L’umanità in progresso verso il meglio

di Lorenzo Ambrosetti

L’uomo è essenzialmente un animale sociale. Sono stati prodotti nel corso della storia dell’umanità una serie di accorgimenti tecnici per rendere il mondo meno ostile o, se così si può dire, per consentire all’uomo di trasformarlo secondo i propri bisogni e i propri progetti.

Assieme alle tecniche di sopravvivenza è stata elaborata una serie di regole di condotta, valevoli per l’intero gruppo sociale di riferimento. Condotte che stabilivano essenzialmente dei divieti e dei comandi, che rendessero pacifica la convivenza e la stessa coesistenza del gruppo sociale.

All’inizio le regole sono essenzialmente imperative, mirano cioè ad ottenere comportamenti desiderati o ad evitare comportamenti indesiderati, ricorrendo a sanzioni celesti o terrene.

I Dieci comandamenti sono un esempio di questo tipo, ma si potrebbero ricordare anche il codice di Hammurabi e le leggi delle XII tavole.

In queste regole la figura deontica originaria è il dovere e non il diritto. Si può dire che l’eroe del mondo classico è il legislatore; le grandi opere di morale sono trattati sulle leggi.

Si pensi ai “Nomoi” di Platone, al “De legibus” di Cicerone, sino all’”Esprit des lois” di Montesquie.

In tutte queste opere l’obbligo per i cittadini-sudditi viene prima del diritto. La spiegazione di tutto ciò è oltremodo semplice.

Le leggi nascono originariamente per difendere il gruppo, la sua identità originaria.

Ad un certo momento della storia si ha invece un rovescio della medaglia: il problema morale viene guardato non più solo dal punto di vista della società, intesa come un tutto organico da proteggere a tutti i costi, ma dal punto di vista dell’individuo.

Così nascono, originariamente nelle teorie dei filosofi, ed in particolare di John Locke, i diritti umani.

Così il rapporto politico, ossia il rapporto tra governanti e governati, viene visto dal punto di vista di questi ultimi, che diventano il punto di riferimento obbligato per la produzione delle leggi.

In questa inversione del rapporto tra individuo e Stato viene invertito anche il tradizionale rapporto tra diritto e dovere.

Nei riguardi degli individui vengono d’ora innanzi i diritti e poi i doveri; nei riguardi dello Stato prima i doveri e poi i diritti.

Il fine dello Stato non è più la concordia ciceroniana, ma la felicità dell’individuo singolo.

Non che il diritto romano non conoscesse diritti individuali; ma essi si limitavano a diritti soggettivi privati, legati a rapporti dell’uomo con i beni materiali.

Con la rivoluzione francese nascono invece i veri e propri diritti pubblici soggettivi, cioè diritti a prestazioni da parte dello Stato.

Da allora in poi molta strada è stata percorsa e l’umanità conosce oggi la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e con successive dichiarazioni i diritti si sono moltiplicati e specificati sempre di più.

In Europa, poi, si è arrivati all’abolizione della pena di morte in dichiarazioni ed atti ufficiali, e dovunque non si considerano più ammessi secondo il diritto internazionale trattamenti inumani come la tortura e forme di vendetta privata.

In questo senso, anche se con molti limiti, si può dire con Kant che l’umanità sia in costante progresso verso il meglio.


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