L’emendamento sulla movida non piace I commercianti: «Servono modifiche»

Serpeggia malumore fra i commercianti sull’emendamento al regolamento sull’intrattenimento notturno, approvato ieri dalla giunta Orlando. La delibera prevede la chiusura per cinque giorni del locale dalla seconda sanzione in poi, multe ai clienti, divieto di musica amplificata in favore di quella acustica e locali insonorizzati. Alcuni esercenti, contattati da Meridionews, annunciano una presa di posizione ufficiale nelle prossime ore. 

Il presidente della commissione Attività Produttive di Sala delle Lapidi, Paolo Caracausi, rivela che il giro di vite dell’amministrazione contro la movida selvaggia poteva essere anche  più duro: «Nella prima bozza l’assessore Marano (alle Attività Produttive, nda) aveva proposto addirittura lo stop alla musica alle 23. Le abbiamo chiesto di ripristinare gli orari della vecchia ordinanza e lo ha fatto. Stiamo aspettando di ricevere ufficialmente l’emendamento ma sappiamo che le associazioni di categoria sono perplesse. Anche noi lo siamo – continua Caracausi -. L’articolo sulla musica acustica, per esempio, è troppo vago. Nulla vieta a un gruppo di suonare dal vivo e superare abbondantemente i decibel consentiti. Un altro aspetto che non convince è la mancata suddivisione fra le zone balneari e il centro storico, senza una specifica distinzione sulle sale da ballo. Capiamo le esigenze dei residenti ma occorronno alcune modifiche, che studieremo con le associazioni di categoria».  

Nei giorni scorsi ci sono state frizioni fra il sindaco Leoluca Orlando, che ha bacchettato il Consiglio per i ritardi sul regolamento, e l’aula, che, per bocca del presidente Salvatore Orlando, ha fatto sapere di attendere da tempo l’emendamento, giunto soltanto ieri. «Il regolamento è in aula, noi siamo pronti ad approvare la delibera prima possibile – sottolinea Caracausi -. Aspettavamo soltanto l’emendamento. Vogliamo solo capire il perchè di questo inasprimento rispetto al passato, anche se sono convinto che la Marano abbia piena contezza della situazione dei residenti e delle loro denunce. Giusto mettere alcune regole, ma l’amministrazione deve farle rispettare. Se non ci saranno i controlli della Polizia Municipale non avremo concluso niente».

Il presidente della Confartigianato Palermo, Nunzio Reina, richiama a «una maggiore concertazione fra gli esercenti. I cittadini, voglio sottolinearlo, hanno il sacrosanto diritto di riposare. Noi però dovevamo restare più uniti se volevamo far valere le nostre ragioni. Alla decisione della giunta, che creerà problemi alle imprese e ai clienti, si è arrivati perché fin qui alcuni hanno esagerato e purtroppo un intervento forte andava fatto. Auspico che prima di arrivare alla delibera consiliare le commissioni addette vogliano incontrarci per discutere alcune modifiche. Le limitazioni più antipatiche – ha aggiunto Reina – riguardano la chiusura per cinque giorni e l’alcool: chi dimostra che l’avventore ha acquistato la bevanda in vetro o in lattina nel pub e non è andato, invece, a comprarla da uno dei tanti ambulanti abusivi?».

«La delibera si contesta da sola – afferma Giovanni Felice, presidente di Libera Impresa -, non ne comprendo lo spirito. Se la premessa è combattere l’abusivismo, l’atteggiamento è troppo repressivo nei confronti di chi è in regola. Se si eliminassero del tutto i locali abusivi il fastidio per i residenti sarebbe praticamente azzerato e non ci sarebbe bisogno di misure tanto restrittive. Chi è in regola già subisce il danno della concorrenza sleale, ora si aggiunge la beffa delle multe». Anche il presidente di Libera Impresa scorge «vaghezza in alcuni punti. Musica a porte chiuse che significa, per esempio? Ci vuole un dipendente addetto alla porta? C’è uno sbilanciamento, che posso capire, a favore dei residenti. Le attività non sono tutte uguali: per un ristorante è più facile rispettare queste regole rispetto a un pub. Continuando così le porte non saranno chiuse per la musica ma perchè chiuderanno le attività». Più che una mancata compattezza, Felice rimprovera alle associazioni di categoria «una certa sudditanza. Agli incontri con l’assessore ho registrato sempre pochi dissensi. Al contrario, finito l’incontro iniziavano le lamentele. Con questo atteggiamento l’amministrazione ha avuto la percezione che non ci fosse dissenso sulla sua proposta».

«Non ci sono moltissime novità – commenta Gabriele Calandrino del locale Ai Chiavettieri -. Le cose che non accettiamo sono principalmente due. Abbiamo pagato fior di quattrini per il suolo pubblico e ora dobbiamo tenere le porte chiuse dopo un certo orario. Passino i bicchieri di plastica, ma dobbiamo pur garantire il servizio ai tavoli all’esterno. Che senso hanno le porte chiuse se a mezzanotte c’è lo stop per la musica esterna e all’interno possiamo diffondere solo un sottofondo musicale? Il brusio delle chiacchiere è maggiore. Se il problema sono i decibel facciano le perizie fonometriche. L’altro problema è la chiusura per cinque giorni: significa la perdita di grossi introiti, con il relativo rischio di deperimento del cibo e di ricadute sugli stipendi dei dipendenti. Io capisco che nel centro storico molti residenti non ce la facciano più, il loro disagio è obiettivo. Ma la movida non l’abbiamo creata noi, l’ha creata il Comune negli anni concedendo troppe licenze in poche centinaia di metri. Siamo anche disposti ad autotassarci per fornire finestre in vetrocamera ai residenti». 


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