Ars, reintegrati tre alti dirigenti. Chi paga?

Sarà l’attuale Consiglio di presidenza dell’Assemblea regionale siciliana a pagare i danni? La storia è quella di tre alti dirigenti di Palazzo Reale – la sede del parlamento dell’Isola – che nel dicembre del 2009, in modo piuttosto brusco, vengono ‘catapultati’ in pensione. Un provvedimento strano, nuovo nel suo genere. Tre dirigenti che si sono opposti a questo provvedimento. E che, adesso, sono stati reintegrati dalla magistratura amministrativa.

La storia è quella di Francesco Cangialosi, all’epoca dei fatti vicesegretario generale dell’Ars e coordinatore dell’area legislativa. E di altri due altri dirigenti: Sergio Augi e Filippo Tornambè. Tutt’e tre sbattuti anticipatamente in pensione. E tutt’e tre reintegrati. Tre alti dirigenti che hanno contestato, fin dal primo minuto, questo provvedimento. E che in tre anni hanno perso soldi e opportunità.

ll tema è serio, perché a decidere del loro pensionamento un po’ ‘abusivo’ non è stato un voto del parlamento siciliano, ma il Consiglio di presidenza dell’Ars, una sorta di ‘consiglio di amministrazione’ dell’Assemblea regionale siciliana del quale fanno parte il presidente dell’Ars, i vice presidenti, i deputati questori e i deputati segretari. Sono stati loro ad adottare una decisione che è stata sanzionata dalla magistratura amministrativa. E sarebbe veramente incredibile se a pagare i danni ai tre dirigenti dell’Ars siano gli ignari contribuenti siciliani.

Il ‘blitz’ del Consiglio di presidenza dell’Ars, come già ricordato, risale al dicembre del 2009. Durante le festività natalizie il presidente Cascio, Santi Formica e gli altri componenti del Consiglio di presidenza non applicando, ma ‘interpretando’ in modo molto (forse troppo) ‘dinamico’ la legge Brunetta, spediscono in pensione Cangialosi, Augi e Tornambè.

In questi casi, si sa, i politici non sempre conoscono le leggi. Può succedere anche che un medico o un venditore di fumo diventi componente del Consiglio di presidenza dell’Ars. In questi casi ci si affida alla sapienza giuridica degli alti dirigenti del parlamento siciliano. Che, in questa vicenda, non deve essere stata la migliore della piazza, se è vero che il Cga ha ‘inchiummato’ (leggere ‘bocciato’ per i non siciliani) il triplo pensionamento con ‘salto mortale multiplo’.

Insomma: un’altra ‘rogna’ per l’attuale segretario generale dell’Ars, Giovanni Tomasello, al quale le ciambelle, chissà erché, non riescono mai col buco. Perché questo atto, infatti? Per rinnovare i vertici burocratici di Palazzo Reale? Un ‘rinnovamento’ che si è dimostrato un po’ temerario.

Fatto sta che i tre dirigenti, coinvinti di essere stati oggetto di un provvedimento sbagliato, si sono rivolti alla magistratura amministrativa, prima al Tar Sicilia (Tribunale amministrativo regionale) e poi al Cga (Consiglio di giustizia ammnistrativa). Ed è proprio il Gga, in Sicilia organo di appello del Tar, che ha dato ragione ai tre altri dirigenti dell’Ars. Che adesso dovranno essere reintegrati.

Uno ‘schiaffo’ per l’attuale Consiglio di presidenza dell’Ars. E per l’attuale segreteria generale. Ma anche una vicenda che darà luogo a pesanti risarcimenti.

Noi lasciamo ai cultori del diritto amministrativo la lettura della sentenza del Cga. Per occuparci, invece, di cose più ‘concrete’. Da quello che si capisce, se due più due fa ancora quattro, i tre altri dirigenti, in questi tre anni, come già ricordato, hanno perso soldi e opportunità. Basti pensare che, con la presidenza Cascio – cosa mai fatta in oltre sessant’anni di vita dell’Ars – è stata aggiunta la figura del segretario generale. Figura che si somma (o si sovrappone? ancora non l’abbiamo capito: ma noi, ovviamente, in Diritto amministrativo non siamo bravi come gli attuali vertici dell’Ars) a quella – da sempre presente – del vice segretario generale. E’ chiaro che a tale carica avrebbero potuto concorrere i tre alti dirigenti posti ‘abusivamente’ in pensione.

In questa storia, lo ripetiamo, ci saranno dei danni da pagare. E sarebbe veramente incredibile che a pagare siano gli ignari contribuenti siciliani. Di questo si occuperà – noi almeno ce lo auguriamo – la Corte dei Conti. E ci auguriamo che a pagare di tasca propria siano gli attuali componenti del Consiglio di presidenza dell’Ars.

Del resto, sono stati loro ad adottare un provvedimento sbagliato. Nessuno, nel dicembre di tre anni fa, ha obbligato l’attuale Consiglio di presidenza dell’Ars ad adottare il provvedimento di triplice licenziamento. Sarebbe incredibile, adesso, che, per gli errori commessi dai politici del Consiglio di presidenza, dovessero essere chiamati a pagare i cittadini siciliani

 


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