Pesca, dirigenti controllori-controllati

di Giuseppe Messina

E’ singolare quanto accade da oltre due anni al dipartimento regionale della Pesca, struttura coordinata dall’assessore regionale alle Risorse agricole e forestali della Regione siciliana. Dalla legge di riordino della pubblica amministrazione regionale si era paventato il rischio che venisse cancellato il dipartimento e con esso la connotazione storica di regione a spiccata vocazione marinara. La struttura dipartimentale a governo del settore della pesca è fortunatamente rimasta con una sua organizzazione piramidale che comprende diversi servizi operativi con a capo un dirigente generale.

Fin qui tutto rientra nella normalità, la cosa che più incuriosisce è che da due anni non è assegnata la poltrona più ambita, quella di dirigente generale del dipartimento Pesca. Ciò può essere interpretato in diversi modi. Intanto è chiaro il volontario depotenziamento dell’azione amministrativa nel governo della filiera pesca in Sicilia per precisa responsabilità dell’attuale governo regionale; poi in tanti pensano che la confusione decisionale sia stata artatamente creata per giustificare figure come i consulenti. Altri pensano che per il governo regionale il settore della pesca non rivesta priorità e importanza, sia politicamente che economicamente. (foto a destra tratta da telereggio.it)

Niente di più errato, perché la pesca, in Sicilia, nonostante la crisi annovera circa otto mila addetti che, aggiunti alle imprese di armamento, alle industrie di trasformazione e commercializzazione, alla cantieristica navale ed alle società di servizi fanno registrare almeno altri 16 mila lavoratori.

Quello che non convince è l’avere lasciato – da quello che trapela nei corridoi di via degli Emiri,a Palermo (dove ha sede il dipartimento Pesca della Regione) – ai singoli dirigenti del dipartimento Pesca il potere amministrativo. La figura dell’interim non ha inciso alcunché nel monitoriggio delle priorità strategiche e spese dei capitoli di bilancio.

Lo scenario che osserviamo alla fine dell’esperienza di questo governo è raccapricciante, al di là di pseudo consulenti che hanno cercato di spingere le scelte dell’assessore regionale alle Risorse agricole a seconda degli interessi di singoli gruppi. Emergono, ad esempio, preoccupanti tentativi di ingerenze e possibili duplicazioni di ruoli. Se, da un lato, il servizio programmazione ed il servizio affari generali hanno diligentemente operato per fare sintesi con il partenariato sociale, nel rispetto di regole e scadenze progettuali del Fep-Fondo europeo della pesca, dall’altro lo stesso sembra non possa dirsi per altri servizi.

Infatti sembrerebbe che, a detta di alcuni, la figura del dirigente potrebbe coincidere con quella di qualche titolare di associazioni o società che sembrerebbero essere destinatarie di somme regionali o comunitarie. Se così fosse ci si troverebbe davanti ad una sorta di controllore-controllato concentrato nella stessa figura del dirigente di servizio.

Certo, se così fosse e senza un controllo preventivo e finale su obiettivi, tempi e modalità delle cose da fare, la cosa sarebbe estremamente preoccupante. Paradossale, poi, la singolarita’ di certi accadimenti che pare interessino l’operato del Distretto produttivo della pesca, che, da quanto affermato da persone vicine alla struttura, ha visto al suo vertice lo stesso che è stato consulente dell’assessore regionale pro tempore alle Risorse agricole e quindi alla Pesca. Parrebbe che il Distretto sia stato, negli ultimi due anni, beneficiario di innumerevoli iniziative finanziate da risorse regionali, nazionali e comunitarie attraverso la posizione dominante di tecnico del governo regionale.

Sempre a detta di taluni, pare che lo stesso Distretto si sia distinto per non avere, per esempio, riconosciuto compensi a chi ha prestato il proprio operato progettuale in favore del Distretto e su incarico dello stesso; ed a distanza di anni attende ancora di essere retribuito. Va ricordato che trattasi di denaro pubblico il cui utilizzo non può comportare la produzione di utili ma, semmai, il pareggio di bilancio. E’ come dire che quello che entra va speso e nulla più.

All’amarezza di una spendacciona gestione del dipartimento Pesca, almeno per alcuni servizi, si aggiunge lo scoramento per l’indifferenza di tanti attori del sistema che preferiscono stare zitti nella speranza di rimanere a galla. Le imminenti elezioni regionali dovrebbero costituire uno spartiacqua tra quello che poteva essere e non è stato e quello che dovrà essere per il rilancio del settore della pesca in Sicilia a salvaguardia della connotazione secolare di una regione marinara come la nostra Isola e dei lavoratori che con sacrificio e passione ogni giorno sfidano il destino nella speranza di catturare qualche chilo di pesce commercializzabile ed evitare l’arresto per via del regime di controlli le cui regole fanno ripiombare il settore ai lontani tempi della “Santa Inquisizione”.

La pesca in Sicilia dovrà ripartire da una ‘pulizia’ degli uffici del dipartimento, dalla sua riorganizzazione funzionale incentrata su efficienza ed efficacia nella qualficazione della spesa e da un approccio sano e credibile che restituisca al settore quella credibilita all’esterno e quella produttività all’interno, caratteristiche che, nei decenni scorsi, tutta l’Europa ci invidiava.

 


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