Domani a Capo d’Orlando ‘La terra desolata’ di Eliot

Domani, 8 settembre, alle 21, a Villa Piccolo (Capo d’Orlando, Strada Statale 113, Km. 109), andrà in scena la suite teatrale “La terra desolata”, memory-reading di Claudio Collovà, tratto da “The Waste Land” di Thomas Eliot (foto a sinistra, tratta da piuchepuoi.it), traduzione di Alessandro Serpieri. Con Claudio Collovà. Musiche dal vivo: Ornella Cerniglia (pianoforte), Lelio Giannetto (contrabasso), e la partecipazione di Arianna Notaro.

Lo spettacolo è organizzato dalla Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella è inserito nel ciclo “Le Porte del Sacro-Identità in cammino” rassegna ideata e curata da Alberto Samonà nell’ambito del “Circuito del Mito”, la manifestazione promossa dall’assessorato regionale al Turismo Sport e Spettacolo. L’ingresso è libero.

“La terra desolata” è l’opera più celebre del poeta americano T. S. Eliot, vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Il poeta spedì il dattiloscritto all’amico e connazionale Ezra Pound, che intervenne anch’egli sulla revisione del testo, tanto che Eliot gli dedicò il poemetto definendo Pound stesso “il miglior fabbro”.

La terra desolata è contemporaneamente la terre gaste dei poemi epici medievali, cioè un territorio devastato, sterile e mortale che devono attraversare i cavalieri per arrivare al Graal (uno dei simboli centrali del poemetto), e il mondo moderno, contrassegnato dalla crisi e dalla sterilità della civiltà occidentale, giunta forse al termine del suo percorso: non va ignorato il fatto che la prima guerra mondiale, terminata neanche quattro anni prima della pubblicazione del poemetto, era stata vissuta come un’inutile e folle strage che aveva dilapidato milioni di vite e portato quasi alla bancarotta le grandi nazioni europee. (a destra, foto tratta da letteratu.it)

La “terra desolata” è anche Londra, città dove Eliot risiedeva, e nella quale ha ambientato alcune scene del poemetto (come quella conclusiva della prima sezione, che si svolge sul ponte di Westminster).

 

NOTE DI REGIA di Claudio Collovà (foto a sinistra)

Torri che crollano Gerusalemme Atene Alessandria Vienna Londra Irreali

Quelle torri metropolitane continuano ancora oggi a schiantarsi al suolo. La parola profetica di Eliot non è mai sembrata tanto reale quanto oggi. Forse gli americani la riesumeranno dagli scantinati. La Terra Desolata del presente ci riporta a rileggere storditi queste pagine, quale civiltà potrà risorgere dalle nostre macerie? E’ una frastornante coincidenza che questa edizione venga presentata nell’anniversario dell’11 settembre.

Ho scelto di lavorare a “La terra desolata” perché, oltre ad essere l’opera poetica più grande e discussa del Novecento, da sempre, fin dalla prima lettura risalente ai miei studi universitari di anglista, l’ho ritenuta un luogo affollato di personaggi teatralmente vivi, non oggetti ineffabili, ma strumenti adatti a raccontare la normale esperienza umana.

La forza dirompente del suo carico immaginativo ha il merito di sopravvivere anche ad una percezione meno colta e cosciente, una percezione che conceda con coraggio ai sentimenti la precedenza sui propri pensieri, producendo una particolare liberazione della volontà. Credo che questo possa anche essere il compito del teatro e dell’arte in genere.

Il senso de La terra desolata, come si può intuire dal titolo, è l’incapacità di rigenerarsi della vecchia e attuale società occidentale in cui il bagaglio culturale è soltanto qualcosa di vecchio e inutile, la religiosità affoga tra superstizioni e convenienze, e l’unico culto è quello del piacere immediato, la parola ha perso significato e i dialoghi sono spesso futili e privi di comunicazione.

Oggi più che mai, inoltre, all’inizio di questo secolo, la contemporaneità dell’opera è altissima e purtroppo è immutata nel tempo nei suoi aspetti più tristemente profetici. L’elemento drammatico è presente nella poesia di Eliot nella galleria di personaggi in azione, nei ritratti vivi e realistici della Dattilografa e dell’Impiegato foruncoloso, della chiaroveggente Madame Sosostris, dell’Oste, di Sweeney, delle donne del pub londinese, delle coppie di amanti sterili, di Tiresia, testimone dello sfacelo odierno, per citarne solo alcuni: ritratti anche brevi, frammentari e impersonali che riflettono un mondo di solitudine o che presentano frammenti d’esistenze quotidiane molto sintetizzate con segni quasi unicamente pittorici, in un ambiente e in un’atmosfera di degradazione e di dissociazione morale.

La terra desolata parla di ciò che accade oggi e lo racconta nell’unico modo possibile, con una sorta di zapping ante litteram. Il mio interesse è rafforzato dalla particolare struttura del poema, la cui organizzazione può essere chiamata, per analogia, musicale.

Questa edizione – dopo il fortunato spettacolo del Bellini del 2004 – si avvale di composizioni musicali e di coreografie originali e lasciano spazio alle immagini sonore e alla visione dei versi.

 

 


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