Sentenza del Tribunale Civile di Palermo: Cuffaro non ha favorito la clinica di Michele Aiello

CONDANNATI LA SOCIETA’ EDITRICE DEL QUOTIDIANO E-POLIS E IL SUO DIRETTORE. SCAGIONATA, INVECE, LA GIORNALISTA, PERCHE’ L’ERRORE ERA NEL TITOLO E NEL SOTTOTITOLO

Il Tribunale Civile di Palermo ha condannato la società editrice del quotidiano E-polis (oggi non più in stampa) e il suo direttore, Vincenzo Cirillo, per diffamazione ai danni dell’ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro. 

Il quotidiano, nel 2009, aveva titolato così un articolo: “Dda, condannati Aielo e Cuffaro, l’Asl danneggiata sarà risarcita”. E ancora: “Cinque anni e sei mesi a tutti gli imputati, tra loro anche Manenti e Jannì. Gonfiavano le fatture ad alcune cliniche”.

In questo modo, secondo la sentenza (n. 1083 di quest’anno), si era lasciato credere ai lettori che Cuffaro avesse danneggiato l’Asl 6 di Palermo attraverso un sistema di fatture gonfiate per favorire la clinica “Santa Teresa” di Michele Aiello, che ancora oggi ha sede a Bagheria (anche se non è più di Aiello: gli è stata confiscata e oggi è gestita dalla Regione). Mentre Michele Aiello, per la cronaca, è in carcere per associazione mafiosa.

E-polis e il suo direttore sono stati condannati a un risarcimento di 25 mila euro e alla pubblicazione della sentenza sul Giornale di Sicilia e su la Repubblica. Il tutto oltre alle spese legali.

Secondo il Tribunale di Palermo, “nel caso di specie la la notizia desumibile dall’articolo in questione  è totalmente destituita di fondamento e questo inoppugnabile dato di fatto (…) fa venire meno qualsiasi interesse pubblico alla notizia”.

Come si evince dalla sentenza, a risultare diffamatori sono stati il titolo e il sottotitolo. Nel testo dell’articolo, invece, correttamente, si faceva riferimento a soggetti realmente coinvolti nel’indagine, ovvero Michele Aiello ed altri soggetti, poi condannati in primo grado per truffa ai danni dell’Asl 6 (oggi Asp 6). I legali di Cuffaro, infatti non hanno addebitato alcuna responsabilità alla giornalista autrice dell’articolo.

Tuttavia, a causa di un errore della redazione del giornale, nel titolo e nel sottotitolo era stato citato Cuffaro, che in realtà non è mai stato coinvolto nel procedimento penale descritto nell’articolo, essendo rimasto estraneo ad ogni ipotesi di truffa tesa a favorire la Clinica “Santa Teresa” di Bagheria.

A poco è servito il successivo tentativo di rettificare da parte dei convenuti – nel frattempo accortisi dell’errore commesso – poiché la rettifica pubblicata alcuni giorni dopo sulle pagine dello stesso quotidiano non avrebbe rispettato le regola previste dalla legge sulla stampa.

Salvatore Cuffaro, attualmente in attesa della decisione sulla sua scarcerazione, è stato difeso dagli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Aria, gli stessi che hanno fatto condannare Antonio Di Pietro.

La notizia delle sentenza giunge proprio nei giorni in cui l’attuale Governo regionale è coinvolto nello scandalo del centro Humanitas di Misterbianco. Un tentativo, per ora bloccato, di ‘scaricare’ nelle ‘casse’ di un centro privato circa 10 milioni di euro all’anno.

Per la cronaca, la verità sui rapporti tra la politica siciliana e la clinica di “Santa Teresa” di Michele Aiello, già allora considerato il ‘Re’ della sanità privata siciliana, sono molto diversi da quelli che sono stati descritti nelle vicende giudiziarie a carico di Cuffaro. Soprattutto sotto il profilo mediatico. 

In realtà –  chi in quegli anni si occupava di politica regionale queste cose le sa – Aiello aveva rapporti con tanti politici siciliani, di centrodestra e di centrosinistra. Agli atti ci sono, soprattutto, atti parlamentari, firmati da deputati di Sala d’Ercole di centrosinistra, che sollecitano il Governo dell’epoca a interessarsi della clinica “Santa Teresa”, della quale Cuffaro si occupava poco.

Erano i parlamentari dell’Ars di quegli anni a sollecitare l’allora presidente della Regione ad incontrare i vertici della clinica “Santa Teresa”.

La sentenza di questi giorni, che scagiona Cuffaro, non fa che confermare quanto già si evince dagli atti parlamentari di quegli anni. 

(RIPRODUZIONE RISERVATA)


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