Palermo, 19 ottobre 1944: la strage di via Maqueda

RICORDANDO IL SESSANTANOVESIMO ANNIVERSARIO DI UN ECCIDIO PERPETRATO DALLO STATO ITALIANO – UNO DEI TANTI – CONTRA LA POPOLAZIONE CHE CHIEDEVA SOLO PANE E GIUSTIZIA

da Giuseppe Scianò
leader del Fronte nazionale siciliano
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Il 19 Ottobre del 1944, a Palermo, nella centralissima Via MAQUEDA, all’altezza del Palazzo COMITINI, prestigiosa sede, allora, della Prefettura, ebbe luogo una improvvisa ed imprevedibile STRAGE di cittadini innocenti, fra i quali donne e bambini. Il tutto a causa della tempesta di fuoco – fatta di lanci di bombe a mano e di raffiche di fucili da guerra – scatenata da una cinquantina di soldati del Regio Esercito Italiano appartenenti alla DIVISIONE SABAUDA e che in Sicilia avevano funzioni di Agenti di Ordine Pubblico e di Pubblica Sicurezza. (a sinistra, foto tratta da salvomusumeci wordpress)

Questi erano stati chiamati per disperdere i dimostranti ammassatisi all’ingresso del Palazzo COMITINI per cercare di parlare, appunto, con il Vice Prefetto, in mancanza del Prefetto.

Fu una strage di innocenti, “colpevoli” di aver dato corso ad una manifestazione di protesta (peraltro spontanea) e di avere chiesto a gran voce “PANE E LAVORO”, oltre che di avere urlato la loro RABBIA contro il Governo italiano e contro le AUTORITA’ che lo rappresentavano in Sicilia. Grida convinte anche contro l’INTRALLAZZO, contro la MAFIA, contro la FAME, contro il CAROVITA, contro la MANCANZA di ACQUA, di CORRENTE ELETTRICA, di MEZZI DI TRASPORTO. Ed, insomma, contro la INADEGUATEZZA di tutti o quasi i SERVIZI PUBBLICI essenziali.

Mancavano pure le abitazioni, dato che il patrimonio edilizio del Centro di Palermo era stato, in grandissima parte, distrutto dai bombardamenti a tappeto protrattisi fino al mese di Maggio dell’anno precedente.

Ci sia consentito di puntualizzare, a tal proposito, che sarebbe limitativo e fuorviante affermare che quella grande manifestazione popolare, peraltro variegata nella propria composizione, si ponesse il solo obiettivo di ottenere l’assegnazione di una quota maggiore di PANE e di PASTA. Anche se riconosciamo che questo tipo di richiesta era certamente PRIORITARIA e …. diffusa. (a destra, foto tratta da palermonascosta blo)

SOTTO ACCUSA, SENZA ATTENUANTI, IL GOVERNO DI “QUELLI DI ROMA”.

La gente in Sicilia, infatti, a causa delle ANGHERIE e delle DISGRAZIE subite, aveva acquisito maggiore consapevolezza di sé, dei propri diritti, della gravità dei propri problemi. E, pertanto, urlava la propria rabbia contro il Governo, contro i Governi italiani che, in 84 anni (dal 1860, cioè) avevano ridotto la Sicilia in COLONIA di sfruttamento, al servizio dell’IMPERIALISMO INTERNO di uno Stato accentratore e centralista. A prescindere dalla ideologia del Governo e dei Partiti politici di volta in volta al potere. Vi fossero o non guerre in corso, per le quali i Siciliani, peraltro, erano sempre costretti a pagare costi altissimi.

Non ispiravano, ovviamente, molta FIDUCIA il Governo BONOMI e tutti quei MINISTRI in carica “NOMINATI” e non eletti, che si autoreferenziavano come campioni di antifascismo, di democrazia e come “benefattori”. Ma che – nei confronti del Popolo Siciliano, che reclamava l’applicazione del diritto all’autodeterminazione e del diritto all’autogoverno – non facevano altro che seguire la linea dura, tipica dello Stato italiano centralista ed accentratore degli ottantatre anni precedenti.

Non a caso le Circolari, le Direttive, le “Istruzioni” e gli Ordini che venivano impartiti dal Governo alle Prefetture, alle Questure ed ai Comandi dei Reparti dell’Esercito Regio destinati a svolgere funzioni di Ordine Pubblico e di Pubblica Sicurezza in Sicilia, parlavano chiaro. In Sicilia si doveva usare il pugno di ferro contro i Siciliani, ribelli o no che fossero.

Avrebbero parlato chiaro le LETTERE che gli Agenti della Polizia Postale – addetti al CONTROLLO ed alla CENSURA della CORRISPONDENZA che passava dall’Ufficio Postale Centrale di Palermo – avevano SEQUESTRATO e DESTINATO alla immediata e totale DISTRUZIONE, in quanto alcuni testimoni oculari avevano raccontato per iscritto a parenti e ad amici alcuni FATTI connessi alla STRAGE della Via MAQUEDA. Fatti, questi, sui quali, invece, incombeva il noto obbligo del SILENZIO.

Avvenne, tuttavia, che un FUNZIONARIO, SICILIANO DI TENACE CONCETTO, a suo rischio e pericolo, avesse disobbedito agli ordini ricevuti ed avesse deciso di CONSERVARE, segretamente e per diversi anni, le lettere in questione. Alla fine le consegnò a persona di sua fiducia, affinché, al momento opportuno, il rispettivo contenuto potesse essere portato a conoscenza, non soltanto degli studiosi, ma anche dell’opinione pubblica siciliana. Riuscì nel suo intento. Lo scrittore Sandro ATTANASIO, infatti, al quale, dopo qualche “PASSAGGIO”, le lettere sarebbero state affidate, si fece carico di quella “CONSEGNA”. Seppure nel 1984, dopo ben quaranta anni, pubblicò le lettere in un suo libro di grande successo, “GLI ANNI DELLA RABBIA – SICILIA 1943-1947”. Fu, così, infranto ancora una volta il MURO del SILENZIO e della DISINFORMAZIONE.

Nella ricorrenza del 69° anniversario di quel tragico fatto di sangue, gli Indipendentisti FNS non hanno difficoltà a riconoscere che tante persone di buona volontà ed una parte delle Istituzioni (la Provincia Regionale e lo stesso Comune di Palermo in testa) hanno compiuto, negli ultimi anni, qualche significativo e qualificato passo avanti nella direzione di rendere onore al sacrificio delle 24 VITTIME della STRAGE e nella direzione di salvaguardarne la memoria ed i significati.

Gli Indipendentisti FNS ribadiscono, tuttavia, che le povere vittime, i loro familiari ed i numerosi feriti del 19 ottobre 1944 meritano molto di più. E ripropongono, pertanto, l’esigenza che, in ogni Città (e soprattutto a Palermo) ed in ogni Paese e Centro abitato della Sicilia, vi siano monumenti, lapidi, strade e piazze che ricordino tutte quelle povere vittime (compresi i bambini e le donne, partecipanti o non partecipanti al corteo ed all’oscuro di quanto stesse avvenendo attorno a loro). Tutte queste vittime, infatti, – con il loro sacrificio,- hanno dato un contributo notevole alla lotta per la libertà, per la giustizia, per lo sviluppo economico e civile, per il progresso, per la crescita democratica e per il diritto al futuro di tutto il Popolo Siciliano. Meritano, quindi, la nostra gratitudine ed il ricordo.

 


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