Dalla Sicilia all’Emilia Romagna, la start up Wib Macchinetta per spesa d’emergenza e specialità

Nella roulette del mondo del lavoro capita anche di rinunciare a un contratto a tempo indeterminato per scommettere su se stessi e fondare un’impresa che in meno di un anno e mezzo ha vinto la competizione nazionale del Seed Lab, l’acceleratore di start up leader in Italia per l’high-tech, e ha avviato contatti con la Silicon Valley. È successo a Nino Lo Iacono, 32enne di Valguarnera Caropepe, in provincia di Enna, cofondatore e Ceo di Wib, sigla che sta per Warehouse in a Box (letteralmente Magazzino in scatola), un’azienda che si è inventata una macchina per la vendita automatizzata: il cliente ordina i prodotti su Internet tramite pc, smartphone e tablet – dagli alimenti ai giocattoli, dai vini ai farmaci – e poi va a ritirarli tramite un apposito codice di riconoscimento al distributore automatico, piazzato in un punto strategico come una stazione della metropolitana o un centro commerciale. Oppure può scegliere di fare la spesa direttamente sul posto selezionando i prodotti con il touch screen della macchina.

Scordatevi, però, i classici distributori con lattine, caffè e merendine: i negozi automatici Wib possono commercializzare fino a 120 prodotti in contemporanea. Il primo store è stato inaugurato pochi giorni fa a Catania, grazie al supporto della Coop, e si trova nel parcheggio dello stabilimento della STMicroelectronics, leader mondiale nel settore dei semiconduttori. Per arrivarci ci sono voluti quasi cinque anni di ricerca e attività. È nel 2010, infatti, che Lo Iacono, ingegnere meccatronico laureato al Politecnico di Torino, torna in Sicilia e incontra alcuni colleghi del consorzio Arca dell’Università di Palermo: sono il cofondatore di Wib e direttore di marketing Marco Bicocchi Pichi, lo sviluppatore Francesco Patronaggio e il mobile user experience designer Andrea Picchi. Alle spalle Lo Iacono aveva anche due anni al Centro Ricerche Fiat, dal 2008 al 2010, e soprattutto la proposta di un contratto a vita da una società di consulenza, che Lo Iacono ha rifiutato «perché avevo l’idea di mettermi in proprio, volevo rischiare. Oggi l’azienda è ancora piccola e non sappiamo come finirà, ma sono molto contento di averlo fatto».

I quattro ideano la prima bozza del progetto Wib e ottengono subito uno stanziamento di 200mila euro del ministero dello Sviluppo economico, con il quale sviluppano il prototipo. «In Italia c’era e c’è un grande potenziale – spiega l’ingegnere -, siamo leader mondiali nella produzione di questo genere di macchine. Solo che la competizione secondo noi è concentrata su una nicchia troppo ristretta di prodotti: bevande, the, caffè e snack. Noi volevamo creare un vero e proprio negozio automatico che sfruttasse web e mobile». Lo sviluppo del progetto vive una decisa accelerazione nel 2012 con la vittoria nella competizione di Seed Lab, che mette Lo Iacono in contatto con imprenditori e fondi di investimento della Silicon Valley. «In quel momento però non eravamo pronti alla produzione. Il processo di ingegnerizzazione non era completo e non volevamo bruciare le tappe. L’interesse degli imprenditori ci ha incoraggiato ad andare avanti».

Per una volta le pastoie della burocrazia non hanno messo i bastoni fra le ruote di un’idea nata e cresciuta in Sicilia. «Un po’ di fortuna ci vuole ma con le giuste motivazioni e convinzioni e il giusto team tutte le difficoltà sono superabili. Anche il consorzio Arca ci ha aiutati molto. In certi casi più di quelli burocratici sono stati gli ostacoli tecnici a farci disperare». E così, nel novembre del 2013 nasce la start up, che oggi ha un ufficio a Milano e un centro di produzione in Emilia Romagna, mentre lo sviluppo e la ricerca sul software sono rimasti in Sicilia. «Non vogliamo sostituire i grandi centri di distribuzione o i supermarket sotto casa – sottolinea Lo Iacono – ma creare un canale di emergenza che funzioni 24 ore su 24, così da andare incontro, per esempio, a chi fa tardi al lavoro e non fa in tempo ad andare al supermercato. Nei Paesi come la Gran Bretagna dove esistono già i supermercati aperti notte e giorno e i nostri distributori farebbero più fatica, puntiamo a vendere le specialità, prodotti particolari che il cliente non trova altrove».

L’azienda ha provato a mantenere la produzione nell’isola «ma non abbiamo trovato aziende adatte, che ci seguissero dalla progettazione della meccanica alla realizzazione. C’è una ditta che fornisce alcuni componenti ma l’assemblaggio avviene in Emilia Romagna. Siamo riusciti a fare qui solo la prototipazione perché, quando si è trattato di puntare al prodotto finito, non abbiamo trovato un interlocutore adatto alle nostre esigenze o interessato ad aprire una nuova linea aziendale. Alcuni non ci hanno mai mandato i preventivi che avevamo chiesto. È mancata la visione del prodotto finale. Peccato, perché le aziende di qualità in Sicilia non mancano e le opportunità di crescita in questo settore sono tantissime».

I quattro startupper a volte hanno dovuto affrontare l’ostilità di chi ritiene che l’automazione faccia perdere posti di lavoro. «Abbiamo ricevuto tantissime critiche – racconta l’ingegnere -. Ma è un concetto sbagliato. Noi non possiamo sostituire un supermercato, anche di piccole dimensioni, che vende almeno cinquemila prodotti contro i nostri 100, 120 al massimo. È come dire che le macchinette del caffè facciano sparire i bar». Per il futuro «speriamo di continuare la nostra collaborazione con Coop Sicilia, che per noi è stata il partner ideale. Abbiamo ricevuto diverse richieste da aziende limitrofe. Vogliamo ampliare la rete di punti vendita, entrare in un mercato internazionale e allargare la nostra offerta con l’elettronica e la cosmesi».


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