Imprenditore vittima di usurai, ora denuncia banca  «Lotterò fino all’ultimo per tenermi la mia casa»

«Sono molto arrabbiato, li vorrei trascinare in prigione. Mi sento un’energia tale che potrei affrontare un esercito di banche». Si chiude così il racconto di Ignazio La Barbera a MeridioNews, imprenditore palermitano ridotto allo stremo prima dagli usurai e adesso dalla banca, contro la quale ha formalizzato una denuncia penale. Ma per capire la sua storia, bisogna fare qualche passo indietro. «Avevo un ingrosso di preziosi e fornivo le gioiellerie di tutta la Sicilia. Nel 1985, a causa di insoluti di una certa consistenza, ho avuto un problema di illiquidità. Per questo motivo – spiega l’uomo – ci sono state delle persone che hanno voluto aiutarmi. Piano piano sono entrato in un giro particolare, un vortice dal quale non sono più riuscito a venir fuori». Il vortice di cui parla è quello dell’usura, che nel 1991 lo costringe a chiedere un prestito a un istituto bancario. «Chiedo 500 milioni di lire e mi fanno valutare la mia casa, una villa bifamiliare dove ancora oggi vivo con la mia famiglia» dice ancora La Barbera. Il perito della banca valuta la casa un miliardo e mezzo di lire. «Mi erogano un mutuo fondiario di 500 milioni: si tratta di un’operazione bancaria dove la banca che stipula questo mutuo diventa proprietaria, levando eventuali privilegi accampati da altri» precisa ancora l’uomo. Il prestito sarebbe servito a pagare gli usurai. Ma in realtà l’imprenditore si ritrova a non poter più pagare neppure il mutuo della banca.

«Nel 2000 inizio a ricevere minacce e aggressioni. Decido allora di denunciare, e si arriva a delle condanne. Lo Stato mi riconosce vittima di usura e di estorsioni» torna a dire l’uomo, che si sente di lanciare un messaggio alle persone in difficoltà: «Denunciate! L’incubo finisce davvero». Quello che non finisce, invece, è l’avventura con la banca, alla quale La Barbera non riesce più a saldare le rate del mutuo. «A questo punto la banca vende il mio credito all’Italfondiario di Roma. Il mio credito iniziale era 500 milioni di lire: ne ho pagati circa 250-300, oltre ad altri 140mila in euro. Eppure, oggi la banca vanta un credito nei miei riguardi di oltre 650mila euro». A La Barbera resterebbe un saldo di 200mila euro, che però non riesce a colmare. La banca decide anche di mettere la sua casa all’asta. L’imprenditre riesce a bloccarla temporaneamente avvalendosi dell’articolo 20 della legge 44/99 per le vittime dell’usura e dell’estorsione, che concede 300 giorni di sospensione.

«Il termine scadrà il 12 luglio e la casa sarà nuovamente all’asta» dice l’uomo, che aggiunge amareggiato: «Oltre al danno, la beffa: la casa va all’asta per un importo di 158mila euro, una cifra irrisoria». Una perizia del tribunale, inoltre, stima che l’immobile varrebbe 550mila euro. «La denuncia penale scatta perché ho fatto fare una perizia dal professore Renato Castagnetta e sono saltati fuori interessi usurai e anatocismo bancario per diverse migliaia di euro» spiega ancora l’uomo. L’imprenditore si augura che giorno 12 l’asta sia vacante. «Se dovesse andare venduta la casa – dice – mi opporrò con tutte le mie forze, lotterò fino all’ultima goccia del mio sangue. Farò ricorso e mi rivolgerò a chiunque potrà aiutarmi. Non intendo rinunciare alla mia casa». A sostenere La Barbera c’è Sos Impresa, associazione antiracket e antiusura: «Siamo di fronte a una situazione incredibile – dice il presidente Costantino Garraffa – La nostra struttura legale, capitanata dall’avvocato Fausto Amato, si costituirà parte civile in un contraddittorio».


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