati di macchine fotografiche, guide elettroniche e cappelli di paglia. La cattedrale è una delle tappe più apprezzate del loro tour. I tedeschi provvedono a non fare mancare i fiori sulle tombe dei re svevi, gli orientali fotografano ogni centimetro quadrato della piazza. Molti, prima di continuare il loro giro turistico alla volta di palazzo dei Normanni scelgono di rifocillarsi in uno dei bar del corso. 

«Uno orange juice» dice una signora di mezza età provata dalla lunga camminata sotto il sole di fine luglio. «Uno orange juice. Please» ripete, avvicinandosi al bancone del bar, sempre più affollato. Il barista, sommerso dalle richieste dei clienti, la guarda e le fa un cenno con la testa. Lei però sembra non capire e ripete ancora: «Uno orange juice!» questa volta sventolando una banconota da 500 euro. In quel momento nel bar stracolmo di gente cala il silenzio. È quasi come se il tempo fosse rallentato. Il ragazzo dietro al bancone, dopo un attimo di smarrimento, guarda la signora e in una lingua molto distante dall’inglese esclama: «Ma sti cuasi ancuora ‘i stampanu?». La donna non capisce ma, catturata l’attenzione del barista, continua a chiacchierare con i suoi compagni di vacanza. Il suo gesto tuttavia si è già trasformato nell’evento del giorno tra le persone appoggiate al bancone e gli impiegati del bar.

«Secunnu mia su farsi» dice un cliente abituale. «E chi nni sacciu, cu n’ha vistu mai?» risponde il barista, che continua a parlare tra sé e sé: «500 euro. Na spremuta. A stu puntu fammi un assegno no?». Di lì a poco la discussione si anima: «Ma il resto mancia?» dice sorridendo un altro impiegato. «Ca mancia sulu iddu», ancora il collega indicando il titolare del bar seduto dietro alla cassa. «Ma il resto ce l’ha?» chiede un cliente anziano con in mano il suo bicchiere d’acqua. «Ce l’ha, ce l’ha» la replica. Intanto la spremuta è pronta, ma la turista è presa nel suo discorso con i connazionali. «Orangiùs?» dice a voce alta l’uomo al bancone. Niente. «Orange!» riprova, aggiustando la pronuncia. Al terzo, vano, tentativo il barista, rivolto verso la cliente esclama a voce alta: «Cinquecento! Viri ca c’è a spremuta». La signora – inspiegabilmente – capisce. «May I have some ice?» chiede, indicando con il dito il bicchiere. «Ais?» … il dipendente del bar appare un po’ spaesato. «Ice», ripete la signora. Segue un nuovo, lungo, momento di silenzio. «Ah! Glaiss», la turista annuisce senza troppa convinzione. «Tony, ‘u ghiaccio per la signora Cinquecento, grazie!».


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