Pino Lanza, un rivoluzionario nella normalità

Ci sono uomini destinati a lasciare un’impronta. Uomini straordinari che hanno condotta una vita ‘normale’ dedicata alla collettività. Uomini che, senza neanche volerlo, diventano un punto di riferimento per intere generazioni. Uomini illuminati che schivano la gloria e i frastuoni di una società banale. Uno di questi è sicuramente, Giuseppe Lanza, Pino per gli amici, scomparso 18 mesi fa a Palermo, a soli 72 anni (nella foto, in una copertina che gli ha dedicato la rivista del Centro Pio La Torre). 

 

Una vita vissuta a Canicattì, in provincia di Agrigento,  nel paese dove lui amava dire “si confonde la coltura con la cultura”. E, in effetti con la Sicilia, avrà sempre un rapporto conflittuale: amore per una terra bellissima (amava vivere in campagna) e laboratorio di culture millenarie. Odio per una terra resistente ai cambiamenti e masochista.  

Una vita accanto ad Elena, donna meravigliosa, essere etereo (‘est modus in rebus’, una delle sue citazioni preferite). Una moglie la cui scomparsa prematura segna in maniere irreversibile l’animo del Professore Lanza. 

Una vita da Preside nel suo Istituto Tecnico Commerciale “Galileo Galilei”. Suo, perché con lui quella scuola superiore assumerà dignità e prestigio, grazie a metodi d’insegnamento innovativi e ad una filosofia dalla portata rivoluzionaria: “La scuola non è un aggregato funzionale, ma una comunità umana centrata sull’empatia, la responsabilità, la creatività” diceva Lanza. Una realtà che deve contribuire alla nascita di una società più giusta. Alla sua attività di Preside ‘rivoluzionario’ si è affiancata una intensa attività di ricerca e di pubblicazioni di testi adottati nelle Università e nelle scuole superiori. Diritto. Economia. Etica. Poliedrico e originale il suo pensiero. Ha insegnato materie economiche alla Lumsa, ed è proprio a Sergio Mangiavillano, suo amico e collega di questa prestigiosa Università, che affidiamo il ricordo di quell’uomo speciale che è stato il Preside Lanza:

A diciotto mesi dalla scomparsa, il ricordo di Pino Lanza in chi lo conobbe, lo stimò e gli volle bene è più vivo che mai. Uno di questi sono io, a lui legato da un’antica amicizia e da un percorso formativo, culturale e professionale per tanti versi affine.

Pino era una persona speciale: ha incarnato e coltivato i valori più nobili dell’uomo, del cittadino, del credente partecipe della stagione del Concilio, un “cattolico a suo modo” come lo era Pietro Scoppola, icona di quel cattolicesimo democratico a cui Lanza ispirò il suo impegno di intellettuale nella società e nella professione, un maestro che ha formato più generazioni, un testimone della coscienza religiosa moderna e della democrazia contemporanea, acuto studioso del diritto e dell’economia solidale.
Apparteneva alla generazione formatasi nel rinnovato clima politico e culturale dell’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale arricchita da un valore aggiunto: l’esperienza di una fede viva e aperta sperimentata all’interno dell’Azione Cattolica, il grande serbatoio al quale attinse la classe dirigente del secondo Novecento. La sua fu un’esperienza libera, critica, favorita dall’influenza di una personalità come quella di mons. Angelo Ficarra, vescovo di Patti, immortalato da Leonardo Sciascia nel pamphlet In partibus infidelium.
E libero e critico Pino fu per tutta la vita: non a caso non fu mai uomo di apparati, non fece una carriera politica, pur sovrabbondando di risorse intellettuali e di requisiti culturali e il suo paese gli voltò le spalle allorquando decise di mettere generosamente al servizio della propria comunità i suoi talenti, non eleggendolo alla carica di sindaco.
La nostra amicizia, che risale ad anni lontani, si rafforzò durante gli anni di insegnamento e soprattutto di presidenza. Ci si incontrava in occasione di manifestazioni culturali o di corsi di aggiornamento ai quali spesso Pino interveniva come relatore apprezzato e sempre stimolante: io stesso lo invitai più di una volta nella mia scuola e lui accettava con disinteresse e generosità.

Tra i miei ricordi, il mese trascorso insieme, oltre vent’anni fa, a Licata. dove presiedevamo due commissioni di maturità all’Istituto commerciale: ci si dava appuntamento all’uscita di Canicattì e poi percorrevamo il tragitto piacevolmente, senza interrompere nemmeno per un attimo la conversazione che con lui era sempre interessante e profonda anche quando si affrontavano temi leggeri. Né Pino era il tipo da lasciare molto spazio al suo interlocutore.
Quando all’inizio del duemila a Caltanissetta entrò in attività la didattica decentrata della Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, nella quale insegnava anche il caro amico Pasquale Petix, collegata con L’Associazione” Casa Famiglia Rosetta”, io, che a quel tempo ne ero il coordinatore, segnalai al Presidente don Vincenzo Sorce il nome di Lanza come docente a contratto di Economia Politica e di Economia del non profit.


Pino accettò con entusiasmo perché avrebbe potuto trasfondere nell’insegnamento universitario gli studi e le ricerch 
e che non aveva mai abbandonato e avrebbe potuto continuare a esercitare più attivamente il ruolo di intellettuale militante. Della Lumsa Pino fu uno dei docenti più prestigiosi, non secondo ad altri, ordinari o associati, provenienti dalle università dell’Isola e dalla sede centrale di Roma e fu, nonostante il suo rigore, o anche proprio a motivo di esso, apprezzatissimo dagli studenti.

Agli anni della Lumsa risalgono i numerosi contributi scientifici da lui prodotti, alcuni dei quali sono stati recentemente raccolti e pubblicati, a cura di Vincenzo Sorce, nelle edizioni di Solidarietà, nel volume Passione solidale per un’economia umanizzata (2012). La lettura di questi testi ci consente di cogliere la maturazione della prospettiva dell’economia solidale che Pino avvertiva, con passione intellettuale e con animo da credente, come la risposta più efficace e giusta ai problemi odierni dell’economia, del lavoro, dello stato sociale.

Egli sosteneva fortemente la necessità del ritorno all’etica nell’economia e tale convinzione lo guidava nella riflessione particolarmente attenta e quantitativamente rilevante sul terzo settore che egli considerava “un legame umano e sociale tra gli scambi e le persone coinvolte nel quadro di una società postindustriale di tipo non tradizionale” e sul recupero di un discorso “non meramente assistenzialistico e antieconomico” in materia di solidarietà.

Nei suoi studi Pino ha trasferito la sua concezione della vita, fondata sui valori personalistici, sull’uguaglianza dei diritti, sulla giustizia sociale, sulla solidarietà. 

A Caltanissetta, oltre che nella Lumsa, trovò nell’Associazione “Casa Famiglia Rosetta” un altro luogo dove vivere un’esperienza che lo coinvolse attivamente, uno spazio per dilatare i suoi molteplici interessi e per arricchire gli altri del suo carisma di uomo e di studioso.

Fu un prezioso collaboratore anche come componente del Consiglio di Presidenza dell’Associazione – del quale facevo parte anche io – partecipando puntualmente alle riunioni e agli altri impegni nonostante egli attraversasse un periodo difficile prima per il peggiorare delle condizioni di salute della sua amatissima Elena e poi per i sopravvenuti sintomi del male che lo aveva colpito e che lo strapperà all’affetto dei suoi cari e degli amici nell’ottobre di due anni fa.
Pino Lanza è stato un grande uomo di scuola, un educatore, come possono testimoniare docenti ed ex alunni di questo Istituto che guidò con saggezza e competenza in una fase tumultuosa e complessa della storia della scuola italiana del secondo Novecento traghettandola dal vecchio al nuovo, sempre attento a coniugare i valori della tradizione con l’apertura alle novità. La scuola è stata negli ultimi cinquant’anni la vera leva di cambiamento del nostro Paese: senza di essa e senza le sue avanguardie come Pino Lanza oggi sconteremmo arretratezza e ritardi inimmaginabili sul piano culturale e civile e sulla qualità complessiva della vita.
La mia testimonianza di amico, collega, compagno di strada vuole essere un segno tangibile di gratitudine, di affetto, di stima che si unisce a quella di tante altre persone. Ti vogliamo bene, Pino, non ti abbiamo dimenticato, non ti dimenticheremo”.

Sergio Mangiavillano

 

 


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