Strada Palermo Agrigento, un’altra vita spezzata

Morire sulla strada  a scorrimento tutt’altro che veloce Palermo-Agrigento non fa più notizia. Ieri pomeriggio è toccato a una donna di 70 anni originaria di Mezzojuso. Non è morta andandosi a schiantare con la sua automobile contro un’altra  automobile, o perché finita fuori strada. E’ stata travolta una un’auto mentre attraversava la strada.

Chi l’ha investita ammazzandola sul colpo è scappato. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri della Compagnia di Misilmeri.

Con molta probabilità, l’ennesimo incidente che va in scena su questa strada verrà archiviato nel silenzio generale. Da trent’anni, o giù di lì, le cose, sulla strada pensate come una modena “scorrimento veloce”, ma realizzata, di fatto, come una trazzera di second’ordine appena asfaltata, vanno così: si muore nel silenzio generale. (a sinistra, una tratto dela strada statale 121, foto tratta da misilmeriblog.it)

Certo, magari, questa volta, non è come gli altri incidenti. Non è colpa di una strada realizzata con i piedi se un’altra vita ha lasciato questo mondo. Però è l’occasione per ricordare l’inamovibilità di una certa Sicilia, quasi la testimonianza che certe cose, nella nostra strana Isola, non cambiano mai. 

Questa strada viene pensata come un’autostrada. Nei primi anni ’50 del secolo scorso si pensa a un periplo autostradale e a un paio di attraversamenti ‘a pettine’ dell’interno della Sicilia. (a destra, traffico bloccato,ieri, dopo l’incidente sulla Palermo-Agrigento:foto tratta da misilmeriblog.it) 

Il periplo autostradale, a quasi settant’anni di distanza da quando è stato progettato, deve ancora essere ‘chiuso’ (mancano all’appello le autostrade Siracusa-Gela – in corso di realizzazione – e la Gela-Mazara del Vallo, ancora nel mondo dei sogni).

Dei due ‘attraversamenti a pettine’ ne verrà realizzato solo uno. La Mistretta-Gela – strada a scorrimento veloce – è ancora in fase di realizzazione (dovrebbe essere pronta fra trent’anni, per il piacere di dire che, per realizzarla, ci sono voluti cento anni…). La Palermo-Agrigento, invece, viene realizzata. Risparmiando, però, su tutto: sul tracciato (soprattutto sul tracciato), sull’ampiezza della carreggiata, sugli svincoli, sulla qualità dei materiali.

Le uniche cose che non sono state risparmiate sono le vite delle persone. Su questa strada statale 121, nel corso dei decenni, sono morte migliaia di persone. Tanto che verrà ribattezzata “la strada della morte”. 

La strada – soprattutto il tratto che va da Palermo a Lercara Friddi – è tremenda: corsia stretta, dossi di qua e di là, curve a tutto spiano. Un sorpasso sbagliato e,oplà, eccoti nell’altro mondo!

E i lavori per rimetterla a nuovo? Negli anni ’80 la Sicilia era piena di soldi. C’erano i fondi regionali, i fondi ordinari dello Stato e, soprattutto, migliaia di miliardi di vecchie lire dell’Agensud. In quegli anni i politici agrigentini comandavano. Ma di questa strada non gliene fregava niente a nessuno.

A un certo punto un quotidiano dell’Isola s’impuntò: davanti a centinaia di morti che ogni anno funestavano questa strada lanciò una campagna per farla sistemare e cominciò a contare i giorni. Un modo per sollecitare la politica.

Tutto inutile. Il giornale contò 365 giorni, mentre la politica siciliana se ne stava tranquillamente fregando. Poi il quotidiano non contò più. Si arrese.

Nel 2001 Totò Cuffaro, agrigentino di Raffadali, eletto presidente della Regione, dice: “Rifaremo il tratto che fa da Palermo a Lercara Friddi”.

Ecco una girandola di soldi per la progettazione e per la realizzazione: 100, 200, 300, 400 milioni di euro. Impegni di qua, impegni di là. Per sette anni saranno solo chiacchiere.

E Raffaele Lombardo? Il successore di Cuffaro, che ha bloccato l’autostrada Catania-Ragusa, ritardando i lavori, avrebbe dovuto portare avanti la Palermo-Agrigento? Non scherziamo.

La strada è ancora lì. Peggiorata. Si muore ancora. Ma in silenzio. E si muore di meno. Perché la gente, dopo trent’anni, qualcosa ha imparato. I siciliani si adeguano. Hanno capito che certe cose non si possono fare. E allora si adattano. Anche perché anche lo Stato, in fondo, si è fatto sentire. Piazzando autovelox di qua e di là. Nell’interesse della gente. Chi va piano va sano e va lontano…


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