Caso Saguto, altro giudice chiede trasferimento Attesa per decisione Csm su sospensione

Anche Lorenzo Chiaramonte chiede il trasferimento. L’inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati continua a far tremare il Palazzo di giustizia di Palermo. Dopo Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, accusata di corruzione, e Fabio Licata, anche un terzo magistrato chiede di cambiare sede. Per loro e per gli altri due magistrati coinvolti dell’inchiesta dei pm nisseni, l’ex consigliere del Csm Tommaso Virga e il pm della Dda di Palermo Dario Scaletta, la prima commissione di Palazzo dei Marescialli, che sul caso Palermo ha aperto una pratica, ha deciso di avviare la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità.

Intanto c’è attesa per la decisione della Sezione disciplinare del Csm sulla richiesta del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e del procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo di sospendere Saguto dalle funzioni e dallo stipendio. L’udienza è fissata per domani, ma il tribunale delle toghe potrebbe comunque riservarsi la decisione, che slitterebbe così alla prossima settimana. Le audizioni di Saguto (che potrebbe diventare superflua in caso di sospensione dalle funzioni), Licata e Chiaramonte davanti alla Prima Commissione sono in programma martedì 3 novembre, quando si conoscerà anche il parere sulle nuove sedi richieste dalle tre toghe, anche se la scelta finale spetta alla Terza Commissione del Csm. Saguto ha indicato come sua possibile destinazione la Corte d’appello di Catania o quella di Milano, mentre Chiaromonte e Licata hanno chiesto di essere destinati ai tribunali di Termini Imerese, Trapani e Marsala. 

Giovedì prossimo, invece, la Prima Commissione ascolterà Tommaso Virga e Dario Scaletta e questo dovrebbe essere l’ultimo atto dell’istruttoria del Csm con il deposito degli atti dell’indagine. Trascorsi i tempi tecnici per la presentazione di controdeduzioni da parte degli “incolpati”, la Commissione proporrà al plenum le sue conclusioni. Il che significa che la parola fine dovrebbe essere scritta nel mese di novembre. Tempi rapidi, dunque, così come il Csm si era proposto all’inizio della bufera che ha travolto il Palazzo di giustizia di Palermo. Anche perché in ballo, spiega Ciccolo, c’è la «credibilità della giurisdizione, che non può sopportare episodi di tale degrado».


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