Almaviva, proclamate altre 24 ore di sciopero Sindacati: «Dramma sociale e Regione immobile»

Torneranno a incrociare le braccia i lavoratori del call center Almaviva. I sindacati, che hanno già attivato un percorso di assemblee con gli operatori, infatti, hanno deciso un pacchetto di 24 ore di sciopero per protestare «con vigore contro un imbarazzante immobilismo». L’azienda ha già annunciato gli esuberi, colpa della mancanze di commesse e di un margine operativo ben al di sotto di quello necessario per la sopravvivenza del sito. In ballo c’è il futuro di 2.500 persone, ma il rischio è quello di un effetto domino in un colosso che in Sicilia conta circa 6mila addetti tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a progetto. Solo a Palermo si tratta di una platea di oltre 5mila persone, con un’anzianità di servizio in molti casi superiore ai dieci anni. Da gennaio i dipendenti, già messi a dura prova dai contratti di solidarietà, potrebbero restare senza lavoro. 

Le parti sociali da tempo chiedono ai governi nazionale e regionale una programmazione per il settore del call center che nell’Isola occupa complessivamente 20mila persone. Un’attenzione che passa anche da un investimento sulla formazione del personale. Ieri le parti sociali hanno incontrato il sindaco Leoluca Orlando e l’assessore alle Attività produttive, Giovanna Marano. Un vertice che Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom e Ugl Palermo definiscono «proficuo» e durante il quale i sindacati sono tornati a chiedere «un incontro urgente al presidente della Regione, agli assessori regionali alle Attività produttive e al Lavoro, ai sindaci di Palermo e Catania e al management di Almaviva Contact per risolvere definitivamente la grave situazione che mette a rischio migliaia di lavoratori». Il colosso dei call center, che è la prima azienda in città in termini di dipendenti da tempo, spiegano le parti sociali, lamenta «uno stato di crisi legato, oltre che alle complesse condizioni del mercato, soprattutto all’assenza di regole certe che garantiscano l’equilibrio industriale, la legalità, la trasparenza delle gare d’appalto, mettendo le aziende sane al riparo dalla piaga del dumping e della delocalizzazione».

Cgil, Cisl, Uil e Ugl rivendicano «un atteggiamento che ha permesso di costruire azioni concrete che, fino ad oggi, hanno consentito di mantenere tutti i lavoratori all’interno del perimetro occupazionale». Un senso di responsabilità che li ha portati ad accettare i contratti di solidarietà, «dimostrazione palese di una volontà che ricerca continuità di occupazione, radicamento sul territorio e sviluppo aziendale». Oggi, però, restano alte la tensione e la preoccupazione tra i dipendenti, che vedono il loro futuro occupazionale sempre più in bilico. Da qui la richiesta delle parti sociali di «un rapporto più simbiotico tra istituzioni politiche, azienda e sindacato per mettere in campo tutte quelle azioni che possano dare certezze ai lavoratori: un concreto piano industriale, formazione volta alla riqualificazione del personale, nuova organizzazione del lavoro, nuova visione del portafoglio clienti e regole certe». Davanti a queste richieste, concludono Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom e Ugl Palermo, «la Regione resta immobile. Il Governo Crocetta non ha battuto un colpo e quello che si prefigura è un vero e proprio dramma sociale. Con l’approvazione della clausola sociale nella riforma del Codice degli appalti siamo a metà del guado. Adesso, però, serve l’impegno di tutti. A partire dalla Regione e dal Governo Renzi».


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