Un viaggio a Palermo può bastare

MEZZI PUBBLICI A PEZZI, CANTIERI ETERNI E MANUTENZIONE FANTASMA. LO SPETTACOLO DI UNA CITTà CHE SI TRASCINA SULLE GAMBE.
di Mauro Seminara

Affrontare il percorso tipo di un viaggiatore mette in evidenza, attraverso la sperimentazione dei servizi al cittadino offerti dai mezzi pubblici, le condizioni in cui versa la città e i suoi abitanti. In modo semplice e diretto si apprezza in quale stato di degrado versa la capitale della bellezza mediterranea, nel nostro caso, e a quale livello di indifferenza è arrivato chi ci vive. Se un viaggiatore per caso stesse lasciando la fu meravigliosa città a tutto porto, diretto a gambe levate in aeroporto per non tornarvi mai più, dovrebbe affrontare in ordine la Amat, la Trenitalia e infine, una volta giunto sano e salvo in aeroporto, la Gesap.

Capitolo 1 – Amat
Con comodo, con tanta calma, alla fermata del bus, stile Bronx, in omaggio ai vecchi film spazzatura di Hollywood, finalmente arriva una vettura arancione. Non senza difficoltà si fa largo nella sua corsia preferenziale. Quella corsia ingombrata da tutti, utile per parcheggiare e per evitare il traffico ma non per il vecchio bus dell’Amat. A bordo, una volta schiusa la porta della vettura (sempre qualche metro prima o dopo la fermata), si trova di tutto, ma prima di tutto ci si imbatte nella obliteratrice fuori servizio. La macchinetta che attraverso la vidimazione del biglietto garantisce entrate all’azienda non funziona. Ovviamente non si vedevano scene di frenetica ricerca di penne da parte dei passeggeri per obliterare fai-da-te a bordo. Inoltre i palermitani sono ormai ben abituati ad autogestirsi con assoluto personale arbitrio in un contesto che in effetti non segue regole logiche. Ad esempio, si scopre sullo sgangherato bus che il Comune di Palermo ha da poco deciso di aumentare il prezzo del biglietto. Altri dieci centesimi sul titolo di viaggio valido 90 minuti che cosi arriva al modico prezzo di un euro e quaranta centesimi. Aumento in vigore, nella grottesca comune autogestita i passeggeri provvedono ad informarne il personale del trasporto pubblico. Una piccola dimenticanza. Se già qui vi vien da ridere, l’invito è ad avere ancora un po’ di pazienza. I biglietti li stampa la stessa Amat, anche se poi esternalizza misteriosamente la distribuzione. Gli autisti, o conducenti, sono una specie rassegnata e da proteggere. Qualcuno, tra loro, pensa che il costo del biglietto sia sproporzionato rispetto al servizio offerto. “Con i tempi che facciamo – racconta un autista – con un euro e quaranta ci si fa una corsa sola. Con novanta minuti non è detto che riesci a prendere più di una linea.” Sorvolerei su una presunta speculazione che alcuni controllori metterebbero in atto elevando multe a nome di già multati e dei quali conservano i dati per aumentare la propria “provvigione” sulle sanzioni amministrative, anche se queste non verranno poi incassate dall’azienda. Invece, non senza stupore, poco si apprende sull’operazione tram. Bisognerà tornare sulla questione.

Capitolo 2 – Trenitalia
Con appena venti minuti di ritardo arriva in stazione il metrò che collega la stazione ferroviaria centrale con l’aeroporto internazionale di Palermo. Metrò. Una vecchia motrice, monovagone, fabbricata nel 1980. Un carro bestiame pieno come un uovo che per fortuna si svuota un po’ alla stazione Notarbartolo, forse per sfinimento dei passeggeri. Sul marciapiede il capotreno sembra un pusher: “sta arrivando l’altro, vi consiglio di salire sull’altro”. Effettivamente aveva ragione. Poco dopo l’arrivo del carro bestiame ritardatario sarebbe arrivato il puntuale “Minuetto”, più nuovo e capiente. Non potendo rischiare ulteriore ritardo ci avventuriamo sul fatiscente trenino. Dopo qualche minuto il corridoio del metrò stile littorina si allaga. Acqua, in quantità apprezzabile, ricopre il pavimento sotto la curiosità e lo stupore di tutti. Da principio la teoria più plausibile formulata dai passeggeri vuole che sia acqua piovana, dato che in effetti stava piovendo e che la metropolitana di Palermo viaggia in superficie. Dopo un altro paio di minuti però si scopre che cosi non è. Si è rotto un tubo. Forse del sistema di riscaldamento del vano passeggeri, oppure del circuito di raffreddamento della locomotiva. Di qualunque tubo si trattasse, il vagone si è presto trasformato in una scena alla Blade Runner. Nebbia si alzava dal pavimento. L’acqua era calda e l’ambiente freddo. Giungendo appena in tempo in aeroporto, con appena venticinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia, si svela sotto gli occhi del viaggiatore un girone dantesco.

Capitolo 3 – Gesap
Alle 18:00 di un giorno feriale, lo scalo aereo internazionale di Palermo si presenta come un enorme cantiere edile abbandonato. Transenne ovunque, work in progress ovunque, cartelli no. I viaggiatori vagano nel labirinto di corridoi e budelli creati dalle transenne che recintano le aree interessate da lavori. Di tanto in tanto, gruppi di passeggeri con trolley al seguito si imbattono in qualche vicolo cieco. Altri restano fermi davanti a porte guaste, che non si aprono e sulle quali non è subito visibile il foglio A4 che recita “fuori servizio”. E sono tante. Alcune non si aprono, altre non si chiudono, a volte qualcuna resta mezza chiusa, un compromesso. In proporzione al numero di porte automatiche guaste si incontrano scale mobili fuori uso. L’aeroporto di Punta Raisi non tiene molto ad apparire moderno. Salta all’occhio che i numerosi recinti di cantiere posti davanti l’aerostazione non sono illuminati e non recano gli appositi cartelli di informazione lavori. L’unico reperito si trova in un budello senza via d’uscita e al di là della filiera di carrelli portabagagli. Tanti carrelli. Perché è davvero difficile che un viaggiatore vada a cercare un carrello in un area morta della stazione. Finalmente è possibile sapere di quali lavori si tratta: “Lavori di realizzazione del nuovo curb partenze”. Sul cartello non c’è scritto quando i lavori sono iniziati e neanche quando finiranno. Poco rassicurante. Poi lo sguardo incontra due fogli da stampante formato A4 affissi sul cartello, testo troppo piccolo da leggere a quella distanza ma arrampicandosi sui carrelli si possono vedere meglio. Uno è scolorito e macchiato come se ci avesse piovuto su, ma li è coperto. Illeggibile. L’altro è leggibile ma assurdo. Ci si leggono frasi disarmanti. Alcuni esempi: Data presunta di inizio lavori 11/10/2012; Durata presunta dei lavori 210 giorni (è il 17 febbraio, fatevi i conti voi); Numero presunto dei lavoratori in cantiere: 12 (ma non precisa per quante ore al giorno, forse un paio). Infine si legge sul foglio che anche l’ammontare complessivo dei lavori è “presunto”. Si presume 1.190.000,00 euro. Eppure sembra che l’aeroporto sia investito da lavori da molto più tempo. Come in una fiaba con tanto di incantesimo, nessuno ricorda in che anno sono iniziati i grandi lavori. Tassisti, barman, hostess, personale di terra delle compagnie aeree, personale del servizio di handling, nessuno ricorda più che anno era. Chi pensa tre o quattro anni, altri azzardano anche cinque o sei, altri ancora non si pronunciano ma ricordano che l’aeroporto “era già vecchio quando hanno finito di costruirlo, quindi è possibile che inizieranno a costruirne uno nuovo prima di aver finito la ristrutturazione di questo”.

Alla fine dell’avventura, una volta lasciato il capoluogo, vengono in mente tre note stridenti. Una è l’indifferenza, l’assuefazione con cui i palermitani accettano tutto ciò. Altra immagine che viene in mente è la targa ossidata con il nome appena leggibile dell’aerostazione: Aeroporto Falcone-Borsellino. Come intitolare a Ghandi una caserma delle Forze Armate. L’ultima immagine che la memoria ripropone è quella che il cervello aveva fotografato, sul momento senza però porvi particolare attenzione. In un negozio della area shopping, un disastroso work in progress atavico anche li, sono esposte delle t-shirt souvenir con stampato sul petto un vistoso “I Love Sicilia”. Chissà se sul retro hanno scritto “Sono masochista!”


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