Elezioni, se in Sicilia trionfa il non-voto

Questo giornale, da quando è andato in rete, ha sempre scritto che l’esperienza politica e amministrativa di Raffaele Lombardo è un raro esempio di sfascio totale della politica. La prova provata di quello che scriviamo da un anno la danno due fatti incontrovertibili: la crisi finanziaria in cui è piombata la Regione e la confusione politica e istituzionale che ormai si è determinata tra giunta regionale e dirigenti generali.

Sulla crisi finanziaria c’è poco da aggiungere. Stamattina diamo notizia che anche gli studenti pendolari della nostra Isola, alla ripresa della scuola, non hanno trovato gli autobus pubblici, bloccati dalla mancanza di risorse finanziarie. Ma questo è solo uno dei tanti casi. Basti pensare all’immondizia che non si raccoglie perché non ci sono soldi per pagare i dipendenti delle aziende che operano nel settore della gestione dei rifiuti. O ai Comuni ormai in ‘bolletta’.

Per non parlare delle imprese che hanno già fornito beni e servizi alla pubblica amministrazione dell’Isola. Aziende che non sono ancora state pagate e che non verranno pagate. Fatto gravissimo, che costringerà i titolari di tali imprese a licenziare personale, a creare ulteriore disoccupazione e a ridurre ancora di più i consumi.

Tutto questo mentre i fondi europei – che se fossero stati impiegati correttamente in investimenti produttivi avrebbero creato nuova ricchezza, nuova occupazione, nuovo reddito e nuovi consumi – rimangono nei ‘cassetti’. Siamo alla follia.

A fronte di un’economia bloccata assistiamo a una crisi politica e istituzionale senza precedenti. Con una commistione tra assessori regionali e dirigenti generali che definire impropria è poco. L’esempio lo dà il signor Nicola Vernuccio (foto a sinistra), del quale, con rispetto parlando, non riusciamo a rintracciare particolari meriti, se non quelli di essere stato dietro a questo e a quel politico – o presunto tale – di turno.

Vernuccio, nato come politico, prima è stato insignito del ruolo di dirigente generale della Regione; poi è stato nominato assessore regionale alla Funzione pubblica. Come si può notare, ormai i ruoli di assessore regionale e dirigente generale si alternano e si sovrappongono a seconda delle esegenze clientelari del momento.

Le leggi Bassanini – recepite dalla Sicilia in modo ‘barocco’ con la legge regionale numero 10 del 2000 – sono state approvate dal parlamento nazionale con l’intento di separare la gestione politica dalla gestione burocratica (idea peraltro errata). Nelle mani di Lombardo, tali leggi sono diventate uno strumento per realizzare l’obiettivo opposto: e cioè il totale controllo della politica sull’alta burocrazia.

Ne è esempio proprio il signor Vernuccio, che, come già ricordato, nasce come politico al seguito di Francesco Musotto, viene trasformato in alto burocrate con la nomina a dirigente generale della Regione, torna a indossare i panni di politico nel ruolo di assessore regionale e, adesso, si candida alle elezioni regionali, non a caso nel Partito dei Siciliani (ma di quali siciliani?) di Raffaele Lombardo. Siamo davanti a una forma di trasformismo politico all’ennesima potenza.

Non va meglio con un altro assessore regionale della giunta Lombardo, Beppe Spampinato (foto sotto a destra, tratta da beppespampinato.blogspot.com) , esponente di un fantomatico Partito che si chiama Api, in Sicilia noto più per le pale eoliche e per gli impianti fotovoltaici che per fatti politici. Spampinato è stato nominato dal presidente Lombardo, supponiamo anche per questioni di affinità politica.

Dopo di che scopriamo che Lombardo sostiene Gianfranco Miccichè nella corsa alle elezioni per la presidenza della Regione, mentre il ‘suo’ assessore Spampinato sostiene Rosario Crocetta, appoggiato dal Pd e dall’Udc, due Partiti che dovrebbero stare all’opposizione dello stesso Governo Lombardo.

Tesi -quella che vede il Pd e l’Udc all’opposizione – vera solo in parte. Perché il Pd, che è stato al Governo con Lombardo per quattro anni, è uscito dal Governo solo formalmente, visto che è riuscito a imporre allo stesso Lombardo il dirigente generale – Ludovico Albert – sulla ‘plancia di comando’ del dipartimento regionale alla Formazione professionale.

Lo scenario non cambia molto se parliamo dell‘Udc, che è stato al governo e all’opposizione, che appoggia Crocetta, ma sarebbe pronto a entrare in giunta sia in caso di elezione alla presidenza della Regione di Nello Musumeci, sia in caso di elezione di Miccichè.  

Riassumendo, come ai tempi del vecchio Pci siciliano di Achille Occhetto e Michelangelo Russo, il Pd è “Partito di governo e di opposizione”. Idem per gli ex democristiani dell’Udc, pronti a entrare al governo “a prescindere”.

Con il presidente Lombardo, leader del Partito dei Siciliani, che dice di battersi contro le ingerenze romane, ma che si è fatto imporre il dirigente generale Albert dai ministri – fino a prova contraria romani –Fabrizio Barca ed Elsa Fornero.

In tutto questo, Lombardo, al trasformismo, aggiunge anche la ‘famiglia’: dopo aver sistemato il fratello Angelo, oggi parlamentare regionale a Roma, deve ‘sistemare’ anche il figlio Toti all’Assemblea regionale siciliana. Nepotismo  allo stato puro. Senza vergogna. 

Erasmo Palazzotto, che non ha ancora trent’anni, segretario regionale di Sel in Sicilia, commenta: “Non mi sembra di vedere tanta differenza tra il sistema di potere che sostiene Crocetta e quelli che sostengono Musumeci e Micciché. Tutte queste proposte sono in continuità con il passato”. Come si fa a dargli torto?

Non c’è da meravigliarsi, insomma, se, davanti a questo spettacolo indecente, con un’Autonomia siciliana ridotta con le pezze nel sedere da una classe politica composta in gran parte di ‘ascari’, oltre il 40 per cento dei siciliani non ne vuole sapere di andare a votare. Vagli a dare torto.


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