Presidente Crocetta: ma lei chi è veramente? Ce lo chiediamo leggendo quanto scrive un certo ingegnere Roberto Sciascia…

NEL SUO BLOG L’UOMO CHE E’ STATO DIRIGENTE DELL’UFFICIO TECNICO DEL COMUNE DI GELA RACCONTA COSA INCREDIBILI. CON TANTO DI ALLEGATI. SFILANO, COME IN UN FILM, TANTI PERSONAGGI: NINO MALAFARINA, NICOLO’ MARINO, MARCO LUPO. SULLO SFONDO, LA SICILIA IRREDIMIBILE, DOVE E BENE E MALE SI FONDONO E SI CONFONDONO…

Sul blog di Roberto Sciascia leggiamo un interessante articolo sulle gesta, non esattamente eroiche, del governatore dell’Isola, Rosario Crocetta. Abbiamo già ospitato un lungo articolo di Sciascia sull’appaltopoli siciliana tutt’ora in corso. Ovvero su come si stanno spendendo in Sicilia oltre 600 milioni di euro nel nome dell’acqua e dei rifiuti.

Roberto Sciascia nella vita fa l’ingegnere. Ha lavorato, da ingegnere, nel Comune di Gela proprio quando Rosario Crocetta faceva il Sindaco. Un’esperienza che gli ha consentito di venire a conoscenza di tante cose. Su Crocetta, sul senatore Giuseppe Lumia. Ma anche sulla magistratura. Storie per certi versi incredibili. Ma vediamo di lasciare la parola, fin dov’è possibile, al nostro Sciascia.

Precisando che i nostri lettori, per consultare gli allegati che noi citiamo, possono leggerli sul sito www.roberto-sciascia.net

Sciascia parte da un articolo pubblicato qualche giorno fa sul Foglio da Pietrangelo Buttafuoco che, a “commento delle gesta per niente eroiche del Governatore della Sicilia, chiude con il pessimistico “comu finisci si cunta”.

“Beh – scrive Sciascia – Pietrangelo Buttafuoco avrebbe avuto di che essere ancora più pessimista e disincantato se avesse avuto modo di acquisire contezza di alcuni accadimenti che dovrebbero essere dei punti fermi da cui partire per un’analisi, ahimè tanto più spietata quanto reale, del modo di essere del Governatore Crocetta e della sua banda”.

“Il bacino del Mediterraneo – prosegue l’ingegnere Sciascia – è stato solcato per lungo tempo da levantini astuti e spregiudicati, sempre pronti a spingersi oltre ogni limite geografico e culturale – in particolare – mercanti dell’est, Fenici prima e Mori poi. Ma questa parola non connota in maniera sterile il solo commerciante imbroglione: quella di levantino è una connotazione culturale ampia e sfaccettata; il levantino è istrionico, di modi espansivi, caldi ed accomodanti, simpatico e fascinoso, affarista esperto, serpentino e scaltro, fortemente interessato, a volte assai spietato, molto spesso profondamente ignorante: lo stereotipo, in versione transgender, del…”.

“Oggi che la curva di apprendimento, da parte dei Siciliani, delle verità rubate e delle coscienze manipolate da Crocetta e dal crocettismo si è fatta molto più ripida – scrive sempre Sciascia – possiamo riprendere alcuni punti fermi da cui partire per gli approfondimenti del caso”.

“Dunque, andiamo con ordine – scrive Sciascia – ribadendo che la nostra è un’operazione di verità, la nostra verità, volta a impedire che un sistema di potere, già ben individuato nei suoi attori principali, prenda totalmente il sopravvento e soffochi ancor più della ma… questa martoriata Isola. Partiamo, quindi, dal mantra di Crocetta & Soci, che costituisce un vero e proprio strumento del pensiero di questi figuri, e per chiarirne meglio i contorni ricorriamo ad un paragone: in Fisica quando avvengono dei fenomeni ripetuti nel tempo, con le stesse modalità ed alle stesse condizioni al contorno, si parla di obbedienza ad una legge (fisica); ecco, quindi, che nel Crocettismo non è difficile rintracciare l’applicazione di una legge, non fisica, ma con caratteristiche di ripetitività da farla definire tragicamente tale: il costante tentativo di cooptazione, con tutti i mezzi ed a tutti i costi, o di chi può dare lustro gratuito alla sua immagine piuttosto opaca ed al suo curriculum evanescente (pensiamo ai Borsellino, ai Battiato, ai Zichichi), o irrobustire il suo consenso elettorale (pensiamo ai Cardinale, Mollica, Montante, Ciancio e via elencando); o di chi, per dovere, intralcia il cammino della cricca e deve essere neutralizzato: o con le lusinghe di una carriera molto più gratificante per sé e/o per i suoi parenti prossimi (pensiamo a Malafarina e Marino), o con una stroncatura più netta e repentina possibile; ovviamente chi beve l’amaro calice di Voldemort-Crocetta ne deve diventare fedele interprete e devoto yes-man”.

“Basta, quindi, anche una mancata condivisione del Crocetta-pensiero (che, comunque, è ondivago molto più del pur tormentato golfo del Leone) – leggiamo sempre nell’articolo – o un infortunio autonomo (cioè non causato dallo stesso Crocetta) per essere spazzati via in malo modo (e il nostro pensiero va a Zichichi che, quando Crocetta era sostenitore dei No-Muos e osteggiava l’antenna militare voluta dagli Usa, si era permesso di dichiarare pubblicamente che non era pericolosa per la salute; oppure a Battiato, reo di autonomi apprezzamenti poco lusinghieri nei confronti delle inquiline del Parlamento italiano); ovviamente, se qualche, diciamo così, grave infortunio amministrativo è, invece, opera di qualcuno dei suoi, ma dallo stesso Crocetta ispirato, per quanto possa essere abominevole non scatta nessuna ritorsione (pensiamo all’assessore Lucia Borsellino e la vicenda Humanitas), anzi”.

“Bene, chiariti questi postulati – scrive Sciascia nella sua analisi cartesiana del suo personale studio antropologico-politico su “Crocetta come pensiero e come azione” – possiamo addentrarci nelle questioni riguardanti più direttamente Crocetta ed il suo ex assessore, Nicolò Marino: sì, perché, con una campagna di stampa piuttosto stucchevole e ripetitiva si è cercato, di recente, di veicolare un’immagine pubblica di questo Signore, che, ovviamente ad avviso di chi scrive, non corrispondente al vero. I peana recentemente sciolti a favore dell’ex assessore regionale Nicolò Marino da alcuni rappresentanti politici, oppositori del Governatore, ci hanno convinto ancor di più quanto fosse necessario ribadire, ancora una volta, ciò che dovrebbe essere noto già da tempo”.

Sciascia, insomma, non sembra nemmeno molto convinto dell’ex assessore Marino, che nella vita, lo ricordiamo, fa il magistrato.

“Dunque. Torniamo indietro nel tempo di qualche anno – scrive Sciascia -: siamo nel mese di maggio del 2009, la politica si dibatte nell’individuazione dei candidati per le elezioni al Parlamento europeo del 6 e 7 giugno; c’è un Sindaco (Rosario Crocetta, Sindaco di Gela) che scalpita per scippare, a tutti i costi, una candidatura e, una volta ottenuta, l’unico atto, per così dire, apparentemente politico, che fa consiste in una feroce denuncia di un pubblico ministero di Catania, Carlo Caponcello, individuato, secondo Crocetta immeritatamente, tra i 6 papabili in predicato per la nomina alla Direzione nazionale antimafia (vedere Allegato 1 nel blog di Roberto Sciascia)”.

“Che cosa c’entrasse, direte voi, Crocetta, fino a quel momento occupatosi di affari comunali, con la designazione di Caponcello alla Procura nazionale antimafia, fino al punto di scomunicarlo pubblicamente? Bene, c’è una possibile chiave di lettura nel prosieguo. Alla Dda di Caltanissetta, infatti, opera un altro pm, Nicolò Marino, con un trascorso professionale piuttosto tormentato, al punto che, probabilmente, se gli fosse stato chiesto di elencare i nominativi delle persone che più aveva in simpatia, il suo collega Carlo Caponcello non sarebbe stato sicuramente in lista (Allegato 2)”.

“Ecco, quindi – scrive Sciascia – come dicevo prima, che si realizza una sceneggiatura degna di un premio letterario: Crocetta, Sindaco di Gela, offre, con la dichiarazione riportata nell’Allegato 1, a Marino, sostituto procuratore della Dda nissena, un assist formidabile: taccia il suo collega Caponcello, probabilmente fonte dei suoi guai professionali (Marino chiese trasferimento dopo avere avuto diversi contrasti con i vertici della Procura nel cosiddetto ‘caso Catania’, divergenze su come affrontare inchieste sulla pubblica amministrazione e tra queste lo scandalo per la costruzione del nuovo ospedale Garibaldi di Nesima – n.d.s.) di indegnità professionale per metterne in discussione la sua designazione alla prestigiosa Dna”.

“Dicevo, un assist formidabile – scrive sempre Sciascia – e, per ciò stesso, aggiungiamo, degno di grandissima riconoscenza, o, quantomeno, fonte di grande imbarazzo per il pm Marino perché, con una coincidenza che ha dell’incredibile, pare che lo stesso pm stesse indagando da quasi due anni proprio su Crocetta e l’indagine, siamo sempre nei primi giorni del mese di maggio 2009, era arrivata quasi al termine. A detta di chi era stato delegato a coordinare le indagini per conto del pm Marino, pare che fossero state raccolte consistenti prove di collusione dello stesso Crocetta con ambienti… gelesi e di una sua gestione piuttosto allegra e disinvolta della ‘macchina’ comunale di cui era Sindaco da ben 7 anni”.

“Ebbene – scrive Sciascia – da allora, niente più si è saputo delle oltre 1600 pagine dell’istruttoria che vedeva pesantemente coinvolto Crocetta; l’opinione pubblica ha solamente potuto prendere atto della gita a Bruxelles del pm Marino, invitato da Crocetta”, complice un convegno antimafia, “in realtà, a quanto pare, per festeggiare, insieme ad un paio di centinaia di altri invitati, provenienti dalla Sicilia e dalla Sardegna, a spese della Comunità Europea, il suo compleanno l’8 febbraio 2012 (Allegati 3 e 4)”.

Sciascia poi passa ad esaminare la nomina ad assessore regionale della Giunta Crocetta dell’ex pm Nicolò Marino “e delle reiterate menzogne di Crocetta stesso che, da Governatore della Sicilia, ha negato l’evidenza dei fatti fin qui narrati (Allegato 5). E a questo punto potremmo anche mettere una pietra sopra i ripetuti, velleitari tentativi di chicchessia di accreditare all’ex pm Marino un’immagine che non ha e che, veicolata, darebbe, comunque, immeritato lustro anche al Governatore nel momento stesso in cui questi l’aveva chiamato a recitare un ruolo politico”.

“No – scrive Sciascia – le alchimie e le mire del Governatore Crocetta erano ben altre e la lampante conferma di tale assunto sta proprio nei termini della defenestrazione di Marino: la mina vagante, rappresentata dal pm antimafia di Caltanissetta, era stata disinnescata pubblicamente nel momento stesso della sua cooptazione ad assessore regionale, ragione per cui, successivamente, poteva, senza più problemi, essere cacciato via per far posto a qualche altro accreditato questuante utile a far quadrare un cerchio piuttosto problematico; la controprova: ceteris paribus l’assessore Lucia Borsellino, responsabile della vicenda Humanitas, avrebbe dovuto essere defenestrata con immediatezza, il che non è stato”.

A questo punto Sciascia si occupa del “fido Malafarina”: il riferimento è a Nino Malafarina, dirigente di Polizia, eletto a Sala d’Ercole nel listino del presidente Crocetta. Qui la vicenda si fa spinosa. Per non sbagliare, chiamiamo al telefono Sciascia e ci facciamo spiegare come stanno le cose. O meglio, come sono andate le cose.

Il nostro amico ingegnare ricostruisce questo passaggio partendo dalla primavera-estate del 2012, quando matura la candidatura di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione siciliana.

“Conoscendo, in ragione della mia attività professionale pregressa (dirigente tecnico del comune di Gela) e del mio vissuto a Gela, la doppiezza e la spregiudicatezza senza freni di questo personaggio – ci racconta Sciascia – in data 15 agosto 2012, ho scritto una e-mail ad un mio vecchio amico, già deputato della sinistra, rappresentandogli la mia determinazione a fare venire a galla la verità sul personaggio in questione e su quanto, a mia conoscenza, gli gravita intorno, al fine di mettere in grado i Siciliani tutti di esercitare il loro diritto di voto, nell’imminente consultazione elettorale, con cognizione di causa”.

Per la cronaca, le elezioni regionali del 2012 sarebbero andate in scena a fine ottobre.

“Ma un dato, a mio parere incredibile – ricorda Sciascia – si sovrappone e prende il sopravvento nelle successive discussioni che ho avuto con l’amico deputato, e, cioè, l’annunciato inserimento nel cosiddetto listino del candidato Presidente della Regione, Crocetta, di un apparentemente innocuo (politicamente) personaggio delle cronache dimenticate: il dott. Antonio Malafarina. Costui, nel 2003, da funzionario della Questura di Gela, firmava un’informativa (all. 1) per la Dda di Caltanissetta, dove, tra l’altro, affermava che, ‘… la campagna elettorale del Crocetta (a Sindaco di Gela del 2002 – n.d.s.) sarebbe stata in parte condotta da Celona Emanuele, oggi collaborante, esponente di Cosa Nostra, appartenente alla cosca mafiosa degli Emanuello, più volte notato in compagnia del Crocetta etc’. Dunque, in sostanza, il 31 marzo del 2003 il dottor Malafarina, allora vicequestore a Gela, informa la Dda di Caltanissetta che Emanuele Celona, braccio destro di Davide Emanuello, capo della omonima cosca mafiosa gelese, non solo ha intrattenuto rapporti con il Crocetta, ma ne ha condotto in parte la campagna elettorale per l’elezione a Sindaco di Gela nel 2002 e che le minacce (ricevute dal Crocetta e spunto per le indagini condotte da Malafarina – n.d.s.) … possono trovare il loro presupposto in delicati equilibri di potere ma…”.

“E’ lo stesso Malafarina – ci racconta al telefono Sciascia – che nel mese di settembre 2012 ritroviamo nel Listino di Crocetta, candidato a Presidente della Regione siciliana. E’ una circostanza così clamorosa che non poteva rimanere confinata nell’ambito di qualche vecchio articolo di giornale (allegato 2) o di qualche attuale, non veritiera, per come vedremo, dichiarazione pubblica degli interessati (allegato 3)”.

A questo punto l’ingegnere Sciascia ci racconta di una sua presenza a Roma. Il suo amico parlamentare lo informa che un giornalista lo vuole incontrare. “Questo è avvenuto – ci racconta al telefono – tra il 5 e l’8 ottobre 2012. Il mio amico parlamentare mi informa che c’è il caporedattore di un Settimanale di politica, cultura ed economia potrebbe essere interessato alla divulgazione della sopra narrata circostanza e anche di altre notizie se ritenute di preminente interesse pubblico. Il giornalista mi chiama al cellulare il 6 ottobre mattina e, appreso che si trovava in quel momento pure a Roma, ci diamo appuntamento per lo stesso giorno, alle ore 19.00, in piazza Alessandria. Sin dalle prime battute si mostra particolarmente interessato a quanto nel giro di circa un’ora e mezza gli ho raccontato e, verso la fine della discussione, precisato che dipendeva comunque dal suo direttore la valutazione ultima circa l’interesse della collettività a pubblicare la notizia, mi informa che, comunque, prima deve riscontrare con gli interessati quanto da me raccontato”.

“Il giornalista – ci racconta sempre Sciascia – mi richiama al cellulare il 9 ottobre chiedendomi il numero di cellulare di Malafarina; rispondo negativamente, suggerendogli, nel contempo, per ottenere il numero, di provare a telefonare alla Segreteria regionale del PD di Palermo, dal momento che Malafarina era nel listino di Crocetta. Mi ritelefona dopo qualche ora ed esordisce dicendomi che era riuscito a contattare, via cellulare, Malafarina, e che questi aveva peggiorato la situazione, nel senso che, pressato dalle sue domande su questa inspiegabile – alla luce del suo precedente rapporto informativo – candidatura proprio nel listino di Crocetta, gli confida che Celona, braccio destro di Emanuello, era… a Crocetta! E’ a quel punto della telefonata che mi informa di averne già parlato con il suo direttore e che la notizia, di sicuro preminente interesse pubblico per il Settimanale, sarebbe stata pubblicata la settimana successiva, se non ricordo male il 18 ottobre”.

Ma il 18 ottobre la notizia non viene pubblicata, ci informa sempre Sciascia. Che aggiunge: “L’amico deputato mi dirà, per telefono, il giorno successivo, che raggiunto telefonicamente dal giornalista, questi si era giustificato dicendo che la colpa della mancata pubblicazione era da addebitare al suo Direttore”.

Finita la spiegazione via telefono, riprendiamo a seguire l’articolo dello stesso Sciascia. Che sottolinea tre precisazioni.

“Con la prima precisazione – scrive – si vuole sottolineare che Malafarina fa questa grave affermazione, evidentemente, a seguito di accertamenti fatti nella precedente qualità di ex vicequestore di Gela (all’epoca della telefonata-intervista, Malafarina era già candidato-deputato regionale nel Listino di Crocetta)”.

“La seconda precisazione – prosegue Sciascia – riguarda proprio l’intervista telefonica a Malafarina durante la quale lo stesso Malafarina confida al giornalista la natura intima dei rapporti tra Crocetta e Celona”.

“La terza precisazione – continua l’ingegnere – riguarda la conclamata, irredimibile vocazione di Crocetta a mentire su questioni di rilevante interesse pubblico (Allegato 6)”.

“Ma la vicenda non finisce qui, anzi, prende le mosse proprio da quanto fin qui spiegato – prosegue Sciascia nel suo articolo -. E per evitare di prolungare oltre il fastidio di una lettura, probabilmente interessante, ma altrettanto probabilmente prolissa, veniamo subito a quella che riteniamo la madre di tutti gli inghippi e di cui, in precedenza, avevamo già diffusamente parlato: le gare di appalto, messe su dal Dirigente del Dipartimento Regionale delle Acque e dei Rifiuti, dott. Marco Lupo, persona di assoluta fiducia del Governatore Crocetta e dell’ex assessore all’Energia, Nicolò Marino, concepite e gestite con meccanismi tali da far presumere un interesse strumentale atto a…”.

“Dal momento che anche illustri deputati regionali di vertice dell’opposizione continuano a far finta di essere nel Paese dei balocchi di Collodiana memoria – continua Sciascia – considerando il Governatore solo un birbante, novello pinocchio, costoro, prima o poi, dovranno pur rendersi conto e, conseguentemente, argomentare sul fatto che…”.

Insomma, a questo punto l’ingegnere parla degli appalti: è la storia che lo stesso Sciascia ha raccontato dalle colonne di questo giornale: la già citata storia degli appalti da 600 milioni di euro. Cose che, se fossero state commesse da un politico siciliano non di ‘sinistra’, avrebbero già scatenato le mirabolanti inchieste di grandi firme del giornalismo nostrano. Ma siccome, questa appalti, hanno il marchio di ‘sinistra’, tutto va bene e le grandi firme non si scomodano.

“Ragione per cui – argomenta sempre Sciascia – come abbiamo preannunciato all’inizio, all’ex assessore regionale Marino e soci, per dirla con Striscia la notizia, a nostro parere, dovremmo consegnare semplicemente un tapiro di latta, per avere pensato di saltare dalla diligenza della Magistratura al ben più remunerativo e mediaticamente teatrale proscenio della politica…”.

Se su questi personaggi, destinatari del tapiro di latta, “qualcuno si decidesse ad aprire, sul punto, un’indagine seria, saremo qui, ed altrove, a fornire eventuali ulteriori spiegazioni e a darne conto e ragione”.

“Una considerazione, infine, ci preme sottolineare – scrive ancora Sciascia – e cioè: Raffaele Lombardo è stato condannato, in primo grado, a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno alla mafia; Salvatore Cuffaro ha preso 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione del segreto istruttorio. Qualche storico, esperto di Cosa Nostra, ha argomentato che sono le sofferenze, le morti e le stragi che hanno ferito la Sicilia ad aver fatto nascere nell’Isola, prima che in altre Regioni del Sud Italia, una sensibilità istituzionale e pubblica, una forte consapevolezza nella Società civile e una reazione con effetti profondi, i cui ultimi sviluppi hanno fatto sì da rendere mature le condanne dei due ex governatori”.

“Non crediamo, affatto – argomenta sempre Sciascia – che le cose stiano nei termini anzidetti. Un esempio, su tutti: il boss Enzo Aiello, ritenuto il capo provinciale di Cosa Nostra, al vertice del clan Santapaola, mentre parla a telefono con un geologo vicino al Governatore Lombardo, il 20 aprile del 2008, con riferimento a presunti accordi siglati con i vertici del Movimento per l’Autonomia, sbotta: ‘Ma scusa, ma allora questi voti perché glieli abbiamo dati?’. Questa conversazione è, a quanto pare, una delle prove che hanno inchiodato Lombardo. Bene. Il boss gelese pentito, Rosario Trubia, nel corso di un interrogatorio del 17 gennaio 2007 (Allegato 7) dichiara tra l’altro, a proposito del Governatore Crocetta: ‘… Il Sindaco (Crocetta) è stato portato dalla malavita di Gela …gli Stiddari me lo hanno rinfacciato… non lo portaste voialtri questo che ora sta facendo un macello?”.

“Con tutto il rispetto per le analisi storiche di chicchessia – scrive sempre Sciascia – qualcosa non torna, oppure, è questo il dubbio: è proprio quella stessa sensibilità istituzionale e pubblica e quella stessa forte consapevolezza nella Società civile che hanno fatto maturare le condanne dei Governatori Lombardo e Cuffaro che oggi suggeriscono ai più di non far fare la stessa fine a Crocetta, più mascariato dei due Governatori che l’hanno preceduto (per ammissione dello stesso Malafarina era addirittura … di uno dei… mafiosi più spietati di Gela), perché, a differenza dei due, è divenuto, per una parte della Magistratura, simbolo dell’Antimafia, utile strumento della sua attività e veicolo di notorietà, avanzamenti di carriera e prebende per diversi personaggi oggi ai vertici di importanti Istituzioni?”.

“Anche messa così i conti non tornano – aggiunge Sciascia – perché se è forte la sensazione che, da tempo, in Sicilia siamo tornati ad una fase precedente alla nascita dello Stato di diritto, non è revocabile in dubbio la certezza che, così operando, si è data la possibilità ad una cricca, qualitativamente molto poco assortita, di impadronirsi della Sicilia, di spadroneggiare… al punto di consentire, ad esempio, che venga assassinato alle spalle colui il quale, pur essendo un pericoloso pluriomicida, stava esercitando il suo sacrosanto diritto di scappare dalle Forze dell’Ordine che lo avevano sorpreso nel suo covo di latitante, senza che lo Stato, successivamente, chiarisse le regole di ingaggio del commando spedito alla caccia del latitante, che, messo a tacere per sempre, ci ha impedito, tra l’altro, di venire a conoscenza delle sue simpatie elettorali…”.

Ci tocca riprendere il telefono e richiamare Sciascia per farci raccontare a chi si riferisce. “Il riferimento – ci dice – è a Daniele Emanuello. Era un boss affiliato a Cosa nostra ucciso il 3 dicembre 2007 durante un blitz della Polizia”.

 


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