‘Monti commissari la Sicilia’. Roba da masochisti o da affaristi?

In questi giorni è diventato un leit motiv: “Monti commissari la Sicilia”.  Lo ha dichiarato il senatore dell’Udc, Gianpiero D’Alia, gli hanno fatto eco illustri uomini di pensiero, e, anche tra i nostri lettori, non sono mancati quelli che si sono detti d’accordo. Un concetto che  oggi, dalle pagine del Corriere della Sera, ribadisce Ivan Lo Bello: “La Regione Sicilia si trova ‘sull’orlo del fallimento, vicina al default’, ha detto il vicepresidente di Confindustria. Che ha aggiunto: ‘Va ripensata anche l’Autonomia e occorre avviare un’ operazione-verita’. Ma il governo Monti deve subito mettere mano ai conti, controllando un bilancio reso non trasparente da poste dubbie e residui inesigibili’. E ancora: “La Sicilia rischia di diventare la Grecia del Paese e il Paese deve intervenire anche superando gli ostacoli di una autonomia concessa nel dopoguerra, in condizioni storiche e politiche ormai lontanissime, ma utilizzata da scriteriate classi dirigenti per garantire a sé stesse l’impunità”.
Premessa: non possiamo dare torto a D’Alia o a Lo Bello quando parlano della situazione drammatica in cui versano i conti regionali. E’ cronaca di tutti i giorni e lo ha messo nero su bianco anche la Corte dei Conti. Fatta questa premessa ci chiediamo però, se il rimedio invocato, non sia peggio del male. Il timore  è che si voglia curare il malato affidandolo ad un medico finto. C’è qualcuno, infatti, seriamente convinto che Monti stia facendo il bene dell’Italia? Il sospetto, alquanto diffuso,  è che il governo del Professore stia facendo pagare il conto di una politica dissennata che si perpetua da decenni ai pensionati, ai lavoratori e alle famiglie. Al ceto medio-basso, insomma. E, per quanto d’accordo con l’analisi economica relativa alla nostra regione,  sembrerebbe una soluzione masochista invocare una tale furia anti-democratica per la Sicilia.

C’è anche un altro aspetto preoccupante. Questa litania comincia a comparire sui giornali  e le televisioni nazionali: Lo Bello lo ha detto stamattina al Corriere della Sera, il Tg3 gli ha confezionato un servizio in prima serata, mentre appena qualche giorno fa, Libero, il giornale diretto da Maurizio Belpietro, ha dedicato un paginone agli sprechi della Sicilia (si riferiva al caso forestali) e, come Lo Bello, ha parlato  degli effetti drastici dell’Autonomia.  Per cominciare, questa attenzione nazionale,  fa pensare ad una strategia già tracciata a Roma: commissariare la Sicilia e, soprattutto, dare il colpo di grazia allo Statuto speciale. Ancora una volta ribadiamo che difficilmente si possono confutare i dati che descrivono sprechi e clientele. Ma attribuire questo stato di cose all’Autonomia siciliana è un errore gigantesco, e non  sappiamo quanta malafede ci sia nel commetterlo.  Innegabile che  in Sicilia, quel poco di Autonomia attuata, è stata abusata dai politici ascari. Lo abbiamo denunciato più volte.  Ma in grandissima parte, lo Statuto siciliano non è mai stato applicato. Come può essere ritenuto responsabile dei mali siciliani se non è mai entrato in vigore concretamente?

Misteri della fede.  Ma, non mancano i sospetti che il desiderio di commissariare la Sicilia, potrebbe essere legato ad un giro d’affari che gli industriali e i soliti noti dei grandi partiti, concluderebbero più facilmente con gli sceriffi di Monti a Palermo: dall’energia, ai rifiuti, alla gestione delle coste, ecc….  Ve lo abbiamo detto in questo articolo.

Al contrario di quanto con troppa facilità viene divulgato dalla grande stampa, si potrebbe obiettare, che proprio la mancata attuazione dello Statuto, soprattutto nella parti finanziarie e tributarie, abbia causato il sottosviluppo della Sicilia ed arricchito le tasche dello Stato centrale (basti pensare ai tributi delle aziende che producono sul territorio siciliano ma pagano il conto alle regioni dove hanno la sede legale, o alle accise sui prodotti petroliferi raffinati in Sicilia e trattenute a Roma).

Ciò non vuol dire che i nostri ‘politicanti’ siano da salvare. Ma è dalle urne che, in democrazia, arrivano i verdetti. Senza invocare dittature. E, la necessità di un ricambio della classe politica, a parere di chi scrive, non dovrebbe passare né la mortificazione delle istituzioni siciliane, né dall’invocare Monti e la sua politica da macelleria sociale per i siciliani  né tantomeno dal farsi portatore di bugie storiche. Se poi si tratta di una ‘operetta’ per regalare la Sicilia agli industriali e ai poteri forti romani, pure peggio…

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