Da formatori a dipendenti regionali?

Nella formazione professionale siciliana succede di tutto. Uno spot di qualche anno fa diceva: “Di tutto di più”. Ebbene, questo slogan sembra ‘confezionato’ su misura per questo martoriato settore della vita pubblica dell’Isola. Accade, per esempio, che il personale venga utilizzato per usi impropri. Proprio così, sembrerebbe che parecchi dipendenti di Enti formativi effettuino le ore di lavoro non presso la sede dello stesso Ente, ma presso uffici pubblici, ma pagati con i soldi della formazione professionale. Almeno questo è ciò che ci viene riferito da diversi lavoratori.

Addirittura, qualcuno parrebbe svolgere il proprio lavoro presso uffici distaccati della Presidenza della Regione o in uffici periferici di qualche assessorato. La questione, seppur grave – qualora dovesse rispondere al vero – apre lo spiraglio a diversi ragionamenti.

Intanto, è singolare che tali operatori del sistema formativo possano operare in attività diverse da quelle per le quali intrattengono un regolare rapporto (contratto) di lavoro. La cosa desta stupore. Non si capisce, infatti, attraverso quale procedura ciò possa avvenire. Sarebbe utile comprendere – sempre che ciò risponda al vero – come possano essere stati trasferiti in altri uffici pubblici lavoratori dipendenti di Enti formativi. Enti sottoposti alla disciplina dalla legge regionale n.24 del 6 marzo 1976.

Ed ancora più singolare è che questi soggetti – sempre se dovessero essere vere le notizie pervenute in redazione – vengano retribuiti dall’Ente di formazione e non dall’ufficio pubblico dove si trovano a prestare la propria opera. E’ possibile utilizzare somme di denaro del Fondo sociale europeo (Fse) per pagare stipendi? E’ corretto che operatori del sistema formativo regionale, impegnati a recarsi ogni mattina in un ufficio pubblico della Regione siciliana (per fare cosa?), vengano pagati con i fondi comunitari?

Qualcuno ci ricorda che, sull’argomento, la Regione siciliana aveva fatto chiarezza qualche anno fa. Nello specifico, con una Circolare assessoriale, la n. 68 del 20 marzo 2006 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 16 del 31 marzo 2006). L’atto amministrativo contiene istruzioni specifiche in materia di impiego di personale. Infatti, circa l’impiego del personale degli sportelli multifunzionali (cosiddetti Servizi Formativi), la circolare precisa che lo stesso “deve essere esclusivamente destinato a tali attività e non può essere distolto in incombenze diverse, ancorché rientrino nelle finalità istituzionali degli organismi attuatori”.

In buona sostanza, cosa dice la norma? Deve trattarsi di un operatore rientrante nella disciplina di cui all’art.14 della legge regionale 24/76 (Albo degli operatori), che gode delle garanzie dell’art.2 della legge regionale 1 settembre 1993, n.25. Dice anche che se tale lavoratore è assegnato ad uno Sportello Scuola o Sportello Lavoro, il cui progetto è finanziato con fondi comunitari, non può essere distolto ed utilizzato altrove.

Inoltre, la legge regionale n. 25 dell’1 settembre 1993 all’art. 2-bis stabilisce che “l’Assessore Regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l’emigrazione (oggi assessorato alla famiglia, politiche sociali e lavoro) è autorizzato ad attuare per il personale di cui al comma 1, rimasto totalmente privo di incarico, i processi di mobilità previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro degli operatori della formazione professionale”. Tale mobilità si attua all’interno del sistema della formazione professionale o all’esterno del sistema mediante lo strumento della convenzione. Non è prevista altra formula. Fuori dalla convenzione ogni accordo appare inefficace.

Peraltro, sembrerebbe, dalle notizie assunte, che lo stipendio non lo pagherebbe l’ufficio pubblico, ma lo stesso Ente dove il suddetto lavoratore è legato da un rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato. E questo senza prestazione di lavoro diretta. Ma il Fondo sociale europeo non finanzia solo progetti? E come è possibile che un lavoratore inserito negli elenchi depositati in Agenzia regionale per l‘Impiego (dipartimento dell’assessorato regionale alla Famiglia, politiche sociali e lavoro) possa essere pagato con risorse comunitarie senza operare dentro lo sportello in assegnazione?

Che parte potrebbe giocare, in questa storia dai contorni poco chiari, il dirigente generale del dipartimento regionale della Formazione professionale, Ludovico Albert? Se dovesse risultare vero ciò che ci hanno riferito – e cioè che con i soldi del Fondo sociale europeo (Fse) taluni Enti di formazione pagano la retribuzione a propri dipendenti che lavorano presso uffici pubblici – Albert ne dovrebbe sapere qualcosa.

Ricordiamo che il dirigente generale di tale settore, nella qualità di Autorità di Gestione del Fse ha la responsabilità di monitorare la qualità della spesa comunitaria. Ha il compito di sanzionare chi si rende protagonista di un uso distorto dei fondi comunitari da parte di organismi destinatari di risorse del Fse. Che figura ci fa il governo regionale se si scopre che tra i lavoratori degli Enti di formazione qualcuno timbra il cartellino presso una delle sedi distaccate della Presidenza della Regione siciliana, anziché presso il proprio Ente formativo? E’ legale pagare il lavoratore con i soldi dell’Unione Europea? Non sono forse somme distolte dal raggiungimento degli obiettivi progettuali per cui si giustifica l’utilizzo di personale secondo il Modello ministeriale “idealtipo”?

Questo è il primo livello della questione. Ma le grane non sono finite. Ci chiediamo con quale procedimento amministrativo sarebbe stato giustificato il trasferimento di tali lavoratori dall’Ente formativo agli uffici della Regione siciliana. In posizione di comando? In assegnazione provvisoria? In distacco? Quale può essere stato l’istituto giuridico che ne ha supportato il trasferimento? E tali soggetti con quali criteri sarebbero stati reclutati? Criterio dell’anzianità? Oppure della professionalità? O forse un apposito bando interno? Addirittura c’è chi azzarda che in taluni casi l’utilizzo dell’operatore della formazione professionale sia avvenuto attraverso una collaborazione disciplinata da un “protocollo d’intesa” in luogo della convenzione.

In sostanza, si tratterebbe di un accordo tra un Ufficio distaccato della Presidenza della Regione siciliana ed un Ente di formazione professionale. Ma è una formula giuridica corretta? Una modalità operativa che permette l’utilizzo di denaro proveniente dal Fondo sociale europeo? L’ente formativo non è un qualsiasi Ente, ma un organismo che esplica un pubblico servizio, in quanto ente strumentale. Un organismo, cioè, che opera secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 24 del 1976. Legge che in Sicilia risulta ancora produrre effetti giuridici.

Che un lavoratore sia stato spostato da uno Sportello Multifunzionale e assegnato a collaborare con la Regione siciliana, appare verosimile. La questione è: chi ha autorizzato questo procedimento? Chi ha rendicontato la spesa nello specifico? Al di là dei profili di responsabilità, giova riflettere sul caso rappresentato. E questo sempre a chiarimento dei fatti e non per creare sterili o strumentali aspettative nei riguardi di chicchessia.

Proviamo a metter insieme alcune considerazioni già oggetto di una nostra precedente pubblicazione. Stante ai casi sopracitati, è chiaro che un operatore della formazione professionale può essere impegnato in qualsiasi ufficio pubblico nel territorio siciliano. E questo troverebbe il suo presupposto normativo nell’art.1 della legge regionale 5 aprile 2011, n.5 e a alla l.r. n. 25/1993. Ed inoltre, coinciderebbe anche con l’indirizzo del Governo Lombardo, ricalcato nei dettami della delibera di Giunta n.350 del 4 ottobre 2010. Precisiamo, non qualsiasi lavoratore: solamente coloro che posseggano precisi requisiti disciplinati dalle leggi regionali ancora in vigore.

Occorre infatti che si tratti di lavoratore iscritto all’Albo di cui all’art.14 della legge regionale 24 del 1976. Che tale lavoratore risulti impiegato con contratto a tempo indeterminato presso un organismo formativo e che goda dei benefici della garanzia occupazionale, di cui all’art.2 della legge regionale n.25 del 1993. Che sia stato assunto nel sistema formativo entro il 31 dicembre 2008. Che il proprio datore di lavoro – che è organismo di formazione operante senza finalità di lucro – provveda all’erogazione della formazione professionale. E deve farlo nella veste di Ente strumentale. Cioè sottoposto al controllo e vigilanza della Regione siciliana. Attività dichiaratamente di pubblico servizio, così come previsto dall’art. 1 della legge regionale n.24 del 1976. Quindi, nonostante le critiche feroci di qualche isolato trombettista, argomentazioni che – per carità – rispettiamo e teniamo in giusta considerazione, la formazione professionale altro non è che uno strumento della Regione siciliana.

Qualcuno ha lanciato l’idea di una partecipata al 51% di proprietà della Regione siciliana ed al 49% degli enti formativi. Enti, però, precisano i promotori, statutariamente operanti senza finalità di lucro. Soggetti, quindi, sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 24 del 1976 e successive modifiche ed integrazioni. In tal maniera, attraverso l’Albo previsto dall’art.14 della già più volte citata legge regionale 24 del ’76, i lavoratori potrebbero essere utilizzati indistintamente dai due soci della partecipata.

E’ solo una proposta e va trattata come tale. Abbisogna certamente di verifiche ed approfondimenti. Ciò che importa è che, per l’ennesima volta, constatiamo che esistono enti formativi che non rispettano fino in fondo le regole. E questo è grave perché gestiscono ingenti risorse pubbliche.

Dall’altro lato, l’Amministrazione Attiva nulla fa per applicare le sanzioni. Che nella fattispecie dell’uso distorto del personale – come il caso dell’operatore di Sportello Multifunzionale trasferito in sede distaccata della Presidenza della Regione siciliana – prevede la decadenza. Quindi, la revoca del finanziamento e la sospensione, sine die, dell’accreditamento. Ma di tutto questo, nessuno parla.

E’ più facile forse essere omertosi? A chi giova? La Pubblica amministrazione regionale ha il dovere di perseguire i fini determinati dalla legge. Nell’operare, è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità, di imparzialità e di trasparenza. E’ chiaro l’art. 1 della legge regionale n.5/2011, in tal senso. Perché questo Governo regionale latita su questo versante. Esistono precari di serie A e precari i serie B? O è distratto da altro? O cosa? I tanti siciliani onesti attendono (invano?) delle risposte esaustive. Ma forse non è più tempo neanche per questa flebile speranza di giustizia. Attendiamo fiduciosi.

Sopra, a sinistra, bandiera Ue tratta dailrisvegliodiebe.it


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