Cattedrale, rose rosse sulla tomba di Federico II L’abitudine dei turisti tedeschi in visita a Palermo

Una rosa rossa, come omaggio e simbolo di rispetto. Sembra non mancare mai sulla tomba di Federico II di Svevia nella Cattedrale di Palermo. Così come – sebbene con minore frequenza – i fiori vengono deposti anche sui vicini sepolcri della madre Costanza d’Altavilla e del nonno Ruggero II. Grande escluso è invece Enrico VI, padre di Federico, passato alla storia come usurpatore. A lasciare un pensiero sulle tombe reali della dinastia degli Hohenstaufen sono spesso i turisti, e in particolar modo i visitatori tedeschi. «Dipende soprattutto dalla provenienza – spiega Christiane Stenger, guida turistica – Mi è capitato molte volte che chi arriva dalla Germania del Sud, la Svevia appunto, prima di visitare la Cattedrale voglia comprare un fiore per deporlo sulla tomba». Gesti che nascono dalla «ammirazione per il mito di Federico II», spiega Pietro Corrao, docente di Storia medievale all’università di Palermo. Più sentita in Germania che in Sicilia, dove «la sua figura si scontra con la storia dell’età comunale e con la Chiesa».

Federico II – re di Sicilia e di Germania, imperatore del Sacro romano impero, noto come stupor mundi (meraviglia del mondo, ndr) – lascia Palermo nel 1212 per diventare imperatore a 18 anni. Tornerà otto anni dopo nel capoluogo siciliano, dove trascorrerà gran parte della sua vita. Eppure a lasciare oggi i fiori sulla sua tomba sono per lo più i tedeschi. «Qui c’è meno affezione verso la figura di Federico II perché nell’identità siciliana è entrato per lo più il mito della sua infanzia, trascorsa tra i vicoli di Palermo», spiega Corrao. «Nella cultura storica italiana, inoltre, la storia meridionale è subordinata a quella comunale – continua il docente – E per quest’ultima Federico II è il nemico, così come per la Chiesa». Antipatia, questa, che gli è valsa una scomunica. Niente a che vedere con le eroiche imprese ricordate in Germania. Dove, secondo il docente, l’ammirazione per l’imperatore segue tre direttrici principali.

«Nella cultura anglosassone e tedesca c’è innanzitutto il fascino, seppure contraddittorio, del Mediterraneo», spiega. In parte confluito nel Grand tour, il viaggio di formazione dei giovani aristocratici europei alla scoperta «delle vecchie glorie che appartengono alla cultura italiana». Questioni storiche che si fondono poi con «il mito del superuomo teorizzato dal filosofo Friedrich Nietzche e a cui alcuni studiosi hanno accostato la figura di Federico II». A queste ragioni, continua il docente, se ne può aggiungere una «più inquietante, ma che per fortuna si sta esaurendo». E cioè l’esaltazione della figura dell’imperatore «come esaltazione dell’idea di impero, del Reich, dell’espansione universale e del comando», continua Corrao, facendo riferimento alle ideologie totalitarie del secolo scorso.

«In Germania, la storia della dinastia Hohenstaufen si studia a scuola – spiega Christiane Stenger – A portare i fiori sono per lo più persone di una certa età. I ragazzi sanno chi era Federico II, ma non hanno un legame con la sua figura». Capita anche che gruppi di appassionati tedeschi organizzino dei viaggi appositi, tra Puglia e Sicilia, ripercorrendo i luoghi federiciani. E in questi casi la Cattedrale palermitana dove è sepolto l’imperatore è tappa obbligata. «Mi dispiace anzi che spesso rimangano senza fiori le altre tombe reali», commenta la guida. Eccezione fatta per Enrico VI, «visto come quello che si è intrufolato nel regno di Sicilia, violento e vendicativo». Eppure, ricordano sia il docente che la guida, bisogna fare attenzione a distinguere mito dalla storia. «Anche Federico II, come tutti i regnanti del Medioevo, era crudele e rigido – dice Stenger – ma aveva qualcosa in più». Che oggi porta i visitatori a Palermo, con una rosa rossa in mano, «in quello che – conclude la guida – è uno dei tesori della città».


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