Mafia, nuove intimidazioni a Gialuca Calì

di Francesco Vecchio

Nuova intimidazione per l’imprenditore Gianluca Calì, gia’ autore di varie denunce contro il racket delle estorsioni. La scorse notte una voce metallica, esprimendosi in dialetto siciliano, lo ha espressamente minacciato di morte (“ti spariamo…ti bruciamo”) intimandolo, inoltre, di non informare i carabinieri inadatti, secondo l’interlocutore, alla sua protezione.

Durante la chiamata minatoria, l’anonimo faceva esplicito riferimento alle sue auto mostrando parecchia sicurezza che gli derivava, forse, dall’essersi preparato un testo scritto.

La storia della lotta di Calì (foto a destra, tratta da lavocedibagheria.it) contro le cosche è ormai lunga e consolidata. Dopo aver fondato la Calicar, nel 2009, l’imprenditore, tornato in Sicilia dopo una permanenza a Milano, ha subito immediatamente richieste di ‘pizzo’ che hanno prodotto, dopo il suo netto rifiuto, l’incendio di alcune auto della sua concessionaria che ha sede a Casteldaccia.

L’imprenditore, poi, decise di acquistare una villa che era appartenuta a proprietari di un certo rango nell’ambito di Cosa nostra: i padrini Michelangelo Aiello e Michele Greco. La villa, mai confiscata però ipotecata, fu messa all’asta da un istituto di credito, ma subito comparvero alcuni soggetti, presentatisi come eredi dei precedenti proprietari, che lo sconsigliarono di procedere all’acquisto. Successivamente, due ispettori della Forestale procedettero al sequestro per “stato grezzo e in corso d’opera”.

Ma la villa era solo soggetta a lavori di ristrutturazione. La stessa venne dissequestrata e di nuovo sequestrata, sempre per mano dei due ispettori, Luigi Matranga e Giovanni Coffaro. Gli stessi poi finirono al centro delle attenzioni della giustizia perché indagati per aver ricattato gli abitanti della zona, minacciando il sequestro di immobili chiedendo, in cambio, somme di denaro. In carcere sono finiti in quattro, mentre per Coffaro, indagato, il Gip ha respinto la richiesta di arresto.

Nella prospettazione dell’accusa si ipotizzava come Matranga, l’altro estensore del verbale del sequestro, conoscesse il lavoro sporco portato a termine dai suoi sottoposti. L’inchiesta si è soffermata anche sul ruolo della mafia bagherese, forse infastidita dalla circostanza che vide l’ingegner Alessandro Calì, fratello dell’imprenditore, occuparsi personalmente dei lavori di ristrutturazione della villa.

Alessandro Calì si è recentemente assunto il compito di radiare dall’Albo degli ingeneri, di cui è presidente, l’ex manager Michele Aiello, condannato a complessivi 15 anni di carcere. La villa, intanto, rimane sequestrata: la Cassazione deciderà nel Settembre prossimo. Gianluca Calì ha, nel frattempo, cambiato sede, rivisto i sui progetti e licenziato metà dei suoi dipendenti. Ha dichiarato: ”Non voglio arrendermi. Vorrei fare alzare il livello di attenzione. Sento che oggi il clima è diverso e vorrei alimentare questa tendenza. Ma dovete darci una mano. Tutti”.

“In questi ultimi due anni – prosegue l’imprenditore – ho fatto di tutto. Ho sempre denunciato qualsiasi tentativo, ho riempito l’auto di adesivi di Addiopizzo, ho installato sedici telecamere. Ma a quanto pare non basta”.

Calì, in un’intervista rilasciata qualche settimana fa al Giornale di Sicilia, ricorda come, prima dell’attentato, “che comunque ha procurato danni per 70 mila euro, avevo pensato di mantenere l’autosalone a Casteldaccia e realizzare un processo più ambizioso ad Altavilla, con l’assunzione di altre tredici persone che si sarebbero sommate ad altri ventiquattro dipendenti che lavorano per me. Invece ho dovuto chiudere la prima sede e trasferire tutto ad Altavilla, licenziando dodici impiegati”. E, temendo altri danneggiamenti e attentati, ha scritto sulla recinzione dell’autosalone degli appelli alla cittadinanza per “non morire” e invitando la stessa a segnalare ogni fatto o persona sospetta e ad avvisare i Carabinieri o Polizia. Ed anche, nel caso di un incendio o altro evento dannoso, i vigili del fuoco.


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